Come le olive divennero prodotto di massa

Se l'oliva è icona del boom economico (erano gli anni '60, per i non boomer) lo deve a Saclà. Come ha fatto l'azienda astigiana a trasformarla in sfizio di massa.

Come le olive divennero prodotto di massa

Hanno una sessantina di anni e non li dimostrano. Sono le olive commercializzate in Italia dalla piemontesissima Saclà, azienda familiare leader nel mercato italiano grazie a tre fortunate intuizioni. La prima: identificare una varietà di olive non utilizzata come oliva da tavola, ma sceglierla per questo scopo. La seconda: applicarvi la snocciolatura come si faceva già con la frutta, come le ciliegie. La terza: far diventare le olive un prodotto di massa di largo consumo interrompendo quel campanilismo regionale che vedeva ogni area mangiare esclusivamente il prodotto del proprio territorio.

A questo va aggiunto il periodo storico in cui ci troviamo: gli Anni Sessanta e Settanta, quelli del boom economico: tutto, all’epoca, sembrava possibile. I colori erano ovunque (anche nel cibo) come testimonia la pacifica invasione dei gelati industriali dai nomi improbabili di Piedone, Camillino o Pepito. Come colorate erano la scatola della pizza che si faceva in casa con Catarì, la Fanta, l’aranciata, la rossa amarena Fabbri e la regina incontrastata delle bibite, la Coca Cola, arrivata in Italia nel 1956. Nascevano i cibi industriali e i primi supermercati, i cibi poveri (polente, farro, orzo) scomparivano dalle tavole, salivano alla ribalta il pesce, i frutti di mare, il pollo, le insalate capricciose e i formaggi spalmabili. In tv i caroselli pubblicizzavano caramelle, gelati confezionati, bibite in bottiglia, biscotti e merendine: “… è Luciano Biancardi, il dimenticato autore de La vita agra, a fotografare meglio di chiunque altro l’Italietta del supermarket, quella in cui ci si aggira per scomparti asettici, ipnotizzati da musica e luci al neon, senza parlare. Quell’Italietta che acquista 12 bottiglie di gazzosa, 10 pacchetti di crakers, olive verdi con e senza nocciolo, 20 barattoli di pomodoro…” scrive Stefania Aphel Barzini nel suo libro Così mangiavamo edito dal Gambero Rosso nel 2006.

E così proprio in quel periodo storico più propenso anche a un consumo alimentare arricchito da sfizi e alimenti “divertenti” comparvero nei supermercati e sulle tavole degli italiani le olive Saclà, quelle Olivolì (olive con il buco) snocciolate e tutta polpa, icona di un’Italia che attraversa le generazioni e arriva fino a oggi. Le stesse olive snocciolate che dopo sessant’anni dall’immissione sul mercato toccano il 90% delle vendite (il restante 10% è delle olive intere) e che dagli Anni 2000 hanno arricchito la gamma con le olive a rondelle.

Boom economico italiano, oliva spagnola

Saclà
L’intuizione fu di Secondo Ercole che dal 1939 si mise a produrre e commercializzare in Asti città prodotti in scatola a base di verdure. Del resto si sa, le aziende conserviere possono essere considerate le madri della sostenibilità poiché sono nate in passato per non buttare la sovra produzione dei campi: questo faceva all’epoca la Saclà trasformando le eccedenze di frutta (ciliegie) e vegetali in prodotti conservati sottolio, sottaceto e in salamoia su scala industriale. Fu però scoprendo la varietà spagnola di olive hojiblanca che Ercole arrivò alle famose intuizioni: questa tipologia di oliva (mai usata come oliva da tavola) era perfetta perché croccante, facile da snocciolare e, essendo meno delicata di altre varietà, consentiva una raccolta meccanizzata. Detto fatto, da allora (Anni Sessanta e Settanta) le olive Saclà diventarono vere e proprie icone, merito anche della tv e del Carosello dove comparivano con il celebre jingle “Olivolì, Olivolà, Olive Saclà!”.

Oggi, solo questa tipologia di prodotto, porta all’azienda 16 milioni di fatturato e, nei periodi di produzione, si attesta tra le 100 e le 200 mila confezioni al giorno.

La linea produttiva

Se il nuovo insediamento produttivo di Castello d’Annone (con i suoi 8 mila mq) è fondamentale per il controllo e la ricezione delle materie prime e per la realizzazione di gran parte delle linee commercializzate (tra cui sughi, salse, sottoli, sottaceti e anche prodotti cucinati), le olive, al momento, restano prodotte nel quartier generale di Asti. Qui dopo la deamarizzazione e la fermentazione che avvengono in Spagna nel luogo di origine dove vengono acquistate dai medesimi fornitori di cui la Saclà monitora l’intera filiera produttiva, le olive sono pronte per essere messe in salamoia, pastorizzate e poi confezionate. La salamoia si prepara con acqua dal ph basso, acido lattico e sale controllato: ph e pastorizzazione sono un passaggio fondamentale dell’intero processo perché evitano il formarsi della tossina botulinica che rappresenta il rischio batteriologico più grande.

Saclà investe 21 milioni di euro nel suo stabilimento a Castello D’Annone Saclà investe 21 milioni di euro nel suo stabilimento a Castello D’Annone

La salamoia cambia in base alla tipologia di oliva e a come arriva il prodotto: ecco perché qui si inserisce l’arte gastronomica e la sapienza di un lavoro di generazioni  capace di garantire lo stesso gusto negli anni. L’oliva nera in lattina (altra icona dell’azienda) è sempre una hojiblanca, ma viene sterilizzata seguendo il metodo “dolce” californiano, mentre l’oliva nera Tosta proviene dal Marocco e viene conservata per giorni con del sale all’interno di botti fatte rotolare e da cui verrà estratta completamente essiccata. Ultime arrivate in gamma Saclà sono le olive della linea Mediterranea, olive greche snocciolate e conservate solo con qualche goccia di olio.

La famiglia Ercole

Era il 1939 quando Secondo Ercole e la moglie Piera Campanella decisero di conservare gli ortaggi di stagione della valle del Tanaro per poterli mangiare tutto l’anno. Questa fu l’idea alla base della Saclà, azienda astigiana giunta oggi alla terza generazione che vede come presiedente Lorenzo Ercole e come Ceo Chiara Ercole.

Leader nel mercato italiano per la commercializzazione di olive e sottaceti (lo è per il mercato estero in fatto di sughi e pesto portato in Inghilterra dal 1992) esporta in oltre settanta paesi del mondo, possiede due sedi produttive in Italia (lo storico centro di Asti e, poco lontano, il nuovo e tecnologico di Castello d’Annone, operativo dal 2019) e quattro filiali in Francia, Uk, Germania e Usa.

Con 300 dipendenti e un fatturato medio degli ultimi anni che si attesta sui 140 milioni di euro, la Saclà mette a punto annualmente oltre 800 nuove ricette e vanta una gamma di 1200 referenze che spaziano dalle olive verdi snocciolate, ai Carciofini tagliati sottolio, dai Cetrioli sottaceto, fino ad arrivare ai Condimenti per Riso, al Pesto e alla nuova linea di salse che racchiude i sapori di tutto il mondo (dalla Salsa Guacamole alla Salsa Thai).