Jock Zonfrillo è morto: ha rivalutato la cucina aborigena australiana

Breve biografia di Jock Zonfrillo, morto prematuramente ma non senza aver lasciato il segno nella gastronomia, avendo dato lustro alla cucina aborigena australiana.

Jock Zonfrillo è morto: ha rivalutato la cucina aborigena australiana

Era il volto della cucina aborigena australiana. Jock Zonfrillo, conosciuto ai più come giudice di Masterchef Australia dal 2019, è morto domenica a Melbourne lasciando moglie e quattro figli. Ancora sconosciute le cause del decesso di questo chef nato a Glasgow nel 1976 da padre napoletano e madre scozzese che, dopo alcuni anni di carriera nel Regno unito, scelse l’Australia come sua dimora.

Chi è stato Jock Zonfrillo

Zonfrillo iniziò la sua carriera a Londra lavorando da Marco Pierre White per poi trasferirsi a Kent nella cucina di David Cavlier nello stellato Chapter One. Fu durante un anno sabbatico trascorso a Sydney che però entrò in contatto con la cultura aborigena e questo passaggio divenne per lui la chiave di svolta nella sua carriera. Rientrato nel Regno Unito per lavorare nel ristorante tre stelle Aubergine di Gordon Ramsay, quindi al Marco Pierre White’s Les Saveurs e al The Pharmacy di Damien Hirst dovette aspettare il 2000 prima di avere la possibilità di tornare in Australia e di guidare il 41 di Sydney.

Dopo aver studiato a lungo gli ingredienti e la cultura indigena, nel 2013 si trasferì ad Adelaide dove aprì il suo ristorante Orana, chiuso nel 2020 a causa della pandemia, in cui indagò profondamente gli aspetti legati alla cultura alimentare aborigena. Nel 2016 fondò la Fondazione Orana per valorizzare e far conoscere gli ingredienti locali attraverso la realizzazione di un grande database dedicato al cibo indigeno in collaborazione con la popolazione aborigena: per il suo lavoro vocato al recupero della cultura locale attraverso il legame con la terra ottenne il Basque Culinary World Prize nel 2018.

Da Massimo Bottura vince la cucina aborigena di Jock Zonfrillo Da Massimo Bottura vince la cucina aborigena di Jock Zonfrillo

Nel 2018 tenne a Care’s, l’evento dedicato alla montagna e alla sostenibilità voluto dal tre stelle Norbert Niederkofler in Alta Badia, una masterclass incentrata proprio sul cibo aborigeno in cui raccontò che gli anni di ricerca e di dialogo con i nativi lo portarono a utilizzare più di 60 ingredienti tradizionali aborigeni tra cui vegetali, verdure e radici facendo sua l’idea primitiva di guarire e di essere guarito dalla terra stessa restituendole più di quanto abbia donato.

“Essere chef significa restituire”

Questo il pensiero di Zonfrillo espresso nel volume Lessons from lockdown, Cooking after Covid realizzato per volere dello chef Jp McMahon, fondatore del congresso di cucina irlandese Food on the Edge a cui aveva partecipato nel 2016: “Gli chef sono persone strane: siamo guidati dalla creatività e dalla scoperta, dalla perfezione, dall’interpretazione e dalla perseveranza. Ma c’è anche il lato oscuro di ciò che è ossessivo e tormentoso, in cui ti perdi i momenti della vita di coloro a cui tieni perché sei a lavorare. I ristoranti non riposano né dormono mai e quindi nemmeno tu.

Dopo più di trent’anni nelle cucine, ho quarantaquattro anni e sono considerato un dinosauro nel settore. Penso che tutto cambierà in futuro: per qualche ragione la cucina è diventata “un gioco da giovani” che esclude così tanto talento, esperienza e conoscenza prima che abbia la possibilità di essere condivisa. Siamo alla fine del 2020 e mi chiedo: Perché? Come è successo? È sicuramente un momento in cui i social media sono diventati più importanti dell’apprendimento del mestiere (e non in modo positivo) e hanno permesso a tutti noi di connetterci a livello globale, generando involontariamente una generazione di chef molto più preoccupati di quanti follower e mi piace hanno, piuttosto che di come guidare una squadra e avere un impatto nel settore.

Come chef, rinunci a così tanto della tua vita che per rendere questa carriera utile e gratificante devi avere dei momenti salienti capaci di farti guardare indietro e pensare che ne sia valsa la pena. Avere un certo numero di follower e like, vincere premi, essere nelle liste è sufficiente per giustificare tutto ciò a cui hai rinunciato? Devi concentrarti sull’impatto all’interno del tuo team, della tua comunità o del tuo settore: quell’impatto è in realtà un’impressione duratura o un’impronta che puoi lasciare sui percorsi delle persone per il futuro. Con questo lavoro potrai spostarti dall’altra parte del mondo e se questo è il percorso che intraprendi, ed è il percorso che ho intrapreso io, mostra gratitudine e comprensione, guarda alla cultura in cui vivi ora e chiediti come puoi restituire più di quanto prendi”.