Da dove arrivano le cozze che compriamo e mangiamo al ristorante

Le cozze italiane si mangiano da aprile a ottobre, nel resto dell'anno compriamo e mangiamo quasi sempre cozze spagnole. La Cina è il maggior produttore mondiale di mitili, seguita Cile e Europa. Italia terza dopo Spagna e Francia.

Da dove arrivano le cozze che compriamo e mangiamo al ristorante

Gli italiani amano le cozze, ma mangiano quelle spagnole e senza potersene rendere conto. Del resto le producono (anche bene) e sono terzi in Europa dopo Spagna e Francia. La cucina italiana è colma di piatti in cui i mitili sono protagonisti: dai soutè alle zuppe, dalla pasta ai frutti di mare, alle cozze fritte, gratinate, ripiene, non c’è che l’imbarazzo della scelta.

I dati Eurostat indicano però un calo produttivo nell’ultimo decennio tutto italiano: da oltre 79.000 tonnellate nel 2011 a meno di 51.000 tonnellate nel 2020. La produzione italiana è supportata quasi completamente dall’acquacoltura e oltre l’85% è localizzata in sei regioni: Emilia-Romagna, Marche, Veneto e Puglia rappresentano la quota maggiore del volume prodotto (73%), seguite da Sardegna e Campania.

Ogni cozza ha la sua particolarità perché dipende dall’ambiente in cui viene allevata: la cozza spezzina è piccola e sapida, quella nera tarantina grande e profumata, quella di Scardovari Dop dolce, morbida e gustosa.

Che cozze mangiamo in Italia?

cozze

In Italia, però, le cozze si raccolgono solo da aprile a ottobre quando le condizioni calde sono ideali per la loro crescita. Il resto dell’anno nel Bel Paese si consumano cozze prevalentemente spagnole dove vengono allevate, proprio grazie a favorevoli condizioni climatiche, durante tutto l’anno.

Ma l’etichetta del prodotto in commercio cosa dice? L’etichetta di un prodotto di allevamento deve indicare il paese di origine dei molluschi (obbligatorio) che non sempre corrisponde a quello in cui il prodotto è stato sottoposto alla fase finale del processo di allevamento o coltura.

Vale a dire, per esempio, cozze spagnole che trascorrono la reimmersione finale in acque italiane possono riportare la dicitura “allevate in Spagna e raccolte… in un qualsiasi golfo italiano”. Attenzione dunque a leggere l’etichetta perché le parole possono essere fuorvianti: la specie tra Spagna, Francia e Italia è la stessa, ma se pensate di acquistare prodotti Made in Italy tutto l’anno, beh sappiate che non è così.

Come non lo sono le cozze surgelate comunemente distribuite nei supermercati: l’origine è cilena, ma la specie è differente, si tratta infatti della Mytilus edulis che è pur sempre un buon prodotto ma, vista l’enorme produzione, dal prezzo altamente competitivo sul mercato. “A livello nutrizionale sono uguali – spiega il medico veterinario specializzato nel settore ittico, Valentina Tepedino – ma la nostra per gusto e masticabilità è stata riconosciuta come migliore rispetto ad altre origini e altre specie”. E se in pescheria è obbligatorio indicare l’origine del prodotto, nei menu dei ristoranti è sufficiente indicare cozze in modo generico, senza ulteriori specifiche.

I ristoratori sono obbligati a conservare i documenti riguardanti l’acquisto che possano decretare la tracciabilità e la provenienza del prodotto, ma non a rivelarlo ai propri clienti. Fateci caso: difficilmente troverete in carta un piatto con indicata la provenienza dei mitili (lo avete mai visto vicino alla descrizione di uno spaghetto alle cozze?), ma sarebbe bello che i ristoratori trovassero il coraggio di dichiararne la provenienza per fare cultura del prodotto e per onestà intellettuale nei confronti della propria clientela.

Conosciamo le cozze?

