La pesca a Chioggia: cos’è, i metodi e com’è la vita a bordo di un peschereccio

Cos'è la pesca a Chioggia, quali metodi la caratterizzano e perché è unica, a partire dal suo Mercato Ittico: ve lo raccontiamo dal peschereccio Nonno Brando.

La pesca a Chioggia: cos’è, i metodi e com’è la vita a bordo di un peschereccio

Per raccontarvi cosa sia la pesca a Chioggia e cos’abbia poi di tanto speciale voglio partire da quaranta chilometri più in là. Da Venezia, a Chioggia si arriva percorrendo la Romea – per la precisione, la strada statale 309 – che collega Mestre a Ravenna e che è citata spesso nelle comunicazioni Anas sul traffico per i banchi di nebbia che in alcuni periodi dell’anno la rendono pericolosa. Percorrendo la striscia di terra compresa tra il Brenta e la laguna, dirigendosi verso sud-est, Chioggia compare al limite meridionale, al termine di un viadotto: quello che si vede, attraversandolo, è difficile da descrivere. La sensazione è quella di essere sospesi sulla laguna, che quando l’acqua è bassa lascia emergere porzioni di barena. Di giorno, la strada trova il suo carattere suggestivo nel fatto che è un avvicinamento progressivo, in cui si ha del tempo per arrivare a destinazione preparati, un po’ come quando si atterra. Di notte, invece, le luci della città e del porto sono le protagoniste assolute e segnano la meta. Meta nella meta, in questo caso, è il Mercato ittico.

Pesca di Chioggia; peschereccioPesca di Chioggia; peschereccio

Per capire lo stretto legame tra Chioggia e l’attività di pesca, e come una città riesca ad identificarsi culturalmente, economicamente e socialmente in un lavoro fatto di mare, laguna e valli da pesca, bisogna raggiungere l’Isola Cantieri, tra i canali Lusenzo e San Domenico, dove si trova appunto il Mercato ittico, che dista poco più di 10 minuti a piedi dalla sede del municipio e dalla Chiesa di Santa Maria Assunta, la principale della città. Ecco perché non basta dire che il Mercato ittico è in centro: il mercato ittico è “il” centro di Chioggia, collocato tra canali e strade asfaltate, regalando un effetto di straniamento a chiunque arrivi qui per la prima volta e che osservi, a poche decine di metri di distanza l’uno dall’altro, pescherecci e automobili, calli e strade asfaltate, in quella che viene forse impropriamente definita “la piccola Venezia”, come se la città trovasse la sua identità solo per differenza, quando invece avrebbe il diritto di rivendicarne una propria, profondamente diversa da quella del capoluogo veneto.

Pesca di Chioggia; peschereccioPesca di Chioggia Pesca di Chioggia Pesca di Chioggia

Il mio appuntamento è fissato alle 3.45 del mattino, all’ingresso del Mercato. Ci si prepara all’asta mattutina del pesce, quella che inizia alle 4: il piazzale antistante è affollato di persone, auto, camion, muletti. Delle due aste quotidiane, quella del mattino è la più suggestiva e quella che si distingue per quantità e varietà di pescato: dura un paio d’ore circa. Quella del pomeriggio inizia alle 15 e dura un’ora. La vendita, all’ingrosso, è rivolta principalmente ai commercianti e ai piccoli o medi produttori: i privati non possono partecipare alle aste ma possono comunque comprare il pesce al termine della compravendita, quando il mercato viene aperto al pubblico. Al momento, comunque, il Covid ha imposto norme che impediscono l’acquisto ai privati.

Se assistere all’asta è sicuramente una delle occasioni migliori per capire la specificità del mercato di Chioggia, è tuttavia solo la parte finale dell’attività di pesca, che rappresenta di fatto – accanto all’indotto – la base economica si cui si regge la vita della città. Ecco perché, da via Giovanni Poli, sede del mercato, dopo aver incontrato il capitano di una delle imbarcazioni dedite alla pesca del pesce azzurro (alici e sardine), percorro una parte della Fondamenta San Domenico, che costeggia uno dei canali interni alla città. Ormeggiato c’è il Nonno Brando, un peschereccio di una trentina di metri di lunghezza e 7 di larghezza.

