Zanze XVI a Venezia, recensione: la stella Michelin perduta che merita eccome

La nostra recensione di Zanze XVI a Venezia, ristorante di fine dining (non stellato) che merita la spesa. Il menu degustazione, i prezzi, i pro e i contro.

Zanze XVI a Venezia, recensione: la stella Michelin perduta che merita eccome

É incredibile come tutto, o quasi, Venezia sia ubicato “a pochi minuti a piedi” – alternativamente – da Piazzale Roma/Stazione di Santa Lucia o da Piazza San Marco/Rialto. Il risultato di questa bizzarra visione della geografia lagunare è che, nel momento in cui un luogo dista veramente pochi minuti dai riferimenti citati, scatti un sentimento di diffidenza (“sarà vero?”) combinato – quando si tratta di un ristorante – alla percezione che si tratti di un indirizzo turistico, a menu fisso, sgroppino al limone e caffè compresi. Zanze XVI è la smentita a questa lunga serie di pregiudizi.

I minuti a piedi da Piazzale Roma sono reali e sono solo due (siamo in Fondamenta dei Tolentini), non è un’insegna turistica e il caffè si paga a parte. Il menu è fisso, questo sì: ma trattandosi di un ristorante fine-dining si chiama “menu degustazione”, spostando il focus dall’assenza di libertà all’esperienza sensoriale. Oltre a questi primi e scarni dettagli, la storia di Zanze è articolata. Andiamo con ordine.

Il progetto

Nel 2017 Nicola Dinato, chef del Ristorante Feva di Castelfranco Veneto, e Nicola Possagnolo, startupper digitale, fanno rinascere un locale storico chiuso dal 2015. Il nome viene mantenuto, a ricordare il passato secolare (quel “XVI” nel nome rimanda al fatto che la Trattoria dalla Zanze esisteva proprio dalla fine del sedicesimo secolo), ma della trattoria ruspante rimane poco: sin da subito infatti appare chiara la volontà di costruire un progetto di “osteria contemporanea”, in cui la cucina facesse il paio con una certa filosofia (la stessa che anima Feva praticamente dalla sua apertura) combinata ad un’accoglienza raffinata ma non spocchiosa né respingente. Seguono, nell’ordine, una puntata di “4 Ristoranti” con Alessandro Borghese – da cui Zanze esce vincitore – diverse successioni in cucina ed in sala, l’onda dei bitcoin. Infine, storia recente, la stella Michelin conquistata nell’edizione 2022 della Rossa, lo chef che lascia il locale dopo l’ambito riconoscimento ed infine, la perdita della stella lo scorso novembre, per l’edizione 2023 della guida (nonostante il sito web di Zanze riporti ancora il riferimento e all’esterno la targa 2022 ci sia ancora).

Per dovere di cronaca e per completezza di informazione bisogna aggiungere un ultimo particolare: contestualmente alla perdita della stella da parte di Zanze, anche Feva non ha visto riconfermare il riconoscimento.

Il locale

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Là dove altre ristrutturazioni che si rifanno al concetto di osteria contemporanea hanno puntato su mattoni a vista, lavagne, materiali volutamente grezzi e dalla piacioneria facile, la direzione scelta da Zanze va altrove. Un bancone geometrico e minimal sulla sinistra catalizza l’attenzione, per poi lasciare il posto ad una prima sala – racchiusa da travi a vista al soffitto, pareti dai toni tiepidi, che arrivano a tre quarti di altezza, uno specchio ad ampliare gli spazi – e alla seconda, con un ampio tavolo e la cucina a vista. I colori giocano su scale di grigi, antracite, tortora, avorio e ammorbidiscono le linee geometriche dei tavolini in legno (che vedono il riutilizzo di vecchie “bricoe”, i pali della laguna) e quelle delle sedie, le superleggere che hanno fatto la storia del design d’interni, a firma Giò Ponti. Lo stesso spirito minimal si ritrova nelle divise del personale di sala (presenza mai invadente, ma cortese e preparata nelle spiegazioni dei piatti ed in grado di capire se e in che misura ci sia margine per interagire con il cliente) e nella scelta di posate e piatti, semplici strumenti per servire, raccogliere e far gustare al meglio il cibo.