Le cozze più diffuse in commercio sono: la specie Mytilus edulis (cozza atlantica) ampiamente diffusa nelle acque europee con un’estensione che va dal Mar Bianco (Russia) fino alla costa atlantica della Francia meridionale. La specie Mytilus galloprovincialis si trova invece nell’area mediterranea e viene prodotta nella parte settentrionale della Spagna, in Sudafrica ed in Cina. Per una giusta crescita la temperatura dell’acqua deve essere di 5-20°C per la specie Mytilus edulis e di 10-20°C per la specie Mytilus galloprovincialis e sono presenti in habitat differenti: da zone di marea ad aree completamente sommerse, con temperature e salinità differenti.

Si nutrono di fitoplancton e materia organica che ricavano dalla filtrazione continua dell’acqua di mare e il periodo di allevamento, fino al momento della raccolta, dura all’incirca un anno. A seconda della latitudine, tra marzo e ottobre, la cozza dà vita a larve che sono sospinte dalle correnti. In meno di 72 ore le larve crescono e raggiungono uno stadio in cui non possono più rimanere in sospensione: diventano quindi stanziali e si depositano su supporti diversi attraverso filamenti chiamati bissi. Il mezzo più utilizzato per la raccolta del seme (larve) è una corda collocata in un punto scelto in funzione delle correnti e della disponibilità di microrganismi. Fra maggio e luglio queste corde sono prelevate e trasferite negli allevamenti di cozze; la pesca invece pesca avviene tutto l’anno (a seconda delle zone climatiche), raggiungendo l’apice nei periodi di marzo-giugno e settembre-dicembre.

Sulle coste europee sono impiegati quattro metodi di allevamento: in piano o per spandimento (prevalentemente nei Paesi Bassi e in Germania), metodo in cui il novellame è sparso su banchi poco profondi. La raccolta è effettuata per dragaggio con navi attrezzate in modo specifico; su pali (chiamati bouchots, cioè filari, in Francia); su corda (in Spagna e nel Mediterraneo) e in questo caso le cozze sono fissate su corde sospese verticalmente nell’acqua da una struttura fissa o flottante. Questa tecnica è adatta ai mari con maree deboli, come il Mediterraneo, ma viene impiegata anche nelle baie protette dell’oceano Atlantico; su tavola (in Francia, soprattutto in Bretagna e nella laguna di Thau): le cozze sono allevate come le ostriche, in sacche a rete poste su tavole fissate nella zona intertidale o direttamente al suolo.

L’etichettatura delle cozze

Al momento dell’acquisto le cozze devono essere vive, devono essere vendute in retine e avere un’etichetta impermeabile da cui leggere le informazioni necessarie, come la loro provenienza. Nel caso in cui si tratti di un prodotto di allevamento, occorre indicare anche il paese di origine (che può non essere quello di allevamento). In etichetta vanno poi riportate la denominazione commerciale e quella scientifica (Mytilus galloprovincialis tipiche del Mediterraneo o cozze e le Mytilus edulis o cozze atlantiche), la data di imballaggio, il numero di lotto e il bollino Ce, il centro di spedizione e il metodo di produzione ossia se allevato o pescato, ma anche le indicazioni sul suo consumo.

Per legge non esiste una data di scadenza per le cozze: possono essere vendute sino a che sono vive, ma non possono essere vendute sfuse poiché se ne perde la tracciabilità e aumentano i rischi per la salute.

Cozze Dop, Stg e biologiche

Cozza Scardovari Dop allevamentoAllevamento di Cozza di Scardovari DOP

In Spagna esiste la Denominazione di origine protetta Mexillón de Galicia che risale al 2006. Le cozze sono coltivate nell’area marittima interna delle rías galiziane, nelle province di A Coruña e Pontevedra e nel 2019 ne sono state certificate 56.000 tonnellate, pari al 25% della produzione spagnola.

La specialità tradizionale garantita (STG) Moule de Bouchot è stata ottenuta, in Francia, nel 2013 e garantisce un metodo di produzione tradizionale con specifiche che riguardano i metodi di produzione, depurazione e conservazione. La denominazione STG nel 2019 ha rappresentato il 57% della produzione nazionale (questa percentuale non corrisponde alla produzione francese su bouchot che è più elevata poichè può essere commercializzata anche con altre certificazioni, ad esempio i regimi DOP, biologico e Label Rouge). La Dop Moules de Bouchot de la Baie du Mont Saint-Michell (dal 2011) è invece la prima indicazione geografica nell’ambito del regime francese (Appelation d’Origine Contrôlée – Aoc) ottenuta nel 2006. Le statistiche nazionali hanno stimato la produzione a marchio DOP in circa 10.000 tonnellate, pari al 17% della produzione francese di cozze. La DOP garantisce l’origine geografica della cozza e dà indicazioni su specifiche di qualità come la dimensione, che si traducono in un valore maggiore sul mercato.

