In collaborazione con Molino Vigevano.
Il panettone, lo dice il nome stesso, non è che un pane grande (e dolce). Ma la verità è che il tipico dolce da ricorrenza natalizio, insieme al pandoro, è un capolavoro di equilibrio e abilità, come sa chi ha provato a rifarlo a casa, con tutte le difficoltà che l’impasto porta con sé. Ci vogliono tutta una serie di condizioni, dalla farina giusta al lievito madre in forma, e la riuscita non è assicurata neanche per il più esperto degli artigiani. Per questo il panettone assurge a re dei lievitati. Ma quali sono, in pratica, queste particolarità? E cos’è che differenzia panettone e pandoro dagli altri lievitati natalizi, dagli altri dolci e dagli altri lievitati in generale? Vediamole punto per punto.
Farina forte e farina debole
Farina, zucchero, latte, burro, uova: più o meno questi gli ingredienti dei lievitati dolci, dalla semplice brioche ai grandi formati delle feste. Quindi rispetto a un semplice pane, o impasto per pizza, fatto con sola farina e acqua (oltre a lievito e sale ovviamente) abbiamo due tipi elementi in più: lo zucchero (e/o il miele) e uno o più grassi. Questo comporta che ci debba essere una farina forte, cioè in grado di tenere su tutti quegli altri elementi, pur partendo da una posizione di minoranza. Per fare un grande lievitato ci vuole una grande farina, come abbiamo visto in un articolo dedicato alla farina adatta per il panettone perfetto.
Per altri impasti sono sufficienti farine deboli, o che comunque abbiano altre caratteristiche: anche se per i lievitati difficilmente si può scendere sotto un W medio.
Impasto singolo e impasto doppio (o triplo)
Proprio per la grande quantità di grassi e altri elementi che deve assorbire, il panettone ha bisogno di un inserimento lento e accurato degli ingredienti: in un primo momento vengono aggiunti tuorli e lo zucchero, un po’ alla volta e alternati; da ultimo il burro. Ma la particolarità del panettone (e non solo) è che per rendere possibile tutto ciò la lievitazione avviene in due fasi: si fanno cioè due impasti separati; dopo la lievitazione del primo, in cui la farina è prevalente, si procede a inserire la restante farina e l’altra metà della materia grassa, e alla fine l’uvetta e i canditi.
Altri lievitati dolci della tradizione hanno bisogno di un solo impasto, come il Nadalin veronese, o il casatiello dolce che si prepara a Napoli e dintorni per Pasqua. La caratteristica dell’impasto doppio consente una lunga maturazione e una migliore struttura, e si ritrova non solo nel panettone ma anche in altri grandi lievitati come il pandoro o la veneziana. Ci sono addirittura pasticcieri e lievitisti che fanno non due ma tre impasti, ma attenzione bambini: non provateci a casa!
Lievito madre/lievito di birra (o entrambi)
Caratteristica imprescindibile del panettone e del pandoro è poi la pasta madre: il lievito naturale, che è sempre stato usato per i lievitati natalizi anche dalla grande industria, anche prima che arrivasse l’ondata del pane fatto in casa e del recupero del lievito madre. Serve, anzi è indispensabile, perché il panettone mantenga a lungo le sue caratteristiche di morbidezza e fragranza; oltre che per gestire al meglio la lunga lievitazione necessaria che abbiamo appena visto, e infine per conferire complessità al profilo aromatico.
Altri dolci, natalizi e non, possono essere fatti alternativamente con il lievito madre o no: per esempio la suddetta veneziana, o il pandolce di Genova o la gubana friulana. Il babà invece ha bisogno di un impasto diretto, con lievito di birra, anche perché poi viene ammorbidito dalla bagna.
Pasta lievitata e pasta sfogliata (e mista)
Il panettone è, l’abbiamo detto, il re dei lievitati: grandi quantità di burro e altri grassi sono inseriti nell’impastatrice e vengono amalgamanti nella massa. C’è un altro metodo però, per inserire il burro in un dolce, ed è quello della sfogliatura. La pasta sfogliata è ottenuta con un impasto neutro, che poi viene steso e sul quale viene adagiato un rettangolo di burro: si provvede poi a incassarlo e successivamente a effettuare una serie di pieghe e stesure, pieghe e stesure, fino a che non si ottiene una pasta laminata, in cui cioè si alternano sottilissimi strati di impasto e burro.
Per le viennoiserie – cioè croissant, pain au chocolat e simili – i due metodi sono addirittura usati entrambi: la pasta è sia lievitata che sfogliata. Un risultato simile si ottiene con metodi un po’ più casalinghi come quello per la torta di rose mantovana; ma anche il pandoro anticamente si faceva in questo modo. Capirete bene che per ottenere un risultato del genere la farina deve avere caratteristiche particolari: possedere sì una grande forza, un W alto come nella farina per panettoni, ma anche essere meno rigida. Oltre alla forza infatti la farina ha anche altre caratteristiche, e una di queste è l’estensibilità, cioè la capacità di un impasto di rimanere allungato quando lo si stende, di non ritirarsi alla forma di partenza (caratteristica invece dell’elasticità).
Farina LV Molino Vigevano
La Farina LV del Molino Vigevano è una tipo 0 ottenuta da grano tenero e germe di grano vitale, caratteristica quest’ultima unica delle farine Molino Vigevano. La farina LV è ideale per realizzare sfogliati che necessitano di lunghe lievitazioni, ma in cui il rapporto tra la forza e l’estensibilità è tale da garantire lo sviluppo di prodotti come i croissant, la sfoglia al burro, o preparazioni regionali come la torta delle rose mantovana e il nadalin veronese.