Champagne: comprare piccoli produttori è una moda tutta italiana

Acquistare lo Champagne più giusto per noi può anche dipendere dalla dimensione del produttore: siamo sicuri di sapere davvero cosa vogliamo bere?

Champagne: comprare piccoli produttori è una moda tutta italiana

Ho comprato questo bellissimo Champagne da un piccolissimo produttore che nessuno conosce“. Quante volte vi è capitato di sentire questa frase, cercando qualche chicca, qualche etichetta particolarmente interessante, qualche novità sul vino? A tutti piace fare scoperte fuori dai soliti radar, e valorizzare le piccole realtà è sempre cosa buona e giusta. Ma lo Champagne, si sa, è un mondo a sé, con dinamiche e regole e tecniche del tutto particolari, che non sempre premiano il lavoro del piccolo rispetto a quello della grande maison.

Dipende anche da quello che si cerca: uno Champagne classico e rassicurante o un vino che rimanda a cose nuove, talvolta perfino diverse dallo Champagne? Perché il tema è anche quello: una grande maison, lavorando sull’assemblaggio delle sue riserve, è in grado di garantire un risultato sempre molto simile a se stesso, per migliaia di bottiglie e per tantissimi anni. Il piccolo produttore, invece, lavora con quello che ha, anno dopo anno.

Senza giudizi di valore, l’importante è sapere che si sta parlando di due cose molto diverse. Cosa che in Italia a volte non succede: quella dei piccoli produttori di Champagne pare essere un trend tutto nostro, con delle casistiche che non hanno eguali nel resto del mondo. Se in Europa i piccoli produttori rappresentano l’11% dei volumi, la percentuale sale al 14% quando si mette piede in Italia.

Un trend in crescita, peraltro, come conferma Patrick Spanti, direttore export di Champagne Jacquart, giovane maison di Reims (è nata nel 1964), nata dall’unione di tre viticoltori indipendenti: “Si tratta di un fenomeno nuovo, che risale agli ultimi anni. Il mercato Italiano è caratterizzato da una forte concentrazione di due marchi, che però perdono quote di mercato anno dopo anno“, spiega. I due marchi sono quelli legati al colosso della moda LVMH, e le loro quote di mercato, sempre di più, vengono coperte anche da piccole realtà, oltre che dai produttori di medie dimensioni. Il motivo del successo dei piccoli in Italia è legato a diversi fattori: “Sembrano più autentici e artigianali“, spiega Spanti, “Anche se la maggior parte affida la produzione a cantine sociali che gli servono due o tre tipi di vino standard. Il piccolo produttore, spesso, non ha tutti gli impianti tecnici indispensabili per produrre lo Champagne e ancora meno quelli necessari a fare gli assemblaggi e a garantire una qualità costante anno dopo anno. Offrono però un’esclusiva alle enoteche, che faticano a vendere i grandi marchi presenti anche nella grande distribuzione organizzata, e dunque hanno prezzi e margini più interessanti“.

Come leggere l’etichetta di Champagne

remuage champagne

Facciamo però un passo indietro, perché per capire il mondo dello Champagne – e per capire perché la sua produzione è così diversa da quella degli altri vini – è necessario imparare due nozioni base: quella dell’assemblaggio e la lettura dell’etichetta. L’assemblaggio è l’arte stessa dello Champagne, ciò che permette di costruire, anno dopo anno, un prodotto dall’identità specifica. Un gioco alchemico, che assomiglia un po’ a quello di chi crea i profumi (che infatti sono un’altra specificità francese, tanto che Jacquart ne ha creato uno che racconti il suo Champagne), in cui il mastro cantiniere mescola vitigni, cru, annate per avere il risultato desiderato. Per questo le riserve di cui dispongono le medie e grandi maison sono importanti per garantire il raggiungimento del risultato sperato, indipendentemente dal raccolto di quell’anno. Manca un po’ di freschezza? Via di Chardonnay, magari quello di quell’anno particolarmente adatto. Vogliamo un po’ di personalità in più? Un goccio di Meunier potrebbe aiutare. E via dicendo, si mescola, si misura, si dosa fino ad arrivare ad avere l’equilibrio, la firma, l’identità.