Quando si pesca (e quanto)

Pesca di Chioggia; peschereccio

I nomi delle imbarcazioni della marineria chioggiotta sono una parte fondamentale della storia, con un’aneddotica a metà strada tra la saga familiare, l’epopea e il temperamento personale o dell’equipaggio. Meriterebbero da soli una narrazione a parte, ma si salpa alle 4, a bordo i componenti dell’equipaggio stanno sistemando gli strumenti di lavoro e indulgere in divagazioni romanticheggianti rischierebbe di ritardare la partenza. Basti sapere che la foto di Brando, padre di 4 figli, tutti pescatori (uno di questi è il capitano del peschereccio su cui siamo imbarcati), e fiero nonno di nipoti di varia età, è appesa nella cabina di pilotaggio, ben sistemata in alto, più alta della postazione del capitano. Sul Nonno Brando, anno di fabbricazione 2005, materiale di fabbricazione acciaio – “perché regge meglio il beccheggio, diversamente dal legno”, mi viene spiegato – valore complessivo 1 milione e 500 mila euro – lavorano 8 uomini. Si pesca 4 giorni a settimana, per un totale di 140 giorni l’anno e compatibilmente con i due periodi di fermo pesca, quello estivo e quello invernale, imposti dalla legge.

Pesca di Chioggia; peschereccioPesca di Chioggia; peschereccioPesca di ChioggiaPesca di Chioggia

Il numero complessivo dei giorni di pesca è uno dei motivi di scontro con l’Unione Europea, che vorrebbe progressivamente scendere prima a 130 nel 2022 e di altri 10 nel 2023, con conseguenze difficilmente sostenibili per chi lavora o ha un’impresa del comparto ittico. Le motivazioni alla base della posizione della UE sono di ordine ambientale e di sostenibilità: in sintesi l’obiettivo è quello di ridurre la plastica (rifiuti in mare) e salvaguardare l’ecosistema, evitando la riduzione del numero e della quantità delle specie ittiche. Trovare un equilibrio non è semplice e più volte nei mesi scorsi la marineria chioggiotta ha manifestato per difendere i posti di lavoro direttamente o indirettamente collegati alla pesca.

Pesca di ChioggiaPesca di ChioggiaPesca di Chioggia; peschereccio

Nei giorni scorsi è stato raggiunto un accordo tra i ministri dell’Agricoltura della UE: in base all’intesa, proseguirà la riduzione dello sforzo di pesca (periodo di fermo) per il comparto dello strascico, che sarà del 6% invece che del 7,5% proposto dalla Commissione. La percentuale potrebbe ulteriormente diminuire, dal 6 al 4%, se gli Stati adotteranno, su base volontaria, misure tecniche per favorire la selettività delle catture.  Ulteriore problematica, quella legata alle chiusure del Mose: quando le barriere sono alzate, le barche che si trovano in porto non possono uscire e quelle che sono in mare non possono rientrare. Le prime perdono la giornata di lavoro, le seconde rischiano di rimanere esposte alle cattive condizioni meteo. Incoraggiante, in questo senso, la conferma dell’inserimento nella legge di Bilancio 2022 dell’estensione della Cisoa (Cassa integrazione salariale operai agricoli) a tutte le categorie del settore della pesca, ovvero ai dipendenti imbarcati, ai soci lavoratori e agli armatori e armatori proprietari delle barche. La copertura “riguarderà i periodi diversi da quelli di sospensione dell’attività lavorativa durante il fermo pesca obbligatorio o non obbligatorio”. Dovrebbero essere comprese, quindi, le giornate di maltempo non altrimenti recuperabili. Resta da capire come verrà scritta la norma, se cioè le chiusure del Mose potranno rientrare nei casi previsti o meno.

