Marco Stabile: quando allo chef non piace il web e non fa nulla per nasconderlo

Marco Stabile: quando allo chef non piace il web e non fa nulla per nasconderlo

Guerra chef-critici atto secondo. Dopo le dichiarazioni indiscrezioni di Davide Scabin della settimana scorsa, l’altro giorno su Repubblica ci ha pensato Marco Stabile a rincarare la dose. Confessando, in un articolo non accidentalmente titolato “Io, cuoco in trincea assediato dal Web”, di non essere troppo ben disposto nei confronti degli esperti di cucina cibernetici, in realtà improvvisati, che “al massimo considerano creativo un pesce al sale”.

Siamo alle solite: l’istanza democratizzante del web genera mostri e quindi sono tutti, per forza di cose, incompetenti. Non offendetevi/offendiamoci: è la dura realtà, no? Chi saprebbe davvero giudicare un elaborato piatto, pensato e studiato da un grandissimo Chef?

[related_posts]

Ma non siamo polemici, seguiamo meglio cosa ci dice Stabile. Tipo che il Web ha reso possibile un tripudio di opinioni differenti, da ogni parte, di ogni specie. Ormai agli Chef non interessa un bel niente di apparire su uno dei vostri blog da quattro soldi perché:

“in passato ci si emozionava ogni anno per l’uscita delle grandi guide gastronomiche. Vedere il tuo nome stampato lì sopra era una bella gratificazione […] In quegli anni finire su una guida voleva dire farsi conoscere”

e lo Chef aggiunge

“E quel lento passaparola piano piano ti creava il giro”

Già, il passaparola. Quanta nostalgia…

Oggi invece la situazione è diversa. Il passaparola non esiste più e la possibilità di crearsi un circuito di clienti è superata… O sbaglio? D’altronde, il Web non genera alcuno scambio di informazioni, è noto. E nessuno chef interviene mai, a dire la sua, in questi luoghi ameni dove vengono raccontati fatti di cibo, pentole e cucina.

Ah sì, infatti Marco Stabile poi afferma che

“questo continuo bombardamento di informazioni alimenta voci, visibilità, ristoranti che volano nell’Olimpo e poi giù, subito nel nulla. Li chiamano stelle comete”

Alla fine dell’articolo, però, lo Chef aggiunge una personale opinione sul boom della democrazia delle notizie, che pare in contraddizione con quanto sostenuto prima

“Sapete come la penso? Che si parli bene o si parli male, l’importante è che se ne parli”.

Mi sa che l’ho già sentita. A proposito di mediocrità dell’informazione…

Insomma niente di nuovo, ma un dubbio mi assale. Magari mi aiutate a dirimerlo: “si stava così meglio quando si stava peggio?”

Possibile che un cattivo giudizio sia necessariamente figlio della mediocre conoscenza di chi lo produce, solo per essere nato nella rete. Solo a me pare un’ipotesi alquanto assolutoria per chi sta dall’altra parte della barricata?

[Crediti | Link: Disssapore, Repubblica, immagine: Flickr/Gustiamo]