Frodi nel miele: come viene contraffatto il terzo prodotto più adulterato al mondo

Il miele è il terzo prodotto più adulterato al mondo, ma quali sono le frodi alimentari più diffuse da cui guardarsi, nel comprarlo?

Frodi nel miele: come viene contraffatto il terzo prodotto più adulterato al mondo

Amiamo il miele, ne vogliamo sempre di più e siamo sempre di più a comprarlo (non lo diciamo noi, ma l’Ismea) e se da un lato ciò dovrebbe avere conseguenze positive sul mercato, dall’altro espone il prodotto a contraffazioni e adulterazioni che causano l’immissione in commercio di miele falso o “corrotto”. Il tema delle frodi, inoltre, si lega indissolubilmente a quello della produzione e qui è necessario allargare lo sguardo al mercato europeo e mondiale, poiché l’andamento globale ha inevitabilmente ricadute sul contesto europeo e su quello nazionale.

Nonostante un paio di stagioni non positive dal punto di vista produttivo, ci sono una serie di paesi – Cina in testa – la cui produzione continua, “sorprendentemente” ad essere altissima. Secondo i dati Copa Cogeca (in pratica il più grande gruppo di rappresentanza agricola europea) dal 2013 le importazioni di miele dalla Cina all’Unione Europea sono costantemente aumentate e ammontano a circa 80.000 tonnellate l’anno. La Cina domina anche il mercato mondiale, rappresentando circa il 50% della produzione. Non solo produzione altissima, dicevamo, ma anche prezzi bassi: nel 2019 infatti il prezzo del miele cinese è sceso fino a 1,24 €/kg. Secondo gli esperti ad un prezzo così basso corrispondono pratiche diffuse e massicce di contraffazione.

Come ci ha spiegato Lucia Piana, esperta in analisi polliniche e melissopalinologiche, il miele è uno dei prodotti su cui le contraffazioni sono più frequenti (secondo la UE è il terzo prodotto più adulterato al mondo) perché è una soluzione di sostanze: se tuttavia fino a qualche anno il costo degli strumenti  e delle operazioni di contraffazioni superava quello della materia prima, negli ultimi anni si è assistito ad un progressivo “raffinamento” delle tecnologie: in pratica è diventato molto conveniente e facile adulterare il prodotto. A ciò si aggiunge il fatto che il miele è una sostanza estremamente complessa, difficile da testare: i test volti a verificare una eventuale contraffazione sono lunghi e costosi e richiedono strumenti e competenze specifiche. Il risultato è che le frodi sono diventate sempre più frequenti e che i consumatori hanno pochi modi per scoprirle e difendersi. Non aiuta, infine, il fatto che UE e Cina diano una definizione diversa di miele: Se per la UE e il Codex Alimentarius si esclude qualsiasi intervento umano nel processo di maturazione e deumidificazione (uno dei punti su cui si verificano le frodi più “sottili”), in Cina la deumidificazione del miele non viene effettuata dalle api ma è il frutto di un processo artificiale, più rapido, meno costoso ma che consente di vendere miele non maturo.

Insomma, il rischio di frodi nel miele è costante, e se vi abbiamo già dato dei riferimenti per riconoscere il miele di qualità, ora entriamo più nello specifico trattando le contraffazioni più frequenti.

Aggiunta di sciroppi zuccherini

Miele

Il miele è composto per circa l’80% di zuccheri (fruttosio e glucosio in quantità maggiori, poi saccarosio ed altre tipologie) seguono acqua (17-18% circa) e proteine, sali minerali. Per avere maggiori margini di guadagno, il miele viene diluito con sciroppi molto economici, i principali dei quali sono quelli prodotti dalla lavorazione di mais, canna e barbabietola da zucchero, riso e lo sciroppo di inulina ad alto fruttosio. Si trovano anche combinazioni e mix disponibili “all’ingrosso”. Oltre al prezzo estremamente basso, il loro utilizzo è legato anche al fatto che hanno un colore piuttosto simile a quello del miele, quindi difficilmente riconoscibile a meno, appunto, di non compiere analisi di laboratorio.

Origine geografica nascosta o mascherata

Miele

Il miele ha una sorta di carta di identità connaturata, un Dna rappresentato dal polline, che permette di conoscere esattamente non solo l’origine botanica della pianta da cui è stato ricavato ma anche la sua origine geografica. Lo strumento attraverso cui è possibile risalire a tale duplice origine è l’analisi pollinica, o meglio la melissopalinologia. Nata come disciplina sul finire del 19° secolo (il primo studio risale al 1895), si afferma nel primo ventennio del ‘900. La metodologia si basa sulla raccolta di un buon numero di campioni (meglio se di anni diversi) del prodotto da studiare e in grado quindi di costituire un modello di riferimento con il quale procedere successivamente ai confronti. Sono tuttavia pochi i laboratori in grado di svolgere un’analisi simile, che è difficile, altamente specializzata e con notevoli difficoltà di standardizzazione. La difficoltà, in particolare, risiede nel fatto che – e qui si innesta la truffa – lo spettro pollinico originario di un miele può essere facilmente modificato nel corso della lavorazione sia mescolandolo con mieli di altre origini sia eliminando il polline presente con un processo di filtrazione industriale. Se il miele subisce comunque un processo di filtraggio per rimuovere eventuali impurità (e non è un filtraggio volto a eliminare le tracce “identitarie” del prodotto), ben diverso è il processo a cui è sottoposto con lo scopo di acquistare un miele e rivenderlo poi millantandone un’origine diversa. La frode arriva a livelli di raffinatezza tale da prevedere anche l’aggiunta successiva di pollini “fasulli”.

