Ministro Lollobrigida, la preghiamo: non sprechi tempo e risorse nel disciplinare italiano

Il progetto del Ministro Lollobrigida sul disciplinare per i ristoranti italiani all'estero è già annunciato, già visto e pure già fallito: vale davvero la pena di investire così i nostri soldi?

Ministro Lollobrigida, la preghiamo: non sprechi tempo e risorse nel disciplinare italiano

Qualche giorno fa, il Ministro dell’agricoltura (e della sovranità alimentare, sia mai che ce lo dimentichiamo) Francesco Lollobrigida ha annunciato tutto felice a Il Gusto il suo grande progetto per l’anno a venire: l’istituzione di un disciplinare per i ristoranti italiani all’estero.

Il Ministro partecipava a Care’s on tour, l’evento itinerante dedicato alla sostenibilità ideato da Norbert Niederkofler, e francamente ci vengono in mente un milione di altri progetti legati al tema che il Ministro avrebbe potuto annunciare in quell’occasione, ma noi non sappiamo nulla né di ministri né di sovranità alimentare. Dunque taciamo, perfino su un ministro che sostiene che ciò che differenzia la nostra filiera da quella degli altri Paesi è che noi puntiamo sulla qualità, mentre tutti gli altri puntano sul prezzo. Magari fosse proprio così, pensiamo, ma taciamo e non invitiamo nemmeno il ministro ad andarsi a ripassare come funziona un certo mercato del vino, in cui siamo leader della produzione ma ci guadagniamo parecchio meno dei vicini d’Oltralpe, per dire. Siamo talmente buoni che stiamo zitti e un tantino intimoriti, di fronte a un ministro espressione della sovranità, e ci limitiamo a prendere atto che in futuro potrebbe esserci un disciplinare e magari un bollino che certifica la vera italianità dei ristoranti italiani all’estero.

Norbert Niederkofler porta Care’s in Arabia Saudita: anche per lui è lì il neo Rinascimento? Norbert Niederkofler porta Care’s in Arabia Saudita: anche per lui è lì il neo Rinascimento?

Via tutti quelli che mettono la panna nella carbonara, ad esempio. E via tutti quelli che fanno la pizza con mozzarella scadente prodotta chissà dove. Il ministro Lollobrigida è stato chiaro: “Basta ai ristoranti che si dicono italiani e utilizzano prodotti che non lo sono, basta a cuochi che non sanno cucinare italiano e diventano, spesso, oggetto di barzelletta”. E non so perché, ma qui il pensiero vola immediatamente a chef Ruffi.

I precedenti

A essere oggetto di scherno, per ora, è la proposta del ministro Lollobrigida, che alcuni colleghi dell’opposizione hanno trovato poco credibile. “Un disciplinare contro le idiozie dei membri di governo. Prima. Poi pensiamo ai ristoranti, che sicuramente invece di rispettare le norme locali obbediranno al disciplinare di Lollobrigida”, ha scritto Carlo Calenda su Twitter. E Luigi Marattin, da Italia Viva, paragona la proposta del ministro a una Checco Zalonata.

La battaglia sulla lesa maestà dell’italianità all’estero, insomma, si è fatta politica, ed è esattamente quello che si aspettavano i difensori della sovranità alimentare. Qualcuno, però, avrebbe dovuto o dovrebbe spiegare al ministro che la sua idea del disciplinare per i ristoranti italiani all’estero, oltre a essere di difficile attuazione, non è neppure troppo originale. E dunque, ci permettiamo di dire, sarebbe uno spreco di soldi e di tempo.

A meno che il ministro non pensi di riuscire meglio e più efficacemente del progetto “ITA 0039 | 100 % Italian Taste Certification”, realizzato da Asacert con la collaborazione di Coldiretti, Filiera Agricola Italiana, ANRA – Associazione Nazionale dei Risk Manager e Responsabili Assicurazioni Aziendali e I.F.S.E. Italian Food Style Education, proprio con lo stesso intento del Ministro Lollobrigida, ovvero la salvaguardia dell’italianità all’estero contro l'”Italian sounding” attraverso il riconoscimento di quei locali che hanno materie prime italiane, personale di origine italiana, menu che rispettino la tradizione. Un progetto di tale successo che la sua ultima novità, datata 6 marzo 2023, è la certificazione della quarta pizzeria 100% italiana in Francia.

Anche Unioncamere a suo tempo ci ha provato, e ci prova ancora, con il progetto “Ospitalità italiana, ristoranti italiani nel mondo”, realizzato con il supporto operativo dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche – IS.NA.R.T. – società delle Camere di commercio.

Insomma, se proprio il ministro vuole bandire tutti gli chef Ruffi del mondo, noi lo capiamo anche, ma che almeno utilizzi le risorse già messe in campo per questo scopo, anziché ripartire da zero con un progetto utile soltanto ai proclami. Perché vede, signor Ministro, perfino la Michelin fa fatica a mappare tutta la ristorazione del mondo, figurarsi noi Italiani con le risorse governative. E poi i criteri dell’italianità, ci creda, sono opinabili: certamente anche a lei sarà capitato di mangiare in italinissimi ristoranti di italianissimi ristoratori dove l’italianissima cucina, alla fine, faceva schifo. Se lo ricordi, la prossima volta che pensa di certificarla con un bollino.