C’è un momento preciso in cui capisci che il capitalismo non ha solo finito le idee, ma ha iniziato a credere alle proprie allucinazioni: è quando ti vende una mela dicendoti che è una fragola. L’algoritmo mi ha dato la caccia per settimane: foto con la saturazione a palla, e video di gente che addenta il frutto con l’espressione estatica di chi ha appena ricevuto un bonifico istantaneo. Alla fine ho ceduto. Ho comprato la mela fragola, la varietà Kissabel per essere precisi, e l’ho pagata 6€ al chilo. Una cifra per cui non mi aspetto solo che sappia di fragola, ma pure di daiquiri.
Cosa la mela fragola sia e cosa non sia i lettori di Dissapore lo sapranno già, e a questo punto vi dovevamo una recensione della suddetta. Ora sono qui, coltello in una mano e scetticismo cronico nell’altra.
Il web ci ha promesso un ibrido rivoluzionario capace di scardinare le nostre certezze organolettiche, ma la realtà è spesso solo una questione di aspettative gestite male dal marketing. O forse, più semplicemente, è che ci meritiamo di essere presi in giro.
Aspetto visivo: la trappola cromatica della mela fragola

Tutta a colpa degli antociani. Sono gli stessi pigmenti che colorano i mirtilli, solo che qui, in un eccesso di zelo botanico, hanno deciso di colonizzare anche la polpa. E sgombriamo il campo dai complotti: non è un OGM ma il frutto di ragionati incroci tra mele comuni e vecchie varietà selvatiche a polpa rossa (belle da vedere ma immangiabili). Il risultato è un ibrido che gronda antiossidanti ma che si porta dietro l’acidità dei suoi antenati bisbetici.
Al taglio, bisogna essere onesti, ha il suo fascino. Niente a che vedere con la tristezza delle mele classiche. Qui la polpa è di un rosa screziato e la buccia rosso rubino intenso, di quella bellezza magnetica che ti costringe a tirare fuori il telefono per farle una foto ancora prima di assaggiarla. Ed è esattamente qui che ci frega. Quella perfezione estetica è il cavallo di Troia che ci convince a ignorare l’istinto: è così bella che vogliamo credere sia anche buona.
Il sapore della mela fragola

Il profumo è inebriante. Annuso. Cerco la fragola nel pieno di una sindrome da diniego. Niente, odora di… mela. Forse, se mi concentro un pochino, ma è più autosuggestione che chimica, sento reminiscenze di frutti rossi. Al morso schiocca, per poi adagiarsi nella succosità. La consistenza è bella compatta, perfetta da utilizzare in pasticceria.
E il sapore? Signori, qui casca l’asino, e si fa anche male. Quella che sentite non è fragola: è acidità. La massiccia presenza di antociani (i pigmenti responsabili del rosso) porta con sé una carica di tannini e acidità citrica che il vostro cervello, suggestionato dal nome “Kissabel” o “Mela Fragola”, cerca disperatamente di associare al frutto rosso per eccellenza. Ma è un placebo fruttariano. Al principio è lievemente aspra, quasi agrumata, per poi dissolversi in un finale dolcissimo. Vi dirò, più che la fragola mi ricorda l’ananas.
Giudizio finale

È il Labubu del reparto ortofrutta. Un frutto accuratamente ingegnerizzato per prenderci in giro.
Voto complessivo: 7 (10 al genio del male che l’ha brandizzata, 4 a me per averci creduto).
Volete le fragole? Aspettate qualche mese e le comprate. Questa mela è come l’ex che ci lascia perché ci ama troppo, non credetegli mai.