Pane, vino e caciocavallo: c’è un dessert che vale il viaggio in Molise

Da Locanda Mammì, una stella Michelin ad Agnone (Isernia), c'è un dolce che giustifica lo storytelling intorno alla gastronomia odierna. Si chiama "Pane, vino e caciocavallo" ed è parte del menu "Il Molise esiste" firmato da Stefania Di Pasquo.

Pane, vino e caciocavallo: c’è un dessert che vale il viaggio in Molise

A sfogliare il menu degustazione di Locanda Mammì, ristorante dell’omonima struttura ricettiva situata ad Agnone, in provincia di Isernia, si rimane colpiti dal nome con cui la chef, Stefania Di Pasquo, ha fieramente deciso di chiamarlo: “Il Molise esiste”. Una replica ironica all’oramai abusata espressione, poi meme, che vorrebbe messa in discussione l’esistenza stessa della seconda regione meno popolata e vasta d’Italia.

Locanda Mammì è nata una decina di anni fa dalla volontà di Di Pasquo di ristrutturare il vecchio casale di famiglia datato fine ‘700 per creare un B&B ed un ristorante capaci di raccontare il territorio e trasmetterne l’identità. Laurea in Scienze Manageriali all’Università di Pescara e frequenza dell’Accademia di alta formazione di ristorazione e cucina di Niko Romito, Di Pasquo ha portato ad Agnone – paese noto per le campane e la Pontificia Fonderia Marinelli – la stella Michelin, facendola riguadagnare alla provincia di Isernia dopo una quindicina d’anni.

Pane, vino e caciocavallo: com’è fatto il dessert di Locanda Mammì

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Tra i piatti più rappresentativi della carta di Locanda Mammì ce n’è uno che da solo e in un sol colpo riesce a fare sintesi dell’identità gastronomica di Di Pasquo, a dare senso pieno all’abusato e ormai priva di senso binomio “tradizione e innovazione” e a scardinare lo stereotipo del casaro come figura maschile, spesso ritratto con le braccia immerse nel liquido bollente intento a lavorare le paste filate.

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Il piatto è un dessert – e già questo dice tanto, affidando di fatto il proprio biglietto da visita ad una chiusa del menu – e si chiama Pane, vino e caciocavallo. La semplicità è solo apparente perché qui si riscrivono forma e sostanza, si chiamano in causa simboli e si dà dimostrazione di come l’analisi grammaticale e logica imparate a scuola, oltre che applicate al contesto gastronomico, possano dare vita, in cucina, a risultati capaci di essere compresi e apprezzati al palato. Pane, vino e caciocavallo era la colazione dei contadini: tre pilastri senza velleità di soddisfacimento dei sensi ma rispondenti al solo scopo di fornire sostentamento e placare la fame.

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Di Pasquo li ha nobilitati, trasformandoli in un dolce, per sua natura fonte di piacere e non essenziale, spostandone la collocazione nel contesto gastronomico di riferimento. Dalla campagna i tre elementi si sono spostati in un ristorante fine dining e nel passaggio non hanno perduto la loro identità né hanno ceduto carattere e personalità ma sono semplicemente stati messi nelle condizioni di mostrare tutte le loro potenzialità.

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Il pane è diventato un pan brioche caramellato, il formaggio un gelato al caciocavallo e il vino una crema ristretta. La pulizia dei sapori è nettissima così come l’essenza delle tre materie prime, rese elegantissime e capaci di darsi man forte l’una con l’altra, tra morbidezza, golosità e masticabilità. Del caciocavallo emergono le note sapide e di latte, addomesticate dal pan brioche lievemente dolce e dalle note di prugna tipica del vino utilizzato.

Pane vino e caciocavallo è un piatto che contiene un mondo e le tradizioni di una regione, e l’opera di valorizzazione è tanto più compiuta se si guarda alla provenienza degli ingredienti. Il vino è il Tintilia, vitigno autoctono a bacca nera: DOC dal 2011, a causa della bassa resa (pur essendo la varietà più diffusa nell’800) è stato progressivamente abbandonato nel secondo dopoguerra e solo di recente è stato recuperato.

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Il formaggio è un caciocavallo di 1 anno di stagionatura e a firmarlo (letteralmente: è marchiato a fuoco) è il caseificio Di Pasquo, uno dei caseifici di riferimento della regione, con una storia di tre generazioni alle spalle e oggi guidato da quattro sorelle, Donatella, Debora, Fabiola e Martina: il caciocavallo è certamente il prodotto di punta ed il più rappresentativo dell’azienda, che vanta oggi oltre 30 tipi di formaggio. Potremmo chiudere con una chiosa sul fatto che dal formaggio al dessert sono sempre mani femminili quelle che hanno portato al successo del piatto. Potremmo, ma ci fermiamo qui, consigliando semplicemente una sosta ad Agnone.