Imbarcazioni e tipi di pesca

Pesca di Chioggia; peschereccioPesca di Chioggia; peschereccioPesca di Chioggia; peschereccio

A Chioggia, la tecnica di pesca più utilizzata è lo strascico, praticato attraverso una rete a forma di imbuto o a cono che viene trainata. L’imboccatura della rete viene tenuta aperta con dei galleggianti (in sughero) e dei pesi sul fondo (in piombo). Nel caso di rete a bocca fissa, il supporto è dato da una struttura metallica rigida. Alla fine della rete c’è un sacco, dove viene tenuto il pesce.

Ogni tipo di pesca ha la sua imbarcazione corrispondente. Così le cocce (o paranze), con rete a strascico “di fondo”, hanno l’imboccatura aperta orizzontalmente grazie a due divergenti (in genere tavole di legno o di acciaio) che sono collegati con dei cavi alle braccia laterali. La forma della rete consente l’apertura verticale: aumentando o diminuendo il peso la rete viene trainata più o meno vicina al fondo, per catturare triglie merluzzi, seppie, sogliole.

Ci sono poi i rapidi (o ramponi), con rete a bocca fissa. Qui la bocca è in metallo: nella parte superiore è costituita da una tavola inclinata che serve da depressore, affinché rimanga aderente al fondale, mentre la parte inferiore ha dei denti arcuati che affondano di qualche centimetro. I rapidi vengono impiegato su fondi sabbiosi molli, per catturare, in particolare, pectinidi (canestrelli e capesante) e sogliole.

Pesca di Chioggia; pescherecci

Il Nonno Brando è una volante. Esce a pesca dal lunedì al giovedì: la partenza avviene in genere alle 4 del mattino mentre il rientro varia a seconda della quantità di pescato, delle condizioni del mare e, dettaglio fondamentale, dei tempi di consegna per la vendita. Le volanti, infatti, viste le dimensioni più grandi rispetto alle altre imbarcazioni, vendono direttamente dalla banchina: il pesce viene lavorato e stoccato direttamente a bordo in modo che una volta rientrati dalla battuta, dopo l’apposizione dell’etichetta relativa a tipologia e provenienza, possa essere caricato immediatamente su camion refrigerati per la consegna. L’85% del pescato ha destinazione esterna, Spagna per le alici e Germania per le sardine. Il Nonno Brando non si muove da solo. Ogni volante pesca appunto insieme ad una barca sorella che procede seguendo la stessa rotta. Nel buio uguale del cielo e del mare, il capitano mi indica le luci del secondo peschereccio: discrete, si confondono con quelle che delimitano l’area del canale. Il Nonno Brando non si muove solo con la sua “seconda”, ma pesca insieme ad altre due coppie, per un totale di sei imbarcazioni: lo scopo è quello di unire le forze per garantire un’equa quantità di pescato a tutti. Anche se ogni coppia pesca autonomamente e dopo aver individuato la zona migliore – con differenze minime in termini di distanza da una barca all’altra ma che possono tradursi in un delta di 200-300 casse di pesce – a fine giornata ci si divide il pescato. “Così nessuno resta senza guadagno”, mi spiega il comandante, con una semplicità che tratteggia una collaborazione non scontata. Da Chioggia stiamo procedendo in direzione sud-est verso la costa croata.

