Come riconoscere un buon tartufo: guida all’acquisto senza sperperi

I consigli di un esperto per riconoscere il buon tartufo e acquistarlo con consapevolezza, senza rischiare di spendere soldi a vuoto.

Come riconoscere un buon tartufo: guida all’acquisto senza sperperi

Sappiate solo che nel 2020 a Natale, quando si poteva vivere solo a pane e mura domestiche, ho comprato un tartufo bianco. Il 25 dicembre l’ho lamellato grossolanamente sul mio piatto di pasta fatta in casa e il risultato non è stato quello che speravo. La risposta l’ho trovata in questa conversazione con Antonio Degiacomi, Presidente del Centro Nazionale Studi sul Tartufo ad Alba, esperto e appassionato, vero appassionato, soprattutto di tartufo bianco, una di quelle godurie che ad Alba si tengono stretta stretta.

Con Degiacomi abbiamo cercato di capire, in modo semplice e quindi, sicuramente perfettibile, quali sono gli step da seguire quando si vuole comprare un tartufo e i consigli più importanti che guideranno il neofita nell’acquisto. Certo è che per imparare davvero servono alcune cose, tipo lo studio e la pratica. Degiacomi mi dice una cosa bellissima: “Ci sono nato col tartufo, fin da piccolo sono stato in questo ambiente. Mio padre ha scritto qualche libro di gastronomia e io, tra le altre cose, mi diletto anche un po’ in cucina”. Insomma se vieni da Alba il tartufo lo respiri. E puoi affinare le tue competenze con un piccolo laboratorio di analisi sensoriale del Centro Studi che offre la possibilità ai neofiti di apprendere i rudimenti della materia. E poi chissà, da lì ambire al corso professionale che forma addirittura gli assaggiatori esperti che partecipano alle competizioni.

Stagionalità

Tartufo bianco d'alba

Ma facciamo un piccolo passo indietro. Ci sono 9 specie commestibili di tartufo. 3 sono le più comuni e diffuse nel periodo autunno-inverno. L’autunno, da ottobre a dicembre, con qualche anticipo di settembre o prolungamento a gennaio a seconda del calendario regionale, è la stagione del Tuber Magnatum, il tartufo bianco. Sono nere invece le altre due specie, il Tuber Uncinatum e il Tuber Melanosprum (o nero pregiato). Qui suona il primo campanello, avverte Degiacomi: “Se compro un prodotto fuori dalla sua stagione, non solo potrebbe non essere buono ma la sua raccolta potrebbe andare contro la normativa”. Dunque anche il tartufo segue la magica regola della stagionalità, teniamola bene a mente.

L’utilizzo delle tre tipologie è veramente molto diverso e ne rispecchia le qualità intrinseche. “Il tartufo bianco di solito è lamellato crudo sopra i piatti, ma viene sempre lasciato protagonista, escludendo ingredienti troppo piccanti o saporiti. Questo perché Il bianco è soprattutto profumo, un profumo davvero intenso” e se non fosse così, allora è il caso di preoccuparsi. “Anche il nero ha i suoi profumi, ma un uso diverso. Spesso viene preparato, oltre che crudo, in farce o ripieni, dove avvengono brevi cotture o piccoli passaggi al caldo. Questa pratica va esclusa con il bianco, se non vogliamo perderlo completamente”.

Il dilemma del prezzo

Tartufo bianco prezzo

Uno degli aspetti più rilevanti e anche più chiacchierati del tartufo è il suo prezzo. Ma come si fa a capire se il prezzo che ci stanno proponendo è equo? “Nell’acquisto, vale la pena di ribadirlo, ci vuole come regola minima l’esposizione del prezzo, della pesatura, il nome della specie, la provenienza. Questo contraddice l’abitudine di vendere al pezzo invece che al peso, mentre è giusto che il consumatore sappia”. Informarsi prima dell’acquisto è una buona prassi e non è nemmeno così difficile. Basta cercare online, anche sul sito del Centro Studi e trovare le borse con i prezzi stagionali per sapere a che tipo di spesa stiamo andando incontro e i parametri di riferimento che, lo ricordiamo, possono variare molto di stagione in stagione. “Sono prodotti che risentono dell’andamento climatico. Se c’è meno produzione a causa delle scarse precipitazioni, come in questa stagione, i prezzi salgono”. Il più economico è l’uncinato, che può costare anche meno di un terzo di quello pregiato. Per il bianco siamo nell’ordine dei 200/400 euro all’etto.

