Come riconoscere un buon pandoro

Come riconoscere un buon pandoro? La nostra guida al lievitato di Natale numero 2, che però è il più difficile da fare (e apprezzare): come dovrebbe essere al tatto, all'olfatto, al gusto e nell'aspetto.

Come riconoscere un buon pandoro

Se il 2020 è stato l’anno della rivincita del pandoro, questo Natale 2021 conferma il trend e anzi lo consolida: come abbiamo avuto occasione di osservare nello stilare la classifica dei migliori pandori artigianali i lievitisti che si affrontano il dolce di Verona a otto punte sono sempre di più. Ben consci delle difficoltà con cui si confronteranno e probabilmente consapevoli che la beffa è dietro l’angolo: riconoscere un buon pandoro è assai complesso e solo i palati più raffinati apprezzano davvero il lavoro artigiano, apprezzando texture e burrosità.

Ma andiamo con ordine, dacché la nostra guida alla distinzione del pandoro come si deve è composita. Dopodiché il primo che vi dirà che i pandori sanno tutti lo stesso gusto potete stenderlo con una lunga ramanzina che lo farà sentire un inetto e vi farà perdere un’amicizia. Potreste recuperare regalandogli un buon pandoro però.

L’aspetto

Come riconoscere un buon pandoro

La stella a otto punte non è per niente facile da realizzare, si diceva, ma le punte dovrebbero essere ben turgide, appuntite e regolari. La parte superiore non dovrebbe mostrare avvallamenti o chiazze più chiare; la base invece non dovrebbe essere più scura del resto. In generale una delle caratteristiche peculiari del pandoro è la sua doratura esteriore uniforme, da cui il nome “pan d’oro”, ma è uno degli aspetti più difficili da ottenere visto che la cottura si fa in stampi di metallo, il che fa si che una grossa parte del dolce non sia visibile e che un’altra, la base, sia a diretto contatto con il calore e quindi rischi di cuocersi troppo. Così come sulla sommità, nemmeno nel resto del corpo dovrebbero esserci chiazze più scure o più chiare.

L’alveolatura

Pandoro 2021; Tiri

L’alveolatura nel pandoro è ben diversa da quella del panettone, all’interno infatti non dovrebbe presentare nessun buco più grande degli altri, ma una fitta rete di alveoli molto piccoli e di forma simile. Se la sezione del vostro pandoro assomiglia a uno dei sogni grafici di M.C. Escher ci siamo.

Il tatto

Come riconoscere un buon pandoro

Al tatto il pandoro non deve essere né unto né umido, ma morbido e asciutto. Per quanto riguarda la morbidezza potrebbe ricordare il cotone e sembrare molto leggero, o pesare di più, ma nessuna delle due cose è un difetto, si tratta solo di sistemi di preparazione differenti e di proporzioni variabili di burro e di uova.

Il taglio va eseguito con un coltello seghettato da pane, anche se io trovo che un buon coltello da tavola, con una seghettatura leggera, sia altrettanto efficace. L’importante è che quando lo si taglia il pandoro non tenda a schiacciarsi, o se lo fa deve presto tornare in forma, un po’ come il vostro cuscino in memory foam, se non avete risparmiato troppo. Si può anche fare la prova schiacciandone un pezzetto tra pollice e indice, se rimane “impaccato” senza più dare segni di vita è meglio farci le biglie per la cerbottana che mangiarselo.

La fetta inoltre non deve sbriciolarsi, né avere sbuffi di pasta che se ne vanno qua e là, ancor più grave, perché indice di un pandoro secco, è che la crosta si stacchi dal resto del dolce.

L’odore

Come riconoscere un buon pandoro

L’odore di vaniglia non deve essere troppo forte: se quando chiudete il sacchetto e lasciate il pandoro in tavola tutta la stanza ne è ancora pregna lasciatevi tranquillamente invadere dal sospetto che sia stata usata la vanillina.

Il profumo del pandoro varia, ma le note più facilmente riscontrabili, otre alla vaniglia, sono l’odore del burro (un po’ come nei buoni croissant), a volte il profumo degli agrumi che vengono aggiunti all’impasto, altre volte sa l’odore della torta margherita quando è pronta nel forno, quel misto tra profumo di pane e di zucchero caramellato.

Spesso, nei pandori artigianali, è presente una nota pungente, di fermentazione, o di frutta molto matura che può provenire dall’uso di una buona pasta madre o da una vaniglia particolarmente ricca, come nel caso della varietà Thaiti.

L’assaggio

Come riconoscere un buon pandoro

I fornai dicono che il buon pandoro non ti si deve “fermare sulla schiena”, cioè quando deglutisci non devi avere quell’impressione di mapazzone che si ferma tra i polmoni e il diaframma e non va giù neanche con le bombe a mano.

Meglio però se già nella bocca il pandoro ha dato impressione di essere scioglievole, e di accettare la saliva come reagente senza respingerla come se fosse un pezzo di pongo. Una volta mangiato, la bocca dovrebbe rimanere gradevole, mentre è abbastanza tipico che un pandoro troppo unto, o non cotto bene, ti lasci una fiatella inenarrabile che ti fa venire voglia di attaccarti alla bottiglia di amaro e al pacchetto di sigarette nel tentativo di uccidere tutte le papille gustative che ti restano.

Se invece si è fortunati, potrebbe capitare di imbattersi nel pandoro sfogliato, una leggenda che si narra tra i pasticceri, introvabile come l’unicorno. Un pandoro sfogliato è un pandoro che ha molto più burro perché oltre a quello normalmente presente nell’impasto, viene poi sfogliato con altro burro in pomata, proprio come un croissant. La sensazione che danno questi pandori è quella di essere molto più “pesanti” ma in bocca si rarefanno, e se cotti come si deve, non si impaccano mai.

Zucchero e a velo: si o no?

pandoro

Lo zucchero viene fornito dal pasticcere assieme al pandoro, alcuni pasticceri si affidano alla bustina industriale altri la confezionano in laboratorio, a volte si tratta di zucchero puro, altre volte c’è l’aggiunta di qualche aroma naturale. Se un prodotto viene fornito con la sua busta di zucchero vuol dire che lo zucchero ci va messo, è un po’ come il parmigiano sui cappelletti in brodo: provate a sfidare l’occhiataccia della nonna quando le dite che non lo volete anche se ve lo sta porgendo.

Le bustine di zucchero dentro ai pandori sono in generale di 30 o di 50 gr; io sono del parere che bisogna mettercelo tutto, fino all’ultimo granello di polvere, sbattere il sacchetto con forza, lasciandosi docilmente ricoprire dallo zucchero, e poi assaggiare. Se chi prepara il pandoro non è in grado di bilanciare la dolcezza dell’impasto con l’aggiunta dello zucchero a velo è un problema suo e del suo pandoro, e la volta dopo si virerà su qualcun altro.