Pesca di Chioggia; peschereccio

 

Se d’estate il pesce rimane più vicino alla costa, consentendo uscite più brevi, d’inverno si sposta verso est. Ci fermeremo a circa 13 miglia dalla costa della Croazia: il limite da non oltrepassare è quello delle 12 miglia. La concorrenza croata è, accanto a quella del Porto di Pila (a Porto Tolle in provincia di Rovigo), quella più temuta: la flotta conta 270 imbarcazioni, la pesca si fa con la lampara, di notte. La luce attrae le sardine, facilitando il lavoro. Il risultato è un anticipo sul mercato, che condiziona la vendita ed il prezzo. A Pila invece il numero di barche è inferiore (30, per 15 coppie): il comandante me le mostra su un monitor collegato ad un radar che “traduce” in termini cartografici rotte, posizione delle imbarcazioni, formazioni rocciose del fondale (per esempio le “tegnue”, simili a barriere coralline e dal valore ambientale unico, in cui è proibito pescare). Accanto ad una serie di altri monitor (uno collegato a telecamere di bordo posizionate per controllare ponte e motore, uno che delinea la rotta) e all’ecoscandaglio, compone una strumentazione fondamentale per la pesca e mostra ai non addetti ai lavori un volto probabilmente inatteso del lavoro.

Fino al 1950 la pesca era praticata con attrezzi artigianali: quella a strascico, in particolare, era praticata con barche a vela. In seguito motori, aumento del tonnellaggio e progressiva introduzione di strumenti tecnologici hanno contribuito a trasformare profondamente l’attività. Ciò non significa tuttavia automazione e perdita di professionalità. Il modo migliore per capire come convivano tecnologia ed esperienza è osservare come viene scelta l’area di pesca e come viene utilizzato l’ecoscandaglio.
L’ecoscandaglio è uno strumento che aiuta ad individuare i banchi di pesci. In pratica, mostra come si distribuiscono e a che altezza dal fondale, dettaglio fondamentale per decidere di quanto far calare la rete: una differenza di 50 cm può tradursi in uno scarto tra 100 e 500 cassette, su una media giornaliera di 1000 circa. Come si decide di quanto calare? Vale l’esperienza. Anche la rotta viene impostata sulla base dell’esperienza, combinata al percorso dei giorni precedenti. Resta cruciale la comunicazione tra imbarcazioni: non solo con la seconda componente della coppia, ma anche tra le altre coppie. E’ passata l’alba quando l’ecoscandaglio comincia a mostrare dei piccoli gruppetti di colore giallo: bisogna aspettare ancora un po’. Se di notte il pesce dorme (“le sardine, per esempio dormono in piedi, a metà acqua”), all’alba cominciano a gonfiare la vescica natatoria: è solo con la luce piena però che i pesci cominciano a riunirsi in gruppi consistenti e a rendersi visibili agli strumenti, ed è da quel momento in poi, terminata la fase di ricerca, che si inizia a calare la rete. La barca che ha buttato la rete viene raggiunta dalla seconda, che le sia affianca per ricevere metà della rete, e l’estremità del cavo di traino: i due pescherecci si allontanano – la distanza arriva a circa 300 m, ma anche in questo caso vale l’esperienza – collegati da un cavo d’acciaio e iniziano il traino della rete, capace di raggiungere un’altezza di 7/8 m e una larghezza di circa 15. La durata della fase di calata varia da 45 minuti a un paio d’ore. Ancora una volta, dipende.
“Si salpa”, mi dice il comandante.

Pesca di Chioggia; peschereccioPesca di Chioggia; peschereccio

Da questo momento in poi – dal traino della rete, all’avvicinamento di una barca all’altra, con i due motori che devono essere sincronizzati per garantire stabilità – il sacco diventa l’unico protagonista. Emerge dall’acqua gonfio di pesce: viene guidato, domato, fatto ondeggiare quel tanto che basta affinché, una volta aperto, riempia con il suo carico di alici o sardine le grandi casse posizionate al di sotto. L’operazione si ripete per ogni “taglio” cioè la porzione di sacco. Le alici sono elettricità argentata, uno guizzo continuo, inarrestabile.

