Decrescita infelice: la crisi a tavola è un calvario altro che notiziole estive

Decrescita infelice: la crisi a tavola è un calvario altro che notiziole estive

Ok, mettetevi d’accordo. In Italia con la crisi, la gente mangia peggio o meglio? Risparmia di più o cerca la qualità? Affolla i discount o scopre Eataly? Compra quantità industriali di uova e farina per il “fai da te casalingo” o si mette alla ricerca del ristorante giusto, dove viene sempre più spesso bastonata? Come capita al sottoscritto, visto che, avete voglia a dire Latouche o Pallante,  nelle mie ferie a singhiozzo all’isola d’Elba continuo a impattare ristoranti mediocri e decisamente non a buon mercato.

Troppi temi. Andiamo con ordine. Nelle mie letture da spiaggia scopro prima che la vera qualità sta al McDonald’s (sì, e Giovanardi è un’icona gay) e poi l’Istat che dice il contrario, ovvero che la buona tavola viene sacrificata sull’altare della crisi. Siete confusi? Aspettate i dati della Coldiretti sul crollo dei consumi alimentari.

Un paio di giorni fa l’Ansa riportava i risultati di una ricerca effettuata da Nielsen secondo cui quando gli italiani si siedono a tavola se ne infischiano del portafoglio vuoto e si concentrano sulla genuinità. Soprattutto pare che siamo molto attenti al rispetto dei disciplinari di sicurezza (valore fondamentale per il 67% degli intervistati). La ricerca è stata commissionata da McDonald’s Italia ma solo un eversivo potrebbe pensare che questo è il motivo per cui emerge la grande attenzione alla qualità del colosso del fast food. Si scopre anche che McDonald’s è la prima catena di ristorazione del nostro Paese ad aver ottenuto lo Standard Qualivita a garanzia della trasparenza e della veridicità della comunicazione aziendale su qualità dei prodotti e servizi offerti. Contengo le mie ulteriori opinioni per spirito patriottico. Non vorrei mai fare impennare lo spread e rendere i mercati nervosi.

Che ci dice invece l’Istat? Che le famiglie diminuiscono il loro budget per l’alimentazione e che al Sud dominano gli hard discount, con una quota di mercato cresciuto dell’11,2% nel 2010 e del 13,1% nel 2011. Reggono i panettieri dove il 47,7% continua a comprare. Peccato che la qualità di quest’ultimo crolli vertiginosamente, ma è un rilievo personale. La Lombardia rimane la regione più cara d’Italia (si spendono 1400 euro l’anno in più che in Sicilia).

Che ci dice Coldiretti infine? Che il 50% degli italiani ha diminuito l’acquisto di pietanze pronte e surgelati e prepara in casa pane, pasta, yogurt e conserve. Da qui la crescita record di farina (8%), uova (6%), burro (4%). E abbiamo anche l’orto personale (30% di aumento), o la veranda, quando non la terrazza adibita alla coltivazione di ortaggi. E ora arrivano gli esodati dotati di vanga e attitudine malinconica. Come dargli torto.

Che vi dico io? Che il calvario è evidente e inequivocabile. Attualmente per chi ha un tenore di vita medio, esercitare scelte sofisticate e consapevoli in campo gastronomico significa a tutti gli effetti vivere al di sopra delle proprie possibilità, o immaginarci a tagliare qualsiasi altra spesa fuori da quella alimentare.

Sacrificio mal ripagato dalla proposta gastronomica nella fascia di prezzo medio-bassa (quella che conosco meglio) dove ci si imbatte troppo spesso in errori tecnici di condimenti, cotture e equilibrio tra ingredienti, fighetterie senza senso – se vado in trattoria e mi arriva il piatto di 75cm di diametro con 4 paccheri in mezzo e 2 vongole in croce ho tutto il diritto di lanciartelo sul capocollo – dove il pesce costa tanto e vale poco, i fritti ti si ripropongono per settimane, la pizza è puro materiale edile e dove la bassa qualità del servizio è la cifra dominante.

[Crediti | Link: La Stampa, Ansa, TMNews. Immagine: iStockphoto]