10 trend sul vino random: ovvero, il giornalismo da comunicato

Vegano, organico, alla cannnabis, in lattina: il vino che ci berremo domani (davvero?) in 10 trend che non potete non aver letto, e perché li avete letti.

10 trend sul vino random: ovvero, il giornalismo da comunicato

Volete solo vini organici (non biologici, organici), preferibilmente rosati e non vedete l’ora che il vino alla cannabis e quello in lattina arrivino all’Esselunga, perché davvero, in Italia, il terroir in latta non potrà che essere un successone. Lo sapevate? Beh, sappiatelo, perché le tendenze enologiche, i 10 trend del vino che fatidicamente berremo nel prossimo futuro (ma che dico, domani) sono la notizia del giorno.

Riportati all’unisono dalla stampa di settore, in 48 ore hanno fatto il giro del web, dalle agenzie ai colleghi dei webzine gastronomici, dai siti specializzati a quelli generalisti: pubblicati da tutti purché, in questo week-end uggioso, si pubblicasse qualcosa. O forse perché presi sul serio.

Sta di fatto che, in un week-end apparentemente innocuo, il web è stato contagiato dalla “Wine mania“, che poi è il nome dell’indagine di un’agenzia di comunicazione – la Espresso Communication di Milano -commissionata da Vitavigor, marchio di grissini da oggi noto: ecco due aziende che hanno vinto un terno al lotto diramando un comunicato. Argomento a piacere: 10 trend vinicoli, frutto di una ricerca che ha coinvolto 40 esperti del settore, sommelier e wine blogger non meglio specificati.

Ora, la preziosissima ricerca, stando a quanto si legge (dove? ovunque!), pare un gran minestrone: tendenze sul vino che ci berremo evinte da notizie più o meno recenti (è vero, il colosso britannico Marks&Spencer ha annunciato che dal 2020 venderà solo vini vegani, ma desidereremo per questo vini vegani?), copia-incolla di cose dette, ridette e mai veramente riscontrate nella realtà (sul serio ordinate vini rosati al ristorante?), ipotesi difficilmente futuribili per il mercato italiano, come la faccenda del vino in lattina, approvato niente popodimeno che dal 28% dei millenial americani. Madonci.

Immaginatevi se, in un Paese in cui la birra artigianale fatica a prendere le distanze dall’infelice immagine della lager da discount in lattina, potrebbe mai avere un buon mercato o addirittura diventare tendenza la lattina di vino. Il nostro, italianissimo, vino. In lattina. Forse il Ronco, il Fragolino, il Tavernello. Ma noi, come dice “Wine mania”, siamo troppo hypster per questi discorsi. Noi beviamo solo vini organici.

I 10 trend di tutti i trend del vino che ci berremo sicuramente

Li riportiamo di seguito, in caso negli ultimi due giorni siate stati su Marte.

  • Vini vegani: quindi vini cruelty free;
  • Vini rosati: quelli che storicamente associamo all’alcolismo e da qualche tempo al Prosecco che si vende a Londra; nella subcultura dei saputi del vino ordinare un rosato a ragion veduta fa figo, quindi vedete voi chi avete davanti;
  • Vini low ABV: i vini dal basso tenore alcolico (tra i 6 e gli 8,5 gradi), i “preferiti dai giovanissimi”, che si sa sono più accorti delle vecchie generazioni. Qualcuno dica ai millenial che per la legge italiana sotto i 9 grani non è vino, salvo alcune eccezioni;
  • Vini organici: scrivere “biologici” pareva brutto;
  • Bring Your Own Bottle: sarebbe a dire “portarsi il vino da casa”, si arriva al ristorante brandendo la propria bottiglia, sperando che l’oste non la prenda sul personale facendoci pagare 20 euro a testa di diritto di tappo;
  • Vini alla cannabis: ovvero quelli che hanno la cannabis tra gli ingredienti (e quindi per legge non possono chiamarsi vini, ma va beh). Considerando le paturnie legali che stanno attraversando i produttori del vermouth Hempatico, una delle poche bevande alcoliche realizzate con canapa su suolo italiano, è difficile credere che i “vini alla cannabis” diventeranno un trend prossimamente;
  • Vini i lattina, certamente;
  • Riesling, e non si sbaglia mai;
  • Vini arancioni: cioè gli “orange wine”, bianchi prodotti come rossi, per semplificare;
  • Cabernet Franc.

Il punto della questione, in realtà, non è quante e quali tra queste sedicenti tendenze siano credibili, e nemmeno quanti soldi in pubbli-redazionali abbiano risparmiato le sopracitate aziende con un testo inviato a una ventina di indirizzi postali, bensì domandarsi fino a che punto possa spingersi il giornalismo da comunicato. Siamo così poveri di idee o peggio, di spirito critico, da pubblicare i 10 trend del vino come ci sono stati mandati da un produttore di grissini, senza chiederci chi siano ‘sti 40 esperti chiamati in causa, senza mettere in dubbio alcunché, senza un’osservazione banale qualunque? Chessò, qualcuno dica che i vini biologici e i vini naturali non sono la stessa cosa, qualcuno scriva “E allora il Beaujolais?!”.

Niente, alle aziende basta mandare una mail ben elucubrata, su un tema popolare, e la pubblicazione sulle maggiori testate, con (doverosa) citazione, è assicurata. Tale e quale.

Sia chiaro, imboccare i giornalisti è un lavoro che bisogna saper fare. Si pensi a Deliveroo, che ogni tre per due redige statistiche interne, talvolta interessanti, sul cibo a domicilio; pane per i loro denti, però.

Qui invece siamo di fronte a un caso di studio. Bravi quelli dell’Espresso Communication, insomma, a modo loro: a conti fatti, c’è da chiedersi se l’oggetto della loro indagine non sia la stampa gastronomica.

“Abbiamo inviato un comunicato scritto in 20 minuti e 15 testate di settore lo hanno preso alla lettera: la nostra indagine”: aspettiamo questa mail, anche perché domani non sapremo cosa pubblicare.