La birra fa bene a Report, o almeno quella artigianale

Il servizio di Report sulla birra artigianale ci ha restituito un quadro all'altezza del servizio pubblico. Rai 3 ha centrato perfettamente il punto.

La birra fa bene a Report, o almeno quella artigianale

Gli appassionati di birra artigianale italiana potranno tirare un sospiro di sollievo: al prodotto protagonista della più recenti rivoluzione artigianale Report non ha riservato il trattamento subito invece dal mondo del vino, che ha attirato alla redazione del programma domenicale di Rai 3 aspre critiche da chiunque avesse un minimo di competenza nel settore.

Un ampio riassunto, più che una vera e propria inchiesta, che ha raccontato a grandi linee quasi 40 anni di storia della scena, con un Bernardo Iovene che si è lasciato trascinare divertito tra fermentazioni spontanee e passaggi in botte, con qualche inevitabile punzecchiatura soprattutto nei confronti dell’industria, a cui sono stati dedicati i passaggi più spinosi.

Facce conosciute

report birra colonna

Il merito della bontà dell’operazione va soprattutto nell’aver saputo scegliere interlocutori all’altezza della situazione. Nessun “Francesco Grossi esperto di vino” (sconosciuto personaggio dall’autorevolezza dubbia interpellato su questioni enologiche) ma una carrellata di facce conosciute per i beer geeks dello stivale.

C’è Lorenzo Dabove, in arte Kuaska, primo animatore del nostro movimento artigianale, Luigi “Schigi” d’Amelio, fresco di nuova avventura birraria che ha prestato la sua verve degustativa alla causa, assaggiando lager industriali a cui non risparmia descrittori come “cimice” o “cerotto salvelox”.

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Non poteva mancare un salto a Roma, culla della cultura birraria italiana, dove Iovene ci ha regalato un Manuele Colonna da antologia: il fondatore del “Ma che siete venuti a fa”, da sempre tempio della birra artigianale a livello internazionale, ha accompagnato il giornalista di Report, insieme al Direttore del Consorzio Birra Italiana Carlo Schizzerotto, in uno spericolato assaggio industriale da cui emerge un vincitore senza mezzi termini “a Peroni è sempre a Peroni”.

L’affondo all’industria

birra ichnusa

Meno esplorativo e più ficcante l’approccio verso i grandi produttori, toccando temi importanti sui cui il comparto si è sempre ampiamente speso: per primo quello dei marchi “italiani” che italiani non sono, come ad esempio Birra Messina e Ichnusa, di proprietà del gruppo Heineken.

Ma il passaggio che farà più parlare è sicuramente quello sul birrificio di Assemini, in provincia di Cagliari, sito produttivo proprio di Ichnusa, dove la presenza di una vicina azienda di fluoro ha inquinato la falda acquifera.

Secondo la comunicazione di Heineken è tutto in regola, l’acqua viene filtrata per osmosi inversa rimuovendo l’elemento chimico, ma analisi indipendenti, svolte fuori regione, ne rivelano una presenza ben oltre i livelli consentiti nella birra: per la multinazionale i risultati sono falsati proprio perché fatti sul prodotto finito e non sulla falda, in un sostanziale pareggio in cui Sigfrido Ranucci lamenta, giustamente, scarsa trasparenza dall’ASL locale. La sensazione è che non sia finita qui.

I traditori

E anche nel momento in cui il mondo artigianale e quello industriale si contaminano, i grandi gruppi non ne escono affatto bene. È quello che emerge dalla stagione delle acquisizioni, in cui birrifici artigianali come Birra del Borgo, Hibu e Birradamare si sono macchiati del crimine più grave, quello di “tradire” la scena vendendo le loro creature a delle multinazionali.

Storie non finite bene, con progetti abbandonati in nome della razionalizzazione produttiva propria delle multinazionali, che hanno dimostrato di non essere in grado di gestire le realtà artigianali, come chiusure e ulteriori vendite confermano.

E se la vera colpa della birra artigianale italiana, secondo Iovene, è quella di non essere stata in grado di comunicare efficacemente la propria qualità e i propri riconoscimenti ad un pubblico più ampio e non essere mai veramente uscita dalla nicchia, forse questo servizio di Report è la più importante vetrina che il movimento abbia avuto: chissà se stavolta si riuscirà ad approfittarne.