Trattoria Da Silvan a Roma: recensione di un non-luogo dadaista

Trattoria Da Silvan a Roma: recensione di un non-luogo dadaista

Siamo al bar Trattoria Da Silvan, a Roma, insospettabile punto di rifermento per la cucina romana, condotta da Silvano Giaccari. La nostra recensione

C’è un amico mio che si chiama Alessandro, e di lavoro fa Roma Food Porn (in realtà fa il medico, ma a voi chevvefrega?). Insomma st’amico una volta mi dice Giova’, ti dico un posto segreto, dove fanno una carbonara da paura. È un posto di puro nonsense, un bar trattoria, di quelli con la sala slot e la gente fissa alle macchinette, e fanno pure il karaoke. Si chiama Da Silvan.

trattoria da Silvan; roma

Beh caro Alessandro aka Roma Food Porn, hai la mia attenzione! Da quando vengo introdotto ai Misteri Superiori di questa potenziale ultima bettola romantica sanlorenzina non passa momento che non m’immagini il ciuffo di un Sim-Sala-Bim in divisa, che spadella carbonare a gogo, in mezzo a costellazioni e scie cosmiche, un po’ Silver Surfer e un po’ Califano.

Cercando in Internet l’ubicazione esatta del posto, trovo un elemento prezioso che fa chiarezza nella mia immaginazione, ed aggiunge alla nebulosa Silvan un altro, prezioso, tassello, questo video:

 

Il lisergico cha-cha-cha su base midi di Silvan, al secolo Silvano Giaccari, dalla sua pubblicazione nel Luglio del 2016 ha raccolto su Facebook 102mila visualizzazioni e oltre 800 condivisioni, e quasi novemila views su Youtube; con il nostro eroe che si destreggia tra gorgheggi da stornellatore e passi di danza alla Lou Bega, saltando bucatini e rosolando conigli aacacciatora, con entrambe le mani, in un gioco circense di giocoleria culinaria.

Devo dire che Silvan è un po’ diverso da come lo immaginavo: niente divisa bianca coi bottoni dorati, niente ciuffo rosso cotonato/marmotta impagliata sulla testa, niente parlata mistica alla Dr. Strange: al contrario, ha un aspetto gioviale e giovanile e una voce – non mi viene in mente aggettivo più adatto – “argentina”.

Pure il locale, a vederlo, non combacia con le mie aspettative: è un bar vecchiotto e sciatto q.b., spazioso, un bar tra tanti che passa inosservato tra i palazzi cadenti e i graffiti come innumerevoli altri relitti anni ’70 della città, abbandonati da padroni anziani e lasciati a nuove proprietà cinesi, coi caffè bruciati, i tramezzini incellofanati, i cornetti tutti uguali.

Mi aspettavo qualcosa di più polveroso e oscuro, forse un “Re della mezza porzione” di scoliana memoria, o tocchi pulp alla Caligari.

Passa forse un mese da quando scopro il video a ieri, un mese interminabile, trascorso a canticchiare in mente “tiramisù, supplì e baccalà…” nei momenti meno opportuni, e poi finalmente vado a cena.

Il locale

Il posto è come traspare dal video: un bar con un grande banco in fòrmica rossa e top in acciaio inox, bottigliera d’antan, neon, improbabili quadri alle pareti e una frigovetrina per contorni e antipasti freddi. Sul frigo delle bevande un palloncino a forma di cuore e una bottiglia di spumante, testamento trash di chissà quale memorabile festa. In un angolo, un pianoforte (scordato), chitarrine e strumenti vari, e tutto l’occorrente per i probabilmente meravigliosi karaoke del Mercoledì.

La sala slot non c’è più (non so se per fortuna, o purtroppo) e al suo posto si è allestita una saletta da trattoria più “pettinata”, una protesi che in nessun modo riesce a collimare con il resto dell’ambiente.

Silvano mi saluta e mi fa sedere nella sala pressoché deserta (“è perché abbiamo appena ripreso, ancora la gente sta a torna’”). Parla veloce, come mangiandosi le parole, però senza farlo davvero: le frasi escono dalla sua bocca perfettamente comprensibili e scandite, solo incredibilmente rapide, come dette in un unico soffio. Chiarito che sono lì per mangiare, arriva in un attimo la benedizione: Che te faccio?

Ovviamente sono qui per la carbonara, quindi quella di sicuro, con le mezze maniche, e per secondo… Non lo so, mi dica lei, qualcosa di interiora. Che so, trippa, coratella, lingua, fegatini… Faccio un po’ e un po’, così assaggi? Certo, gli dico, facciamo “un po’ e un po’”, anche se alla fine non ho capito un po’ e un po’ de che.

Mentre aspetto il primo, scrivo ad Alessandro: sto da Silvan! Seguono risate e festeggiamenti, “salutamelo”, e poi niente, pare che questo posto sempre più surreale, fatto di incongruenze e di sorprendenti improbabilità, in un certo momento della sua esistenza sia diventato la base operativa della Karaoke Rock Bike di Radio Rock.

