La storia genetica dell’Arabica è stata sequenziata: il nostro caffè preferito si salverà dal clima?

Un'importante scoperta scientifica, ovvero la ricostruzione genetica della specie arabica, potrebbe permetterci di continuare a bere caffè così come oggi lo conosciamo. Al netto degli inevitabili cambiamenti climatici.

La storia genetica dell’Arabica è stata sequenziata: il nostro caffè preferito si salverà dal clima?

Poca caffeina (quindi poco amaro) e profili sensoriali godibili e complessi: sono queste, in estrema sintesi, le peculiarità sensoriali che hanno reso la coffea Arabica una delle specie più coltivate al mondo. Qualitativamente superiori alla Robusta – se coltivate e processare con i sacri crismi ovviamente- ma estremamente fragili, le varietà arabica sono purtroppo seriamente minacciate dai cambiamenti climatici. I segnali sono ormai evidenti, soprattutto ad alcune latitudini, e impattano significativamente su rese e quindi prezzi. E se invertire la tendenza è pura utopia, forse possiamo rallentarne gli effetti, selezionando varietà più produttive e resistenti. È quanto potrebbe avvenire anche grazie ad uno studio sul genoma pubblicato su Nature Communications.

Grazie una tecnologia di sequenziamento di nuova generazione in grado di “leggere i filamenti di DNA fino a centinaia di migliaia di paia di basi (si chiamano basi azotate e compongono i nucleotidi del DNA e dell’RNA ndr) senza interruzioni e con maggiore precisione rispetto alle tecnologie precedenti“, è stato possibile ottenere la più completa ricostruzione mai effettuata dei suoi cromosomi, e quindi ricostruita con grande dettaglio la storia genetica del caffè Arabica. Proprio per questo le informazioni ottenute potrebbero aiutare a sviluppare nuove varietà di caffè più resistenti alle malattie -aspetto su cui i ricercatori stanno lavorando da anni- o con caratteristiche in tazza diverse.

Un lavoro orchestrato dall’azienda biotecnologica IGA Technology Services e dall’Istituto di Genomica Applicata di Udine, con l’importante contributo dell’Università di Udine, dell’Università di Verona e delle aziende Illycaffè e Lavazza Group.

Tutte le arabica sono geneticamente simili, eppure hanno profili sensoriali molto diversi

caffè

 

Michele Morgante, genetista vegetale dell’Università di Udine, tra gli autori dello studio, spiega che le “lettere” contenute nei filamenti di DNA differiscono solo leggermente tra le varietà: “se si osservano le variazioni dei singoli nucleotidi, i livelli sono da 10 a 100 volte inferiori rispetto a quelli di qualsiasi altra specie“, ciò nonostante vi sono variazioni significative nelle caratteristiche fisiche della pianta del caffè arabica, inclusi diversi profili aromatici delle drupe e variazioni nella resistenza alle malattie, afferma il genetista Juan Medrano dell’UC Davis Coffee Center dell’Università della California, Davis: “parliamo sempre di bassa variabilità a livello del DNA, ma c’è variabilità a livello strutturale, a livello cromosomico, a livello delle delezioni e delle inserzioni“.

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Le differenze sensoriali e di altre caratteristiche delle varietà non sono quindi dovute a variazioni nei singoli geni, piuttosto sembrano essere principalmente il risultato di scambi, cancellazioni e riarrangiamenti totali di cromosomi (oltre ovviamente alle caratteristiche pedoclimatiche in cui è cresciuta la pianta, ndr). Lo studio ha trovato prove di significativi riarrangiamenti cromosomici, soprattutto in una varietà di C. arabica chiamata Bourbon.

Perché è una notizia rilevante

Nel 2022-23 sono stati raccolti 10 milioni di tonnellate di caffè, il 56% era arabica. Secondo uno studio pubblicato nel 2019 su Science Advanced da alcuni ricercatori dei Royal Botanical Gardens di Kew, circa il 60% delle 124 specie di piante selvatiche di caffè è vulnerabile o a rischio di estinzione. Tra le specie a rischio anche la nostra amata coffea arabica, quella che appunto consumiamo in purezza o blendata con la robusta.

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Non so voi, ma personalmente l’idea di familiarizzare con il concetto di scarsità ed elitarietà quando si parla della bevanda più consumata al mondo mette non poca ansia. Si stima che nel 2050 le zone dove potrà essere coltivato il caffè saranno soltanto la metà di quelle in cui cresce attualmente, con grosse conseguenze sulla produzione, la disponibilità e i prezzi. Ecco perché conoscere più approfonditamente la genetica della specie può essere uno strumento fondamentale per selezionare caratteristiche favorevoli, piante più resistenti e produttive o con bassi livelli di caffeina. La sfida ora sarà tradurre questa comprensione del genoma in risultati pratici per i coltivatori di caffè.