Pesca di Chioggia; peschereccio Pesca di Chioggia; peschereccio

Le sardine, più grandi, sono frecce appuntite che virano verso il turchese. Il fondo della barca, rispetto al mattino, è una combinazione di acqua, alici, sardine, pesci, casse più piccole che ospiteranno il pesce dopo la cernita, in parte manuale, in parte automatica, grazie ad una sorta di nastro trasportatore, che romba. In mezzo, ci sono mani al lavoro, guanti, stivali alla coscia, cassette di polistirolo riempite per raggiungere il peso di circa 7 kg, celle da cui esce il ghiaccio, da cui si pesca a colpi di paletta per ricoprire le cassette, che vengono passate di mano in mano per essere sistemate nelle celle frigorifere alla temperatura di 3°-4°. Le etichette vengono stampate a bordo e verranno appiccicate sulle cassette una volta scaricate.
Le alici si vendono a 70 centesimi al kg circa, le sardine a 50 centesimi.

La vita a bordo

Pesca di Chioggia

Capita di frequente che i reportage sulla vita di mare indulgano in narrazioni affascinate e dal fastidioso sentimentalismo. “Mani nodose” e “volti bruciati dal sole”, sono gli stilemi più classici, e il rischio di esaltare il valore del lavoro manuale rispetto quello intellettuale, sottendendo in realtà uno sguardo compassionevole di chi si sente superiore perché scrive, è altissimo. Più che altro, l’errore più grave è quello di non restituire una visione oggettiva, mancando di rispetto a chi, da una parte e dall’altra, lavora. Se l’alba e il tramonto, il mare aperto – calmo – e i gabbiani, insomma, sono bellissimi per chi li viva per una giornata, diventano quotidianità per otto uomini, in tutte le stagioni e le condizioni meteo.

Pesca di ChioggiaPesca di ChioggiaPesca di Chioggia

Il lavoro inizia alle 4 del mattino, per sistemare gli strumenti e macchinari e per fare in modo che le successive fasi di pesca vengano eseguite in modo preciso. Dopo essere salpati dalla banchina, c’è il tempo per un caffè, per riposarsi nelle cabine, posizionate nella parte inferiore del peschereccio. Una volta iniziata la fase di pesca tuttavia, è il pesce a prendere il sopravvento. Il posizionamento dei contenitori sotto il sacco, la selezione manuale o meccanica, per separare tipologie e pezzature, il riempimento delle cassette, l’aggiunta del ghiaccio, la sistemazione nelle celle frigorifere.

Pesca di Chioggia; peschereccioPesca di Chioggia Pesca di ChioggiaPesca di Chioggia

 

Quello a cui si assiste è un meccanismo puntuale, preciso, guidato da automatismi noti e comandi impartiti con gesti, e quasi silenziosi, e termini incomprensibili al di fuori dalla barca. Ci si ferma quando la quantità è soddisfacente, si pranza quando si può. Alle 11 oppure alle 13. Oppure alle 15. Nella cucina c’è spazio per un tavolo, una dispensa e per i piani di lavoro. Si mangia in base alla spesa fatta dal cuoco. Per esempio, linguine con pomodori e seppie, e frittura mista. Acqua, vino, bibite. Ci sono anche biscotti e dolcetti. Ci sono discorsi, racconti, battute.

Al rientro a Chioggia, per qualcuno, una sigaretta in solitaria a prua. Una famiglia? Una squadra.

Un po’ di dati

Pesca di Chioggia; pescherecci

 

Una fotografia aggiornata sulla situazione della marineria chioggiotta è quella ricavabile dall’ultimo report realizzato da Veneto Agricoltura, l’Agenzia regionale per il settore primario. I dati si riferiscono all’ottobre scorso e sono uno strumento utile per capire l’evoluzione del comparto.