Chi può fare meglio di tutti questa operazione? Difficile dirlo. Per capire però chi lavora in quale modo, è importante imparare a leggere l’etichetta di una bottiglia di Champagne, e in particolare quel codicino che indica la tipologia di produttore che lo realizza. Prima del numero che indica l’immatricolazione professionale, si trovano infatti due lettere, che stanno a indicare la categoria professionale dell’elaboratore. Ed è un dettaglio importante per capire le diverse tipologie di Champagne che si possono acquistare.

Per fare un velocissimo riassunto. RM sta per Récoltant Manipulant: sono coloro che producono “Les Champagnes de Vignerons”, ovvero hanno i loro vigneti, e con le loro uve creano il loro Champagne. Appartengono a questa categoria i piccoli produttori, che fanno prodotti interessanti che in questo momento piacciono moltissimo al mercato italiano. Poi c’è la sigla NM, che sta per Négociant Manipulant: queste sono aziende che acquistano uve (o vino) da terzi e creano e commercializzano il proprio Champagne. Tutte le grandi maison, per intenderci, comprese quelle che vanno fortissimo in Italia e che si trovano anche in grande distribuzione. CM sta per Coopérative de Manipulation: si tratta di cooperative che raccolgono le uve dei vignerons associati e poi creano e commercializzano il loro Champagne, così come accade per la Société de Récoltants (SR), che dà il nome a quelle cooperative in cui i soci appartengono tutti alla stessa famiglia.

UK: il secondo Champagne più venduto è di Aldi (e costa 14 sterline) UK: il secondo Champagne più venduto è di Aldi (e costa 14 sterline)

I Récoltant Coopérateur (RC) sono i soci della cooperativa che ricevono un numero di bottiglie e le commercializzano con il loro marchio,  mentre il Négociant Distributeur (ND) è chi acquista direttamente le bottiglie di Champagne pronte per rivenderle con il proprio marchio. Infine ci sono i Marque d’Acheteur (MA), aziende che fanno produrre le loro bottiglie da terzi per poi commercializzarle, come accade ad esempio ad alcune etichette della grande distribuzione.

Piccole, medie e grandi maison: che differenza c’è?

champagne pupitre

Dunque, semplificando un po’, potremmo provare a dividere il mondo dello Champagne in tre grandi categorie di produttori. I grandi (NM) i medi (CM) e i piccoli (RM). Una convivenza necessaria, non solo per dare diversità al mondo dello Champagne, ma anche perché ognuno fa una parte importante del lavoro di questa gigantesca macchina dell’eccellenza. “I piccoli produttori stanno permettendo al pubblico italiano di scoprire la varietà degli stili dello Champagne“, prosegue Patrick Spanti. “Ma talvolta si può restare delusi dalla qualità. Un’azienda molto piccola dipende dal suo vigneto: avrà uno stile particolare, certamente, ma anche una qualità poco costante. Un’azienda più grande deve avere uno stile più neutro, per piacere a un pubblico di larga scala. Un’azienda media come la nostra (produciamo due milioni di bottiglie attingendo a un vigneto molto ampio di 1200 ettari) può avere uno stile personale, con una distribuzione meno legata ai volumi e alle quote di mercato, e ha una costanza garantita dagli approvvigionamenti“.

Certo, ognuno tira acqua (o Champagne) al suo mulino, ma il tema è la diversità di problematiche che incontrano i diversi produttori di Champagne, a seconda delle loro dimensioni e della categoria di cui fanno parte. Il punto è che là fuori c’è un (ottimo) Champagne per ognuno di noi, sia che siamo alla ricerca di un prodotto di nicchia, sia che vogliamo bere qualcosa di riconoscibile nel tempo: basta capire che cos’è che si sta cercando.