Cozza di Scardovari Dop: cosa sapere sull’unica cozza italiana per davvero Cozza di Scardovari Dop: cosa sapere sull’unica cozza italiana per davvero

In Italia la Dop è quella della cozza di Scardovari, prima dop ittica italiana per un mollusco, ottenuta nel 2013. Unica cozza autoctona allevata in Italia a partire da seme italiano, viene prodotta nella Sacca di Scardovari, nelle acque del Parco del Delta del Po. La bassa salinità di queste acque, frutto di incontro tra il principale fiume italiano e il mare Adriatico, dona alla polpa morbidezza, succulenza e dolcezza oltre a un basso contenuto di sodio.

In Irlanda è invece certificata sia la produzione delle cozze di fondo, sia quella delle cozze in corda che hanno ottenuto la certificazione MSC rispettivamente nel 2013 e nel 2019. Va anche detto che l’Irlanda è stata leader nell’allevamento di cozze biologiche (il 35% della produzione irlandese di cozze è biologica, ovvero 5.180 tonnellate), anche se ultimamente la sua produzione sta diminuendo.

Cina e Cile leader mondiali

Allevamento di cozze cinese (Zhejiang Island)Allevamento di cozze cinese (Zhejiang Island)

Come spiega lo studio di Eumofa (European Market Observatory for Fisheries and Aquaculture Products) pubblicato nel novembre 2022 e focalizzato sul mercato delle cozze in Spagna, Francia, Italia e Irlanda emergono dati interessanti (e potremmo dire anche sorprendenti) per noi amanti indiscussi del Made in Italy. Nel 2020 la produzione di cozze a livello globale è stata di 2,2 milioni di tonnellate, prevalentemente ottenute in acquacoltura (97% del totale).

Ma il più grande produttore al mondo di cozze è la Cina che nel 2020 ha fornito il 43% della produzione mondiale, seguita dai Paesi dell’UE-27 e dal Cile rispettivamente con il 20% e il 19%. Tra il 2011 e il 2020 la produzione globale è aumentata del 7% e questo si deve soprattutto grazie agli incrementi registrati proprio da Cina e Cile.

Va anche detto che nel 2020 i 27 Stati membri dell’UE hanno prodotto 430.748 tonnellate di cozze, principalmente da acquacoltura (94% del totale): la produzione di cozze legata alla pesca è presente infatti solo in Danimarca e negli ultimi anni sta diminuendo. Dal 2011 al 2020 è calata anche la produzione nell’UE: la Spagna (che nel 2020 deteneva il 47% della produzione UE) è il principale produttore, seguita nel 2020 da Francia (14% della produzione UE), Italia (12%), Paesi Bassi (8%), Danimarca (7%), Grecia (4%) e Irlanda (3%).

Quello europeo è il principale mercato di sbocco per i mitili spagnoli (90% delle esportazioni in valore). Nel 2021 l’Italia e la Francia sono state le principali destinazioni, rappresentando rispettivamente il 42% e il 32% delle esportazioni in valore. Le esportazioni verso gli altri Stati membri dell’UE hanno riguardato principalmente cozze fresche (54% delle esportazioni in valore) e preparazioni e conserve a base di mitili (33%), mentre le esportazioni extra-UE sono costituite prevalentemente da preparazioni e conserve a base di mitili (84% delle esportazioni in valore) e, in misura minore, da mitili congelati (9%).

Il mercato francese delle cozze dipende invece fortemente dalle importazioni. La Francia importa mediamente 55.000 tonnellate all’anno. Le cozze vengono importate soprattutto fresche (72% nel 2021) dagli altri Paesi dell’UE, soprattutto Spagna, Paesi Bassi e Irlanda e sotto forma di preparazioni e conserve (26%) importate dal Cile.