Pesca di Chioggia; pescherecci Pesca di Chioggia; pescherecci Pesca di Chioggia; pescherecci

La flotta marittima chioggiotta conta di 220 imbarcazioni, che rappresentano circa un terzo dell’intera flotta del Veneto. Rispetto al 2011 – quando i pescherecci erano 242 – si è assistito ad un calo del 9,1%. Le imprese attive nella produzione ittica primaria sono 457 (329 nella pesca e 128 nell’acquacoltura), anche in questo caso con un lieve calo (-1,7%) rispetto a 10 anni fa: il calo riguarda in particolare le ditte della pesca marittima (-17,8%). Va meglio per le attività impegnate nell’acquacoltura, 128, quasi il doppio rispetto a dieci anni fa. Se si considerano tutte le imprese della filiera ittica, quindi anche quelle che lavorano il pesce e lo commercializzano, il totale sale a 621, con un lieve rialzo dello 0,8% rispetto al 2011. I numeri relativi agli occupati sono quelli che meglio di altri restituiscono una situazione poco rosea: 1.558, con un calo del 14,2%. Complessivamente il distretto, quello ittico di Chioggia e Rovigo, fattura 850 milioni l’anno, impiega 8 mila persone in 3.100 imprese; il Veneto concentra il 92% della produzione italiana di molluschi e raccoglie il 17% del Pil nazionale nel settore della pesca.

Il mercato ittico

Pesca di Chioggia; mercato itticoPesca di Chioggia; mercato ittico

Costruito nel 1960, il Mercato ittico è un edificio di 11.000 mq. Il cuore (5000 mq circa) è il padiglione centrale, ai lati del quale ci sono due grandi piazzali scoperti dove i pescherecci attraccano per lo sbarco del pesce. Nel padiglione trovano spazio la sala asta ed i posteggi di vendita. E’ un mercato misto e si opera per trattativa diretta o asta ad orecchio: la vendita avviene tramite asta (notturna e pomeridiana) e a quanti immaginano di sentire voci disordinate e prezzi urlati a mezz’aria la realtà è invece quella di un sistema dalle articolazioni perfettamente ordinate in cui l’acquisto e la vendita sono molto rapidi, garantendo transazioni dal riscontro immediato, conservazione e stoccaggio del pescato. Le postazioni di vendita sono 14 e ad ognuna corrisponde un commissionario. Il ruolo degli astatori è fondamentale: l’esperienza circa le quotazioni, il tipo di pescato e il prezzo degli altri mercati contribuiscono a raggiungere il difficile equilibrio tra il prezzo corretto per venditore e compratore. Non si deve immaginare un’asta in cui ci sia qualcuno che non conclude l’acquisto; l’asta, compiuta appunto con intelligenza, serve per fissare la quotazione.

Pesca di Chioggia; mercato itticoPesca di Chioggia; mercato ittico

La procedura per l’acquisto e la vendita avvengono per accreditamento. Così, tra i compratori possono essere accreditati i commercianti all’ingrosso, quelli al dettaglio di prodotti ittici, le aziende di trasformazione, le cooperative di consumo, i gestori di alberghi, ristoranti e mense, le società di approvvigionamento e distribuzione a partecipazione pubblica dello Stato, della Regione, delle Province, dei Comuni e loro consorzi. Tra i venditori: i produttori singoli od associati, i commercianti all’ingrosso di prodotti ittici, i commissionari, i mandatari, gli astatori (iscritti ad appositi elenchi), le aziende di trasformazione di prodotti ittici, le cooperative, i consorzi.

Quello che distingue il mercato di Chioggia dagli altri è il fatto che è sia mercato di produzione che di vendita. La produzione, in particolare, è il tratto identitario fondamentale: il pescato arriva dal mare (88%), dalla laguna (7%) e dall’acquacoltura/vallicoltura (5%). Nel corso degli anni, alla commercializzazione di prodotti freschi nazionali, si è affiancata anche quella di specialità dei mercati esteri, sviluppando un commercio basato anche su pesce conservato, congelato e surgelato. Complessivamente il transito totale di pesce è pari a oltre 9 mila tonnellate, di cui quasi 8 locali. La quota più consistente è costituita dal pesce azzurro (sardine e alici), cui seguono molluschi (vongole, fasolari), crostacei, pesce bianco, seppie.