Da Massimo Bottura vince la cucina aborigena di Jock Zonfrillo

Da Massimo Bottura vince la cucina aborigena di Jock Zonfrillo

Detestiamo parlare di convegni almeno quanto voi detestate leggere di convegni. Quindi, cari lettori, patti chiari e amicizia lunga: quello che state per leggere non è il report del Basque Culinary Prize 2018, per la prima volta in Italia, ospitato il 24 luglio da Massimo Bottura, al Collegio San Carlo di Modena.

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Si tratta, in caso non lo conosciate, di un riconoscimento assegnato dal governo basco, nato 10 anni fa per premiare lo chef che cambia la società con la gastronomia. Il vincitore, scelto dai migliori cuochi del pianeta, incarna i valori del cuoco di domani, attento alla sostenibilità, all’imprenditoria sociale e all’innovazione. Come a dire che se questi chef devono diventare tanto celebri, almeno diano il buon esempio.

Lo fa, sicuramente, Jock Zonfrillo, Russel Crowe della cucina aborigena. Scozzese di origini italiane residente in Australia, valorizza ingredienti autoctoni nella cucina del suo ristorante Orana, ad Adelaide.

In questo caso “autoctono” non è detto tanto per dire: Zonfrillo negli ultimi 17 anni ha censito circa 12.000 ingredienti locali, lavorando a stretto contatto con le comunità indigene, mettendole in connessione tra loro e creando un database di alimenti che presto sarà online.

Il Basque se lo è portato a casa lui (insieme ai 100.000 euro del premio), tra dieci pretendenti altrettanto valorosi, dopo il simposio lungo un giorno che in fin dei conti è il Basque Culinary Prize: una sorta di TEDx della gastronomia. Ovvero: luminari a vario titolo, diventati punti di riferimento nel cibo per vie non ortodosse, vengono chiamati a parlare. Parlano di fronte agli chef (c’erano tutti, ho visto perfino Cracco appoggiato al muro, ché la sala era piena) che per una volta assistono allo spettacolo di qualcun altro.

Bottura a parte, unico chef a parlare: si è esibito in mirabolanti parallelismi tra i suoi piatti e l’arte a cui sono ispirati. Tipo “Omaggio a Thelonius Monk”, che prende il nome del pianista e compositore ma l’idea da Glenn Ligon, l’artista concettuale che per esprimere le condizioni di vita nei ghetti del mondo ha scritto poesie poi coperte di inchiostro nero. Per riuscire leggerle, bisogna mettersi di lato: adattarsi per capire.

Ancor più carismatico JR, fotostar francese, che nei mesi scorsi ha messo a punto un’installazione, pensate un po’, sul muro che separa gli Stati Uniti dal Messico: la gigantografia di un bimbo, che pare impegnato ad affacciarsi. “E’ il figlio di una donna messicana che ho conosciuto lì. Stavo parlando con lei, quando sono stato ispirato dal bambino, che giocava. Chissà cosa ne pensa, lui, di quel muro”.

E il cibo che c’entra? C’entra, perché ha unito, come solo il cibo sa fare, le due popolazioni: si è costruita sotto l’opera una lunghissima tavolata che, seppur simbolicamente, attraversava il confine. E ci si scambiavano tacos e hamburgher, anche se non si può (già).

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Nel suo intervento la designer Ilse Crawford, che ha contribuito alla nascita del Refettorio aperto di recente a Londra da Massimo Bottura, ha spiegato come si rende confortevole una mensa per poveri, con tanto di area relax.

Lara Gilmore, anima dell’Osteria Francescana nonché moglie di Bottura, ha aggiunto che “I Refettori voluti da suo marito rispecchiano l’idea di ristorante contemporaneo, nel concetto dei piatti come nell’ospitalità. La bellezza può essere una rinuncia enorme”.

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Gli altri interventi del Basque Culinary Prize in versione modenese saranno presto online sul sito del premio: ci sono David Gelb, creatore e regista della serie Chef’s Table di Netflix, che parla di sushi (ha anche diretto “Jiro e l’arte del sushi”, con Jirō Ono, leggendario chef giapponese maestro di sushi). E anche Ruth Reichl, icona della critica gastronomica americana, che ha rinunciato al suo intervento per un commosso omaggio a Jonathan Gold, suo collega scomparso qualche giorno fa.