La cucina e i piatti

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Se l’attenzione a selezione di materie prime, stagionalità, rispetto del luogo in cui ci si trova, della sua storia e delle sue tradizioni sono il punto di partenza (oltre che tratto ormai imprescindibile per chiunque), l’approdo si traduce, da Zanze, in una doppia chiave di lettura. Da un lato c’è la possibilità di assaggiare la cucina veneziana reinterpretata in chiave contemporanea, con estro, misura e intelligenza: qui si ritrovano le spezie, il legame della laguna con la terraferma e i territori circostanti (si arriva fino a Belluno o Vicenza, per intendersi). Dall’altro lato c’è la creatività meno imbrigliata, con proposte svincolate da riferimenti rigidi e legate più alla volontà di raccontare il proprio modo di intendere la materia prima. Se l’impronta di Dinato è presente, la mano in cucina è quella di Giovanni Rigoni, in cucina al Feva e ora in laguna. Le due linee direttrici si traducono in altrettanti percorsi di degustazione: Taste of Venice (5 portate, 110 euro, piatti elencati), e Anima (7 portate, 130 euro, a mano libera).

La scelta cade sul primo menu, che si apre con una serie di amuse bouche che svolgono assai bene il compito loro assegnato di preparare il palato, al quale tuttavia aggiungono un elemento in più: quello di delimitare, geograficamente e culturalmente il territorio in cui si snoderà tutto il percorso. C’è la laguna, anche quella minore (i garusoli), c’è l’entroterra (il mais biancoperla per il pane), la campagna (un rassicurante brodo di verza, con miso di fagioli, però), la montagna che guarda a oriente (bao con pastin e maionese al rafano). L’ingresso in scena che stupisce più di tutti, per livello di understatement, è la cassopipa in latta. Dopo i primi istanti di smarrimento (anche lessicale: per i non veneziani il nome è fonte di disorientamento), la comprensione del livello interpretativo che mescola gioco, gusto e godimento da comfort food irrompe, e a testimoniare il livello di apprezzamento collettivo rimane solo il suono diffuso e vivace dei cucchiai dei commensali, ognuno impegnato con la propria lattina. Qui, il piatto di recupero tipico dei pescatori chioggiotti, da sugo/condimento diventa zuppa: sotto una schiuma dall’apparenza innocua, il cucchiaio affonda e trova pesce (su tutti, le seppie), legumi (tra gli altri, fagiolo di Lamon), note speziate. La stratificazione è studiata a tavolino ma l’effetto è di una morbidezza spontanea, avvolgente cui le note di peperoncino arrivano a far fare il balzo finale. Elegantissimo a seguire il risotto di go, seppie e ostriche.

La versione tradizionale rimane a fare da cornice, il sapore fine del go permane, fine, supportato dalla seppia a crudo ed esaltato dalle note fresche dell’olio al prezzemolo. L’ostrica conferisce spiccate note iodate e sapide, ed è forse l’elemento lievemente dissonante, che quando si trova copre il go. Validissima la rilettura della calamarata, che qui diventa buzara di scampi. Morso dalla buona consistenza per la pasta, cui arrivano da un lato la dolcezza dello scampo crudo e dall’altro quello della cremosità della bisque (qui proposta con l’aggiunta di peperone) a dare continuità. Buccia di arancia grattugiata e gocce ricotta marzotica mettono le virgole dove servono. Il manzo al miso di pomodoro, broccolo fiolaro chiude il capitolo, riuscendo nell’operazione difficile di far sentire i singoli sapori senza che nessuno copra l’altro ma piuttosto valorizzandosi a vicenda. Da segnalare la frollatura della carne, le cui fibre si fanno da tenaci a cedevoli in un colpo solo. Il “Tirami via” è il saluto: versione in questo caso non troppo estrosa del tiramisù (si poteva azzardare di più), fedele all’originale ma con maggiore freschezza (soprattutto nella crema al mascarpone) con il simpatico invito, richiamato nel nome, a togliere, o rompere, la cialda al cioccolato in superficie per scoprire il resto. Piccola pasticceria da menzionare, con burro, spezie, note agrumate ognuna al suo posto.

Scontrino Zanze

Opinione

fine dining

A pochi passi da Piazzale Roma Zanze XVI, frutto di un progetto studiato a tavolino, è un locale fine dining che combina un percorso dedicato alla rilettura della classica cucina veneziana con uno più libero e legato all’estro dello chef. Nonostante una serie di successioni in cucina e in sala, il locale ha trovato stabilità con mano intelligente e misurata dello chef e un servizio attento e assai cortese

PRO

  • Fine dining senza altezzosità

CONTRO

  • Permanere dei riferimenti Michelin che possono indurre in errore il cliente
VOTO DISSAPORE: 8.5 / 10
Voto utenti
Zanze XVI
Zanze XVI
Santa Croce, 231, 30135 Venezia, VE, Italia