Cos’è Acetyca, la prima scuola che esplora il gusto acido

La scuola che esplora il gusto acido, Acetyca, sta per prendere il via: ecco insegnanti, oggetto di studio e possibili sbocchi, ma soprattutto perché.

Cos’è Acetyca, la prima scuola che esplora il gusto acido

Potremmo chiamarla la “via acida”: la volontà di esplorare il gusto acido come linguaggio di comunicazione tra culture gastronomiche del mondo non ancora esplorato. Il gusto del decennio, scrivevamo su Dissapore tre anni fa, che del resto ha caratterizzato da sempre la vita sulla terra: a inizio Novecento Alfred Maurizio scrive, nel suo Historie de l’Alimentation végétale, che le forme più primitive di alimentazione conoscevano già gli alimenti acidi e che esiste un reale e potente bisogno di alimenti di questo genere.

Storicamente l’aceto è stato usato per conservare i cibi o per sgrassarne le preparazioni, lo stesso agro-dolce ha avuto alti e bassi nel tempo con interazioni fondamentali legate proprio al gusto acido.

La cucina di oggi indaga e insegue mode e tendenze che guardano oltre i confini, primi tra tutti il filone nordico con la riscoperta delle fermentazioni e quello giapponese di una cucina che, con l’umami, valorizza aceti di riso e di cereali. Ma può esistere una via più mediterranea, italiana all’acidità in gastronomia?

Acetyca

Acetyco

C’è chi pensa di sì e ne è talmente convinto da aver fondato una start up che si chiama Acetyca. Gli ideatori di questo progetto sono Paolo Tucci, gastronomo laureato a Pollenzo che ha aperto a Saronno l’omonimo Atelier Gastronico, Beatrice Guzzi, chef, ricercatrice e sviluppatrice anche lei laureata a Scienze Gatronomiche e Andrea Bezzecchi, produttore di Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia, analista sensoriale e, non da ultimo, membro attivo degli Amici Acidi.

La start up di ricerca biotecnologica nel campo degli acetobatteri ha sede a Saronno (Va) e quartier generale a Novellara (Re) e lavora su tre filoni principali: la Acid Academy, la prima scuola che esplora il gusto acido e che ha il compito di trasmettere la cultura di questo prodotto attraverso uno sguardo internazionale, ma anche sensoriale e percettivo; The Acid Lab ossia la volontà di produrre “declinazioni” dell’acido. In questo filone rientra Acetyco, il primo drink analcolico che nasce dall’idea della Posca (acqua e aceto) usata dagli antichi romani per dissetarsi: un’infusione tra due aceti artigianali biologici ottenuti da lunga fermentazione spontanea capace di regalare gustosità e freschezza al palato (4,50 euro a lattina per ora in vendita online su acetyca.com); Faceto che riassume progetti a medio e lungo termine come questo kit per la produzione domestica di aceti (già richiesto da alcuni chef) che fu presentato alla XXI Triennale di Milano.

Insomma la volontà della prima scuola che esplora il gusto dell’acido e di questa start up è quello di spiegare e dimostrare come l’aceto sia qualcosa di personalizzato e differenziale: il primo corso partirà il 5 luglio nell’Atelier Tucci di Saronno per poi proseguire con il secondo livello in acetaia a Novellara e con il terzo in cucina attraverso un workshop di cucina e mixology (costo del primo livello con cinque ore di lezione a Saronno è di 189 euro; iscrizioni online su acetyca.com)

Gusto acido come ingrediente

Il primo a sdoganare il gusto dell’acido in cucina fu forse Michael Troisgros, illuminato chef francese che ha sempre utilizzato nei suoi piatti elementi secondari come l’acidità dell’aceto, degli agrumi o del latte. Del resto l’aceto è  un tool multisensoriale che può esserci senza sentirsi in modo pungente e tagliente o respingente, ma è capace di ridare vita a un piatto. E se il mondo nordico indaga il sapido e il salato ecco che l’Italia, come spiegano da Acetyca, potrebbe indagare le acidità al plurale che nel nostro Paese sono caratterizzate dagli agrumi e dalla fermentazione di uva e mele (quindi aceti). I casi in cucina sono stati e sono tutt’ora numerosi: da Davide Oldani che manteca il risotto con l’aceto, a Sarah Cicolini che a Roma prepara la Amatriciana facendo andare parte dei condimenti con aceto di vino rosso o a Diego Rossi di Trippa che il riso all’aceto lo serve con cicciolata e rosolacce di papavero.

I risultati non sono piatti acidi, ma complessi in cui l’aceto porta anche l’elemento volatile aumentando il profumo del piatto e il suo aspetto etereo; l’acido insomma è un gusto soglia, capace di rivelare acidità diverse. Ecco perché è un ingrediente perfetto in cucina e i grandi chef lo sanno bene. È duttile e può essere usato dalla pasticceria (Marcello Rapisardi della Pasticceria e dessert di Milano lo usa come ingrediente liquido dei cioccolatini, ma anche Gianluca Fusto lo utilizza per alcune delle sue dolci preparazioni) alla gelateria come nel caso di Stefano Guizzetti (aka Ciacco) che propone un gelato al gusto acido o ancora appunto in cucina con i più svariati utilizzi.

Alessandro Negrini, che con Fabio Pisani, è il volto della cucina di Aimo e Nadia a Milano ha partecipato a un corso intensivo e personalizzato di Acetyca: “Abbiamo deciso di far partecipare – spiega – tutto il nostro team, anche di sala, perché è fondamentale che abbiano le nozioni corrette per spiegare un piatto. L’aceto, come ci ha spiegato Andrea Bezzecchi, è veramente percepito come un prodotto sconosciuto di cui nessuno sa veramente le potenzialità organolettiche e di sapore e indagarle è stato una scoperta anche per noi che siamo comunque da sempre abituati a utilizzarlo in cucina. Del resto se è vero che ci sono grandi olii, è vero che ci sono anche grandi aceti. In menù in questo momento abbiamo un carpione che serviamo con una emulsione gelatificata di acqua acetica che poi montiamo e lasciamo raffreddare: cambiamo insomma consistenza al carpione e lo proponiamo con il pesce”.

Amici Acidi

Del resto a sdoganare il falso mito dell’aceto buono per condire solo l’insalata ci avevano già pensato undici anni fa gli Amici Acidi, quel gruppo di amici (produttori di vino, di aceto e di miele) chiamati a raccolta da Josko Sirk de La Subida di Cormons (Go): Andrea Bezzecchi, Andrea Paternoster, Mario Pojer, Andreas Widmann. Sono stati loro nel 2019 a realizzare Il Manifesto degli Amici Acidi che ne definisce le “regole” di produzione (prima tra tutte il tempo) e la valorizzazione in cucina. Oggi nella famiglia degli Amici Acidi si sono aggiunti i figli dei fondatori Elena e Francesca Paternoster, Mitja Sirk e Hans-Peter Widmann, ma il gruppo è in cerca di nuovi amici che condividano passioni e valori per far crescere il confronto, la ricerca e la conoscenza dell’aceto.