All’interno di questa categorie di frode alimentare possiamo far rientrare anche il miele fraudolosamente commercializzato come monoflora e più in generale le denominazioni botaniche scorrette.

Triangolazione commerciale

Approfittando di una legislazione europea non troppo stringente sull’origine dei mieli miscelati, è la frode che consente ad un miele proveniente da un determinato paese di essere rivenduto come proveniente da un paese terzo o anche come locale. Citando Copa CogecaIl mercato europeo del miele è suddiviso in diverse categorie di paesi. Esso include i paesi che esportano gran parte della propria produzione verso altri Stati membri (Ungheria, Bulgaria e Romania). Ci sono inoltre paesi che non esportano la propria produzione, ma che importano il miele da altri Stati membri o paesi terzi, lo confezionano e lo riesportano verso altri Stati membri (Germania, Belgio). Infine, alcuni paesi non solo esportano la propria produzione, ma confezionano e riesportano il miele importato (Spagna, Portogallo e Polonia). Questa complessità dà adito a un’estrema volatilità all’interno del mercato del miele causata dall’alto grado di speculazione” Inoltre “per quanto riguarda la catena di commercializzazione, una volta che l’apicoltore ha raccolto il miele, quest’ultimo può cambiare proprietario fino a tre volte prima di essere acquistato dal consumatore, passando per i confezionatori e gli esportatori di miele sfuso”.

Miele per l’industria venduto come miele

Abbiamo già accennato alla distinzione tra miele destinato al consumo e miele “per l’industria”, precisato nella direttiva 2001/110/CE. La direttiva permette di definire quest’ultimo come “miele che a) è adatto all’uso industriale o come ingrediente in altri prodotti alimentari destinati ad essere successivamente lavorati e che b) può avere un gusto o un odore anomali, avere iniziato un processo di fermentazione,  essere effervescente, essere stato surriscaldato. Si tratta insomma di miele i cui difetti non ne consentono il consumo come “puro”. In cima alla lista dei paesi frodatori c’è ancora una volta la Cina. Molto spesso il miele cinese porta i segni di una fermentazione bloccata prima dell’esportazione e presenta sapore metallico, dovuto al contatto con recipienti non idonei. Un miele simile dovrebbe essere escluso dal consumo e definito come miele da industria: tuttavia la direttiva non definisce criteri specifici per la fermentazione né dà indicazioni precise su valutazione di odori e sapori estranei, quindi di fatto la sua applicazione perde valore e il miele per l’industria viene venduto accanto a quello “normale”.

Nutrizione delle api con sciroppi

Ape da miele

In condizioni particolari (in inverno, nel caso in cui le api non siano riuscite a raccogliere abbastanza miele per la stagione, o durante la stagione di raccolta, se le api sono molto deboli) agli apicoltori è consentito fornire alle api una nutrizione di sostegno. Ciò che invece è scorretto è applicare questa pratica tutto l’anno, nutrendo le api con sciroppi zuccherini che, se permettono di ottenere grandi e costanti quantità di miele, “dopano” le api, alle quali mancheranno tutte le sostanze che accumulano dal nettare. Un miele che deriva da una nutrizione sistematica delle api, inoltre, visto il più alto contenuto di zuccheri è organoletticamente più povero rispetto a quello ottenuto in modo tradizionale e più simile a quello addizionato con sciroppi.

Miele non maturo

Al momento della raccolta del nettare, l’acqua in esso contenuta è elevato. Una parte del lavoro delle api consiste nella riduzione di questa umidità in eccesso. Se tuttavia i favi vengono rimossi prima che le api abbiano svolto il loro lavoro il miele non avrà raggiunto la maturazione necessaria e conterrà più acqua. Invece di aspettare che le api terminino il loro lavoro, quindi, il miele viene asciugato artificialmente in fabbrica, con tempi molto più brevi, senza che la naturale maturazione sia compiuta e consentendo di poter disporre di quantità più elevate per la vendita.

Filtraggio con resine a scambio ionico

Si tratta di una sorta di processo di lavaggio del miele, utilizzato in genere per rimuovere elementi contaminanti (anche antibiotici), schiarirne il colore e cambiarne il sapore. In pratica una sorta di purificazione che annulla le differenze tra i mieli con lo scopo di renderli conformi ai gusti dei consumatori e in linea con la normativa europea sui residui di sostanze contaminanti.

[Fonti: www.informamiele.it; www.vitaminabee.it; www.unaapi.it; copa-cogeca.eu]