Amadori risponde come può all’inchiesta di Report

Report è entrata in un allevamento in Romagna per un'inchiesta sugli antibiotici mostrando come vengono tenuti gli animali. L'azienda in una nota ha risposto

Amadori risponde come può all’inchiesta di Report

Topi. A decine. Flaconi di antibiotici vuoti abbandonati nei cestini. Un dipendente che urina tranquillo come una Pasqua all’interno dell’allevamento Amadori, in mezzo ai maiali.

Addetti che trattano “malamente” (un eufemismo) gli animali destinati al macello. Tanto sono destinati al macello, che c’importa quindi se esiste un regolamento del cosiddetto benessere animale.

Questo, in poche parole, il riassunto del video trasmesso il 29 maggio su Rai Tre durante Report all’interno di una video-inchiesta di Sabrina Giannini dal titolo “Resistenza passiva” sugli antibiotici somministrati agli animali.

Un giro d’affari quello degli antibiotici che conta la bellezza di 32 miliardi di euro l’anno solo in Italia, per un totale di 30 milioni di animali da allevamento e 1300 tonnellate di antibiotici, uno fra i più alti consumi d’Europa.

Gli antibiotici danno poi vita a batteri resistenti che passando per i nostri piatti finiscono nell’organismo, con le conseguenze che possiamo immaginare per la salute e le difese contro germi e batteri vari.

Amadori Report

Peccato che la Amadori, una delle principali aziende italiane nel settore avicolo, proprio non ci sta ad essere messa così alla berlina.

E alle fin troppo eloquenti immagini di Report ribatte premettendo innanzi tutto che “la troupe si è introdotta illegalmente nella struttura e avvertendo la proprietà solo una volta entrata, utilizzando  così  una  pratica scorretta“.

Un argomento debole di fronte a un video tanto chiaro (specie considerato che la giornalista afferma di aver chiesto invano all’azienda il permesso di accedere agli allevamenti), cui Amadori ha subito aggiunto che le immagini si riferiscono a un allevamento vecchio di sei mesi (!?) oggi completamente ristrutturato.

Inoltre, la porzione di allevamento pare fosse un’area isolata, destinata ad animali che “avevano manifestato dei problemi“, come previsto dalla normativa vigente. Per quanto riguarda i topi, beh, dice l’azienda, quello è un annoso problema che affligge tutti gli allevamenti, nonostante i piani di derattizzazione e i continui controlli della ASL, ma ci stanno lavorando.

E gli antibiotici? “Mai usati in modo preventivo ma solo con intenti curativi prendendoci cura di avviare l’animale al macello solo dopo un adeguato periodo di smaltimento del farmaco stesso“.

E il dipendente? Ah,  beh, quello sì, è stato effettivamente  scorretto, verrà individuato e adeguatamente sanzionato.

Amadori Report

L’azienda cita a propria discolpa anche i risultati del Piano Nazionale Residui (PNR) del ministero della Salute che, sempre secondo Amadori, testimoniano come “nelle produzioni zootecniche italiane non ci sono problemi rilevanti per quanto riguarda residui di antibiotici pericolosi per l’uomo”, e conclude dicendo di essere un’azienda impegnata attivamente nella riduzione degli antibiotici:

Negli ultimi 3 anni ne abbiamo ridotto l’uso nella filiera pollo e tacchino di circa il 50%”.

Una difesa dettagliata volta a smontare pezzo per pezzo le presunte ignominie di Report. Per la Amadori, quindi, tutto regolare,  tutto a norma, tutto trasparente.

Come la pipì del suo dipendente nel bel mezzo dell’allevamento.

[Crediti | Link: Il Post, Il Fatto]