I piatti

A questo punto sono curioso ma anche un po’ spaventato, dalla cucina non so cosa aspettarmi, potrebbe trattarsi di una colossale schifezza (e se dovessi scommettere, è forse su questa opzione che punterei), oppure rivelarsi ottima inserendo un ultimo tassello dell’assurdo in questo mosaico paradossale. Intanto arriva la carbonara.

Carbonara (otto euro): A vedersi è un po’ lenta. Il guanciale, rosolato e bruno, è moscetto (ma d’altra parte, dicono, così vuole la tradizione; qualsiasi cosa ciò significhi se parliamo di un piatto recente e dalla genesi oscura come la “pasta degli Alleati”).

Al momento di inforchettare, però, magia (sarà per questo che lo chiamano Silvan?): la mistura d’uovo si abbraccia al bombolotto senza mollare la presa.

Assaggio, è ottima: una versione del tutto sui generis, con una consistenza leggermente più baveuse di quella in voga nelle cucine “che contano” ma estremamente vellutata, la presenza gustativa del pecorino tenuta sotto controllo, la crema meno sapida della media, con il sapore del tuorlo che viene fuori  puro e chiaro, e contrappuntata quando più serve dai picchi di sale dei pezzi di guanciale sorano che, mosci o meno, sono tostati a puntino. Bravo Silvan, grazie Alessa’.

Finita la pasta, ripulito il piattone con una doverosa scarpetta, arriva subito il secondo un po’ e un po’, che alla fine vuol dire due mezze porzioni di coratella e trippa alla romana.

Coratella d’abbacchio (mezza porzione, quattro euro): l’aspetto non è dei più invitanti, con quei pezzi piccoli e scuretti e uno sproposito d’olio. Però mai giudicare dalle apparenze: è una delle interpretazioni più gustose e in assoluto migliori provate a Roma, tenerissima, con una lieve vis selvatica che percorre l’assaggio dalla prima forchettata all’ultima, profumata di cipolla, salvia, alloro. Così deliziosa che mentre scrivo sono un cane pavloviano. Anche qui, la pozza di sughetto apparentemente eccessiva necessita di essere drenata con fette di pane, fino ad esaurimento.

Trippa alla romana (mezza porzione, quattro euro): buona, consistenza presente ma morbida, penalizzata da una leggera carenza di pecorino (che provvedo a rimpolpare scucchiaiando generosamente, ma Silvan, non è che niente niente ‘sto cacio nun te piace?) e soprattutto dalla presenza della mentuccia, un po’ troppo invadente. Gustoso il sugo, in cui riscontro una caratteristica ravvisata già nella carbonara: ossia, la consistenza leggermente lenta ma vellutata, che mi convinco essere non una coincidenza ma una precisa cifra stilistica, forse subliminale, del cuoco. Che qua è anche contemporaneamente proprietario, barista, cameriere, oste, tutto.

E ha un manico eccezionale, riuscendo a ricavare con tatto e sensibilità fuori dal comune piatti più che buoni da ingredienti, se tutto va bene, ordinari.

Mi spiego meglio: per contorno ordino dei friarielli ripassati (tre euro). E sono friarielli ripassati da supermercato, spadellati dopo averli estratti dal boccaccio in cui sono conservati sottaceto.

Ecco, nonostante questa cosa in teoria faccia assoluto ribrezzo, quelli mangiati da Silvan sono trattati con una curiosa forma di rispetto, ricchi d’aglio, salati giusti, le punte acide calmierate dal peperoncino, il sale ben dosato… E risultano persino gradevoli, a dir poco.

Quindi mi dice Alessandro che Silvan è un maestro con cacciagione e porcini (?!?), e dato che ormai ho inquadrato il personaggio (o forse mi voglio convincere di averlo fatto, e mi sono arreso all’impossibilità di capire, lasciandomi trascinare dall’imprinting onirico-lisergico dell’esperienza) decido che voglio testare il talento di questo cuoco fino in fondo, e che senz’altro tornerò in stagione di funghi, e a mangiare il piccione.

I prezzi

Primi piatti da 5 a 10 euro, con una media di otto, secondi da 5 a 12 euro, con una media di otto, contorni 3 euro.

Pago al banco, stordito (25 euro per primo, secondo, contorno, acqua e una TAZZA di amaro) chiacchierando con Silvan, gli dico che mi manda Alessandro.

Lui per tutta risposta mi lascia questo:

Scrivo, “Alessà, non sai com’è finita da Silvan… Mi ha regalato il suo CD! Avevi ragione, buono ma soprattutto un posto da pazzi, nonsense puro.”

“E devi vedere quando fanno la serata esoterica!”.

(Che sì, esiste davvero e non è una boutade del mio amico. E della quale vi lascio, a ultimo enigmatico indizio, una diapositiva).

Informazioni

Trattoria Da Silvan

Indirizzo: Largo Eduardo Talamo 6, Roma

Sito Web:  facebook.com/TrattoriaDaSilvan

Orari di apertura: lunedì-sabato dalle 18 a mezzanotte

Tipo di cucina: tipica romana

Ambiente: fucina dadaista trash

Servizio: one man band

Voto: 3,5/5