Oltre ad essere il mese delle World Series di baseball, ottobre è anche il mese della presentazione delle due maggiori guide dei vini italiane: Vini d’Italia del Gambero Rosso e Slow Wine di Slow Food. Vini d’Italia è stata presentata a Roma, alla Nuvola di Fuksas il 12 ottobre, mentre Slow Wine ha optato per il 18 ottobre al Superstudio Maxi di Milano, rispettando gli ‘obblighi’ di prossimità verso le rispettive sedi. A tal proposito, potremmo soprassedere sul fatto che in data odierna, lunedì 20 ottobre, vengono contemporaneamente presentate Osterie d’Italia (la principale guida di Slow Food) e Ristoranti d’Italia, quella ai ristoranti del Gambero Rosso? Potremmo fingere di non averlo notato.
Ma torniamo al vino. Benché ogni presentazione sia comprensibilmente organizzata per darsi delle pacche sulle spalle per l’eccellente lavoro svolto, si riescono sempre a cogliere degli spunti di riflessione che evidenziano perché le due guide sono, ad oggi e con buona pace delle altre, le due facce della medaglia del vino italiano.
Com’è Vini d’Italia 2026 del Gambero Rosso
Cominciamo con Vini d’Italia del Gambero Rosso, che anno dopo anno inanella numeri sempre più vertiginosi: quest’anno la guida recita 2605 cantine giudicate e 24315 vini, e questi sono quelli che compaiono nel tomo. A un certo punto della presentazione i curatori della guida Giuseppe Carrus e Marco Sabellico hanno parlato di “un milione di assaggi”; una cifra roboante che, nonostante siano oltre settanta i degustatori della guida, come commentò Mark Twain riguardo le notizie sulla propria presunta dipartita noi troviamo “grossolanamente esagerata”.
Certamente il Gambero sta lentamente allargando il campo visivo, andando a considerare anche cantine dall’approccio più naturale, o meno interventista se preferite. Ci ha stupito, in effetti, vedere premiate per la prima volta con i Tre Bicchieri ben quattro cantine laziali (regione di chi vi scrive, portate pazienza), tre delle quali in regime biologico certificato. Ci piacerebbe pensare che la nostra analisi dello scorso anno possa fregiarsi di qualche merito, ma ritornerebbe alla carica il pensiero di Twain. Oltretutto, chi veniva sempre premiato è stato anche quest’anno invariabilmente premiato: un rassicurante colpo al cerchio e uno alla botte.
Slow Wine 2026, com’è la nuova guida ai vini di Slow Food
Slow Wine invece prosegue con coerenza nel suo voler essere un manifesto oltre che una guida al vino “buono, pulito e giusto”. Il curatore Giancarlo Gariglio, nel suo delineare la difficile situazione che il vino sta vivendo, ha introdotto un’interessante novità all’interno della guida: la grammatura del vetro delle bottiglie per tutti i vini recensiti.
Novità sospinta dalla proposta di Slow Wine ai produttori di ridurre il peso medio delle loro bottiglie a meno di 450 g l’una (ad oggi, sulla base di un’autocertificazione delle cantine, di tutti i vini fermi recensiti da Slow Wine solo il 41% è imbottigliato in vetro pesante meno di 450 g, con un notevole 11% che supera i 600 g).
Da un po’ di tempo si sta puntando l’obiettivo sulla riduzione del peso delle bottiglie e, benché ci sia ancora tanta gente che per automatismo reputi più buono un vino che sia imbottigliato dentro 3 kg di vetro, l’impatto ambientale derivante dall’alleggerimento delle bottiglie non è affatto trascurabile. L’argomento è stato toccato anche dal Gambero Rosso, con l’azienda partner Zignago Vetro che presentava la sua linea MoreLite Collection. Tuttavia, pur non disponendo di dati come quelli di Slow Wine, l’esperienza diretta non ci permette ci collocare molte cantine premiate dal Gambero tra quelle virtuose.
Tornando a Slow Wine, 2016 sono le cantine e 7972 i vini recensiti dai 250 collaboratori. Numeri minori rispetto al Gambero, ma con la particolarità che Slow Wine fa visita a tutte le cantine recensite (e, va detto, anche a quelle che in guida non entrano), escludendo a priori le aziende che praticano diserbo chimico. Un enorme differenza, in virtù del fatto che Slow Wine tende più a dare un premio alla cantina che non puramente al vino prodotto.
Slow Wine e Vini d’Italia a confronto
Le due guide si indirizzano automaticamente verso due tipologie diverse di fruitore, componenti l’intero panorama degli enofili italiani (e giova ricordare che costoro rappresentano solo una minuscola percentuale dei consumatori di vino): chi mette davanti a tutto la tematica ambientale, accettando magari una maggior variabililtà del gusto del vino, e chi invece preferisce essere rassicurato su una modesta variabilità del gusto generale anno via anno, cosa che il Gambero Rosso può certamente garantire meglio di Slow Wine.
Volendo sommariamente andare per fasce di età, si può dire che Slow Wine abbia da sempre maggior presa su un pubblico più giovane e attento anche a ciò che sta fuori dalla bottiglia. Tuttavia, come abbiamo visto, il Gambero non resta monoliticamente a guardare, cercando di inserirsi in un solco più attuale evitando scossoni bruschi.
A tal proposito, vale la pena citare un momento emozionante della presentazione della guida del Gambero: la premiazione di Davide Zoppi e Giuseppe Luciano Aieta di Ca’ du Ferrà come Giovani Produttori dell’anno. I più attenti ricorderanno questi due ragazzi, raccontati qui poco tempo fa per un fattaccio loro accaduto. Sul palco di Roma Davide Zoppi ha letto un lungo comunicato di ringraziamento, cogliendo l’occasione per denunciare ancora una volta il pessimo clima che non si limita alla loro comunità. Oltre cinque minuti di discorso, che hanno fatto rumoreggiare qualche produttore al mio fianco, il quale magari non gradiva ascoltare parole su tematiche sociali (e viene automatico domandarci “chissà perché”), ma che sono state accolte da Carrus e Sabellico in rispettoso silenzio, senza richieste di stringere perché potevano rovinare l’atmosfera di festa. Il rispetto e l’accoglienza riservata a tematiche più impegnative del semplice applauso agli amici produttori potranno fornire a quella del Gambero un più ampio significato del termine ‘guida’.