Massimo Bottura: il corto dedicato a La Lepre nel Bosco, spiegato dal regista

Massimo Bottura: il corto dedicato a La Lepre nel Bosco, spiegato dal regista

Un piatto che è un’opera d’arte. Se lo sarà sentito ripetere chissà quante volte Massimo Bottura, chef numero uno al mondo (per la 50 Best Restaurants), tanto da far credere persino a noi criticoni che la cucina possa essere considerata arte (?!). Ecco che uno dei suoi piatti più famosi, La Lepre nel Bosco, si è trasformato in un corto, o meglio, in un’installazione multidimensionale, prendendo vita sullo schermo in un video sperimentale di grande impatto emotivo.

A realizzarlo è il giovane regista maremmano Andrea Marini, che decide di prendere un piatto iconico dello chef e di farne un’opera d’arte visiva, che – almeno così spera il suo autore – un giorno finirà in un contesto di proiezione museale.

Per questo progetto Andrea sceglie forse la più artistica delle creazioni culinarie dello chef, quel Camouflage (sottotitolo: una lepre nel bosco) che lo stesso Bottura racconta più volte essere stato ispirato dalle riflessioni di Gertrude Stein su Picasso.

Mai scelta si rivelò più giusta: l’arte che si fa arte, in un percorso multidisciplinare che scompone il piatto dell’Osteria Francescana e lo restituisce in immagini, in suoni, in emozioni visive. Un video che – racconta l’artista – può essere utile anche per meglio comprendere tutti i passaggi di cui quel piatto è composto: “non l’avevo mai assaggiato prima della realizzazione del video”, ammette Andrea Marini, “ma quando l’ho fatto è stato un susseguirsi di sensazioni, esattamente come avevo immaginato: improvvisamente tutto era chiaro, ed ero in grado di separarne al palato tutte le componenti, come nel mio video”.

Ingredienti che esplodono, che prendono vita, che si trasformano per arrivare al risultato del piatto: il tutto circondato in un’atmosfera cupa, surreale, a tratti inquietante (“ancora non come l’avevo immaginata all’inizio: quella cifra emotiva lì è proprio la mia caratteristica distintiva”, spiega il regista).

La realizzazione

“Stavo guardando per l’ennesima volta la puntata di Chef’s Table con Bottura protagonista, e ho pensato che volevo a tutti i costi realizzare un progetto artistico su quel piatto”, racconta Andrea.

L’occasione arriva grazie alla sua casa di produzione, la 360Fx Table Top Studio: un giorno, una delle fondatrici ed Executive Producer dell’agenzia, Antonella Scoliero, gli propone di realizzare un progetto con la “Table top”: una tecnica di regia che prevede un braccio meccanico montato su più assi che assecondano il movimento della macchina da presa da 1500 fotogrammi al secondo.

Ad Andrea viene subito in mente Bottura e la sua cucina “così contaminata artisticamente”: da lì inizia ad attaccarsi al telefono per proporre il progetto allo chef. “Non è stato facile, in effetti”, racconta Andrea. “Bottura è stato immediatamente entusiasta dell’idea, ma per realizzare il video ho dovuto chiedergli di venire a Milano, e fra mille impegni ci sono voluti alcuni mesi prima di riuscire a trovare il tempo necessario a girare”.

Camouflage: un mix di violenza e rispetto

Camouflage che prende vita sullo schermo, in una visione che – spiega il regista “ vuole rappresentare e rispecchiare il mix di violenza e rispetto che si ritrova nel piatto: era fondamentale per me che il video e il piatto parlassero la stessa lingua”.

La violenza – che nel piatto è il sangue di lepre, ad esempio, servita frollata e cruda insieme a caffè, alghe, radici, buccia di limone, liquirizia, cioccolato, vaniglia, foie gras – nel video è l’osso che si spacca. Il rispetto è sempre la lepre, centrale come il modello di una natura morta fiamminga, che in quel piatto ascende e diventa quasi eterna”.

I contenuti e le ispirazioni artistiche pare abbiano affascinato e incuriosito molto Massimo Bottura,
come l’omaggio all’arte dell’artista contemporaneo Ai Weiwei e al suo “distruggere per creare”. Un concetto non necessariamente legato a Camouflage da cui però la cucina può trarre nuova ispirazione, e che certamente può appartenere all’arte culinaria di Bottura. D’altronde, è lui che distrugge una crostata per trasformarla in uno dei dessert più rappresentativi e creativi della sua Osteria Francescana.