La critica gastronomica è morta. O forse no, sono morti i ristoranti di fine dining. Se il dibattito persiste è perché i segnali di vita ancora ci sono (e meno male). Non siamo ancora all’accanimento terapeutico nei confronti di un mondo che amiamo, e di cui ci piace sentire il battito.
Tutti mangiamo fuori (chi di tanto in tanto, chi spesso), tutti critichiamo (e questo è parte del problema, probabilmente). Lo fa l’impiegato di banca con il suo account Tripadvisor, lo fa il camionista che frequenta più trattorie di quante non ne possiamo frequentare noi in una vita intera, e lo fanno, naturalmente, i giornalisti gastronomici. In maniera diversa, è ovvio, e con doveri e responsabilità diverse.
I punti di cui si può e si deve discutere, nel mondo della critica gastronomica contemporanea, sono tanti. Perché sì, è forse un mondo in crisi, o quantomeno molto cambiato nel corso degli anni. E che ha perso troppo spesso la centralità del lettore.
Gli editori hanno minor budget per mandare in giro i loro giornalisti, le guide e i giornali vendono di meno. E c’è poi il problema del web, che ha aperto le porte della critica a chiunque voglia dire la sua.
Ed è qui che entra in gioco l’autorevolezza, e anche il metterci la faccia, senza nascondersi dietro una tastiera o un avatar. Tutto è più facile, quando si è dietro uno schermo anziché nella vita reale. Ed è il motivo per cui i recensori online, quelli del grande pubblico delle piattaforme, spesso sanno essere spietati (anche gratuitamente, magari), in preda alla richiesta di vendetta per una pasta scotta o per un servizio poco attento.
Se essere anonimi significa (forse) essere più liberi di dire quel che si pensa, lo stesso non accade per l’autorevolezza. Quella si conquista (o no) con la propria firma, con i propri errori e successi, con il proprio percorso professionale. Ed è il lettore, alla fine, a determinare l’autorevolezza, garantendo ai giornalisti che la meritano la grande differenza con un recensore da tastiera.
Dunque non è certamente l’anonimato a essere l’elemento chiave per una recensione il più possibile oggettiva. Prima ancora di quello c’è la professionalità del singolo, su cui ogni giornalista costruisce la propria carriera e la propria credibilità.
Anche perché (ed è un perché enorme) trincerarsi dietro l’anonimato a tutti i costi può significare qualcosa di molto di più che fare semplicemente gli interessi del lettore sentendosi libero di dire quello che si pensa, di criticare là dove si ritiene ci sia da criticare.
L’anonimato può significare anche non metterci la faccia.
E soprattutto, l’anonimato può significare non prendersi la responsabilità di ciò che si scrive, e delle eventuali conseguenze.
L’anonimato a tutti i costi: il caso Italian Wine Drunkposting
E lo dico a ragion veduta, io (Valentina Dirindin, collaboratrice di Dissapore) che con l’anonimato ci ho sempre bisticciato. Non per partito preso, ma perché ho sempre sostenuto l’importanza di metterci la faccia, in quello che si fa. E anche di (r)accogliere critiche e punti di vista contrari, di discuterne e di farne materia di confronto. E di prendersi la responsabilità di ogni riga che si scrive, nel bene o nel male.
Di recente, alcune di queste critiche e punti di vista contrari sono arrivati da Italian Wine Drunkposting, pagina di critica enologica che viene riconosciuta come dissacrante e fuori dal coro, con punti di vista spesso scomodi. È il segreto del suo successo, d’altra parte, fatto di oltre 16mila follower che leggono e commentano (a volte con interesse, altre con livore) ciò che viene scritto di volta in volta contro produttori, fiere di settore, testate gastronomiche, giornalisti.
Una critica anche lecita, verrebbe da dire, fin quando l’anonimato di cui la pagina gode da sempre non abbia come conseguenza l’impossibilità, per chi viene criticato, di difendersi da ciò che è stato scritto.
La querela contro “ignoti”
Nello specifico, questo è quello che mi è successo: a fronte di un articolo in cui si parlava esplicitamente di me e della mia professione, in data 29 gennaio 2025, con l’ausilio dei miei avvocati, ho proposto querela per quanto scritto e pubblicato sul mio conto e da me ritenuto diffamatorio. Stante l’impossibilità di conoscere l’identità dell’autore e/o di altri soggetti eventualmente responsabili della pagina in questione, la querela era formalmente proposta contro “ignoti”, con richiesta all’autorità giudiziaria di provvedere alla loro identificazione.
Tuttavia, al termine della sua attività di indagine, la Procura della Repubblica di Torino, pur evidenziando che “sussistono sufficienti indizi del reato così come precisati nella querela” si è praticamente trovata costretta a richiedere al Giudice per le Indagini Preliminari l’archiviazione del procedimento aperto. Il motivo è semplice e per certi versi paradossale, ed è da ricercarsi non nei contenuti dello scritto apparso su Italian Wine Drunkposting, bensì nella impossibilità concreta di risalire alla identificazione “dell’anonimo autore del sito” che conseguentemente, al momento, è qualificato come “ignoto”.
È emerso infatti che Google, Facebook e Instagram si sono rifiutati di fornire, alla Polizia giudiziaria e alla Procura della Repubblica, “gli indirizzi IP di connessione e i dati degli utenti, informazioni preliminari ed indispensabili per poi tentare di identificare l’autore dei commenti”.
Per ottenerle, afferma la Procura, sarebbe necessario operare mediante rogatoria internazionale, dagli esiti incerti e dai tempi molto lunghi, non conciliabili con i tempi ristretti di conservazione dei tabulati telematici.
Sarebbe dunque forse il caso che chi fa dell’anonimato il suo stile professionale dispensando sentenze, giudizi e valutazioni sull’altrui operato, o rendendosi disponibile a farsene cassa di risonanza, ma – di fatto – impedendo alla parte offesa di chiedere la tutela dei propri diritti, mutasse atteggiamento svelando, soprattutto ai lettori, la sua identità.
Perché forse, a conti fatti, tra l’ autorevolezza e l’ anonimato è meglio scegliere e puntare alla prima, soprattutto quando la seconda si trasforma in impunità.