Con una produzione nazionale di 14.729 tonnellate nel 2020, l’industria dei mitili in Irlanda ha rappresentato, a livello nazionale, il più grande settore dell’acquacoltura in termini di volume e il terzo in termini di valore dopo il salmone e le ostriche. Nel 2021 le esportazioni totali sono state stimate in 9.007 tonnellate per un valore di 17,62 milioni di euro.

L’Italia

L’Italia è il terzo produttore e consumatore dell’Europa. Nel 2020 ha contribuito al 12% della produzione e ha registrato un consumo pro capite di 1,73 kg all’anno. La maggior parte della produzione italiana è destinata al mercato interno che però dipende anche dalle importazioni ed è incentrato principalmente sulle cozze fresche. Tutte le cozze congelate sono importate dal Cile e, in misura minore, da Spagna, Irlanda e Nuova Zelanda.

Tutte le conserve di mitili sono importate dalla Spagna, che fornisce anche grandi quantità di mitili freschi, soprattutto quando, tra ottobre e marzo, i prodotti italiani non sono disponibili. Le cozze fresche prodotte a livello nazionale godono di prezzi più alti rispetto a quelle importate e il prezzo può variare notevolmente da una regione all’altra a seconda della zona di produzione, della qualità del prodotto (contenuto di carne), della stagionalità. Il prezzo più alto si riscontra per le cozze sarde di Arborea, a cui il mercato attribuisce una qualità elevatissima legata alle condizioni ambientali della zona di produzione.

Metodi e tipologie di coltivazione in Europa

Allevamento di cozze in NormandiaAllevamento di cozze in Normandia

In Spagna si trova la cozza mediterranea (Mytilus galloprovincialis) e la maggior parte della sua produzione (il 97% nel 2020) è concentrata in Galizia nella RÍa de Arousa; le altre regioni produttrici sono la Catalogna, l’Andalusia, la Comunità Valenciana e le Baleari. A livello europeo però, la Spagna non è solo il maggiore produttore di cozze (dispone anche di un’importante industria di trasformazione dei mitili): ne è anche il principale consumatore. La produzione avviene con l’impiego di due metodi: la coltura a corde sospese (che è quello predominante) e la coltura di fondo.

La Francia, che è il secondo produttore e consumatore, produce sia cozze atlantiche, sia cozze mediterranee attraverso diversi metodi di produzione, tra cui quello predominante è il bouchot (che nel 2020 copriva l’83% della produzione francese di cozze). Si tratta di pali di rovere o castagno alti tra i 2 e i 6 metri infossati per metà nella sabbia e disposti in file da 50 o 100 metri. Le zone francesi in cui avviene la produzione sono: la Bretagna settentrionale dove (nel 2020) si è concentrato il 45% del prodotto nazionale; la Normandia (19%); Charente Marittima (13%); Bretagna meridionale 9%; costa del Mediterraneo (9%) e regione dei Paesi della Loira (5%).

L’Italia è al terzo posto in termini di produzione e consumo. Nel nostro Paese si parla di mitili (Mytilus galloprovincialis) soprattutto sulle coste adriatiche dove si producono con tre metodi di produzione: la coltura di fondo (tipica delle aree lagunari del delta del Po), il metodo su pali fissi (che è quello più antico, diffuso nelle aree lagunari e zone costiere riparate delle regioni meridionali) e il sistema ora prevalente, che utilizza longline sospese (o filari flottanti) in mare aperto.
Nel 2020 l’Irlanda si è classificata al settimo posto a livello europeo: un mercato relativamente limitato, con un consumo ridotto rispetto agli altri paesi produttori. Qui vengono praticati due metodi di produzione: il sistema della coltivazione in corda (più diffuso) e quello della coltivazione di fondo.

Per le cozze allevate in corda la produzione è concentrata nella zona sud-occidentale, nelle contee di Cork e Kerry, e in misura minore in quella nord-occidentale, da Killary Harbour a Mulroy Bay. La pesca di cozze coltivate sul fondo è invece concentrata in tre baie, Carlingford Lough, Wexford Harbour e Castlemaine Harbour.