I panettoni fatti in casa dai nerd dei lievitati si stanno ritagliando una fetta di mercato

C'è una nuova tendenza nel mercato dei lievitati d'occasione, quello di acquistarli dal panificatore per hobby che li vende sottobanco agli amici. E c'è ben poco di legale in quello che vi stiamo raccontando.

I panettoni fatti in casa dai nerd dei lievitati si stanno ritagliando una fetta di mercato

Post Covid è cambiato il mondo, quello della panificazione casalinga soprattutto. Ma lungi dall’essere una bolla che si è spenta con il ritorno alla normalità, gli amatori dell’arte bianca casalinga, i nerd degli impasti, hanno messo su un business. Mi sono sentita con Gianluca Fonsato, ex tecnico di mulino, che oggi fa soprattutto formazione a privati (un nuovo business) e cura la newletter “Lieviti e Parole”, da sempre mio spacciatore di notizie di prima mano dal mondo dei lievitisti.

Da qualche anno i suoi corsi sui lievitati sono frequentati soprattutto dai nerd degli impasti, che arrivano già con la loro buona dose di consapevolezza sulle farine, che acquistano online dai loro mulini preferiti, e che vogliono cimentarsi con le cose difficili. Quest’anno, per esempio, il corso sul pandoro – il più complesso dei lievitati in laboratorio, figuriamoci con il forno domestico – è già pieno, ancora più di quello del panettone: è una sfida ai massimi livelli, una di quelle cose che ti accendono, se hai una passione vera.

Una volta, mi ha raccontato Gianluca, gli è arrivato un corsista che aveva stampato dall’Internet la ricetta del panettone ai tre cioccolati di Morandin, lo aveva riprodotto in casa, con il forno domestico, ed era uno dei panettoni più buoni mai che avesse mai assaggiato.

L’identikit del business man casalingo

impasto panettone

Il panificatore casalingo non lesina sugli ingredienti perché lo fa “per sé” (in realtà sappiamo tutti che le manie non sono mai ragionevoli). Inoltre non deve far quadrare i conti del food cost, non si deve occupare di packaging , di pagare la manodopera o della distribuzione. Lavora da solo, e, come sempre quando si è freelance, i suoi orari di lavoro sono roba da pre-rivoluzione industriale, tanto è la sua passione. Quello della panificazione non è il suo mestiere principale, ma è il suo hobby, che ha trasformato in un lavoretto saltuario che probabilmente copre a malapena le spese dei prodotti, degli strumenti e dei molti tentativi abortiti che lo hanno portato a raggiungere la sua perfezione.

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Però la novità di questi ultimi anni è che questi panettoni, realizzati in casa, senza il supporto normativo di una IAD, senza nemmeno l’ombra di un HCCP, hanno un mercato. E un mercato sempre più ampio. Mi racconta, sempre il Fonsato di cui sopra, che una sua allieva, nel 2024, ha venduto 60 panettoni realizzati in casa, ne ha anche regalati molti. E posso immaginare quanto si sentano fortunati i destinatari di tale strenna natalizia, visto il prezzo al kg del panettone artigianale.

Questo sottobosco, fatto di vendite clandestine tra colleghi, amici, membri della stessa scuola, ha un impatto irrisorio sul mercato vero, ma permette a molti di acquistare un prodotto artigianale che si situa sotto i 30 euro. Il ruolo dei social è sicuramente fondamentale, oltre che gli amici, i colleghi, i genitori dei compagni dei figli a scuola ci sono anche i follower a cui vendere, solo quelli vicini però, da cui andare di persona, perché queste merci non si spediscono.

Il panettone fatto in casa è migliore di quello del professionista artigiano?

panettone nel forno

C’è anche un altro fattore che non si può non notare: spesso, anche se non sempre, la circuitazione di questi prodotti è “tra gli appassionati” (quindi tra chi ha un’asticella molto alta sulla qualità) oppure tra chi ricerca un prodotto genuino. Bisogna dire che gli “aiutini” tra i lievitisti sono sempre più presenti, e che i cosiddetti miglioratori di impasto, un tempo stigmatizzati come il male supremo, ora cominciano ad apparire spavaldamente nelle sponsorizzate di Instagram, garantendo risultati di alto livello e standardizzati, uniti a un’etichetta pulita. Dall’altro lato, il piccolo panificatore casalingo che nutre amabilmente il suo lievito madre può sembrare il custode di una tradizione antica e di quella sincerità che oggi sembra persa, in un mondo di artigiani sul red carpet.

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Non siamo così ingenui da pensare davvero che il lievitista amatoriale sia sempre e solo un duro e puro e che i suoi prodotti siano migliori e addirittura più genuini di quelli dei professionisti. Non è quasi mai così, ma il fatto che a volte, anche sporadicamente, questo possa accadere è comunque un segnale.

L’altro tema è l’illegalità della faccenda. Esiste una branca della filosofia del diritto che studia quanto le normative più stringenti siano in realtà criminogene. Ed è inutile dire quanto la frammentazione regionale del regolamento delle IAD (Imprese Alimentari domestiche) e la loro, a volte incomprensibile, farraginosità, possano tranquillamente entrare nel novero. Non parliamo poi delle transizioni economiche non tracciate-

Il punto qui però non è se chi vende 60 panettoni agli amici e ai parenti una volta all’anno sia la personificazione del bene o quella del male, il punto è piuttosto domandarsi come mai si è arrivati qui. La risposta è, come sempre, complessa.