Il prezzo del tartufo non casca dal cielo, ve lo assicuriamo, ma c’è una forbice su cui influiscono vari fattori. Un fattore, l’abbiamo detto, è la pezzatura. “I tartufi più grandi costano di più, ma non è sempre detto che siano i più buoni. Ci sono tartufi piccoli che sono squisiti. Però il tartufo grande acquisisce anche un certo prestigio, nel caso di un dono ad esempio, o di una tavola al ristorante”.

Il profumo

Tartufo bianco

L’altro fattore è la qualità, che è già più complessa da decifrare perché richiede una certa esperienza. Il profumo, come abbiamo detto, è un indicatore. “Se ci sono odori di fermentato o di ammoniaca, vuol dire che il tartufo è andato a male. Se il tartufo è poco profumato potrebbe essere stato estratto troppo presto. In generale, oltre all’intensità, si dovrebbe considerare anche la franchezza. Il mondo degli odori è ampissimo. L’ideale è un equilibro tra profumi mielati e oliaceii, anche se può variare in base ai gusti. Non escludo nemmeno sentori di spezie o altri profumi”. C’è una grande varietà insomma che, Degiacomi mi fa capire, contribuisce alla bellezza e al fascino di questo prodotto.

L’esame visivo

Tartufo bianco

Altri indicatori hanno a che fare con la vista invece che con l’odorato. Prima di tutto l’integrità del prodotto. “Alcuni piccoli tagli potrebbero essere causati dall’unghiata del cane o dalle difficoltà dell’estrazione: vuol dire che comunque il tartufo è buono, andrà pulito un po’. Tuttavia se è integro si conserva meglio e più a lungo e si lamella meglio, per questo l’integrità incide sul valore”. Altro indicatore d’acquisto è la pulizia: “Quando lo compero, è bene che il tartufo non sia sporco di terra, sia perché può nascondere dei difetti, sia perché pago la terra e qui i grammi fanno la differenza”.

Un altro elemento che fa crescere il valore, è la forma. “Se il tartufo ha una forma globosa, più regolare insomma, è più facile da lamellare e da pulire, quindi ha meno scarti, quindi vale di più”. Lo stesso vale per la composizione e il colore della gleba, la texture del tartufo, che potrà essere osservata solo una volta lamellato. Proprio per questo Degiacomi e il Centro Studi consigliano sempre ai ristoratori, per una maggiore trasparenza, di lamellare il tubero direttamente al tavolo in modo che il tartufo si possa vedere. E così anche la pesatura, prima e dopo la lamellatura. “Il bianco è bianco anche all’interno, mentre il nero è diverso. L’uncinato ha una gleba abbastanza chiara, e ha numerose venature bianche più ampie. Il melanosprum è scuro, lo dice il nome stesso”.

Freschezza

Molto più difficile valutare il tatto, perché il produttore non vi mette un prezioso tartufo in mano. Ma se per caso succedesse, il tartufo buono non deve essere gommoso e molle. La durezza, più che altro la consistenza, di solito è indice di freschezza.

E parlando di freschezza veniamo al punto, la dritta che mi avrebbe salvato il pranzo di Natale. È buona prassi quando si acquista un tartufo dichiarare al venditore o produttore quando si intende consumarlo, se il giorno stesso o nei prossimi giorni. I tempi possono variare, soprattutto da nero a bianco, ma diciamo pure che il bianco non va consumato più di una settimana dopo l’acquisto. Considerate che il tartufo che state acquistando potrebbe essere stato estratto uno, due, tre giorni prima del momento in cui lo comprate. Se vi confesso che acquistai quel tartufo bianco 15 giorni prima di Natale, ora sapete di chi era la colpa se non sapeva di molto.