Storia del nocino e ricetta originale

Storia e origini del nocino, il liquore digestivo a base di noci acerbe, tra sacro e profano, santi e streghe, con la benedizione dell’Artusi, per poi passare alla ricetta originale.

Storia del nocino e ricetta originale

«Il nocino è un liquore da farsi verso la metà di giugno, quando le noci non sono ancora giunte a maturazione. È grato di sapore ed esercita un’azione stomatica e tonica». Con queste parole Pellegrino Artusi introduce la ricetta del nocino nel suo “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”. Ma l’infuso digestivo a base di noci acerbe che ci piace bere soprattutto nella stagione invernale ha origini ben più antiche, sebbene incerte.

Il nocino è un liquore di colore scuro e dal gusto molto particolare, intenso, dalla personalità forte e che, per questo, va servito liscio a una temperatura fresca (sui 18-20°) ma assolutamente non ghiacciato. I puristi lo bevono come digestivo a fine pasto ma si abbina perfettamente anche a frutta secca, cioccolato, Parmigiano Reggiano o versato sul gelato (fior di latte, crema o vaniglia i gusti più indicati).

La leggenda che ruota attorno alle origini del nocino è molto affascinante, con una storia che affonda le radici sia nel cristianesimo che nell’esoterismo, tra santi, streghe e antichi rituali pagani. Se vi è sempre sembrato un liquore troppo tradizionale e “vecchio”, dopo aver scoperto come nasce e perché va preparato in un preciso periodo dell’anno, leggendone la storia ne avrete sicuramente un’immagine diversa e, più che un liquore, vi verrà spontaneo considerarlo quasi una pozione magica.

La notte di San Giovanni è il giorno

Salomè Caravaggio

Il gioco di parole è d’obbligo, perché il giorno determinante nella storia del nocino è in realtà una notte, quella che va dal 23 al 24 giugno: la notte di San Giovanni. Il primo segno di magia ed esoterismo viene proprio dalla data in cui, secondo la tradizione, vanno raccolte le noci per preparare un nocino a regola d’arte. La notte del solstizio d’estate, la più corta dell’anno e la più ricca di fascino e simbologia. Nelle tradizioni celtiche e nordiche, nella notte del 24 giugno naturale e soprannaturale si compenetrano e tutto diventa possibile, il tempo si ferma e prendono vita elfi, fate e folletti. Non è un caso che proprio questi personaggi animino il Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare, forse la commedia più famosa ma sicuramente la più magica e fantastica del bardo.

Il 24 giugno ricorre anche la nascita di San Giovanni Battista, una figura fortemente legata al Cristianesimo ma che spesso viene associata a riti e danze pagane. “E s’alzano i canti e si muove la danza” cantavano i CSI nell’ipnotica Fuochi nella notte di San Giovanni, e San Giovanni Battista e il nocino sono accomunati sia dalla danza che dal fuoco. Giovanni Battista è l’unico santo di cui si celebrano il giorno della nascita (il 24 giugno, appunto) e di morte, avvenuta il 29 agosto. Tra l’altro, la morte sembrerebbe essere quella più legata al simbolismo esoterico, visto che Giovanni morì decapitato. Fu una donna, Salomè, la bellissima e sensuale figlia di Erode, a volere in dono la testa del santo su un vassoio. Episodio a metà tra storia e leggenda riportato in tutta la sua macabra solennità nel celebre dipinto di Caravaggio conservato alla National Gallery di Londra.

Medioevo, streghe e noci

streghe e pozioni magiche

Salomè era una danzatrice bella e seducente e nel corso del Medioevo si narrava che fosse stata trasformata in strega insieme alla madre Erodiade, proprio in seguito alla decapitazione di San Giovanni Battista. Si diceva che, da streghe, le due donne vagassero come spiriti nella notte a importunare gli uomini.

La leggenda di Salomé e della madre si intreccia a quella di altre streghe, che nella città di Benevento si riunivano per i loro riti intorno a un grosso albero di noce lungo le sponde del fiume Sabato. Queste donne arrivavano al luogo dell’incontro a cavallo di scope fatte con i rami del noce e davano vita ai loro sabba demoniaci, danzando e pronunciando formule magiche, spesso facendo dei falò. Le Janare, come venivano chiamate, erano temutissime dalla gente, poiché si pensava che avessero la capacità di causare aborti e malefici vari. In effetti, le janare erano donne molto esperte in erbe mediche, che usavano nelle loro pozioni magiche per condurre a sé gli uomini o per i loro incantesimi. Inoltre, pare che nel Rinascimento a Benevento vivessero alcune delle streghe più famose d’Italia. (Se volete saperne di più, è d’obbligo una visita al Museo delle Streghe Janua a Benevento, dove sono conservati molti oggetti, documenti e ricostruzioni a tema).

Tornando al noce e alle danze delle streghe intorno a quest’albero, secondo la leggenda è nella notte tra il 23 e il 24 giugno che si concentravano maggiormente i riti magici. La notte più corta dell’anno è ricca di simbologie e le streghe raccoglievano i frutti del noce ancora acerbi per garantire lunga vita alla pianta nell’unico giorno dell’anno in cui la luce vince sulle tenebre.

Il nocino nella storia

noci fresche

Questa leggenda si è protratta fino ai giorni nostri e vede ancora una volta protagoniste le donne. Secondo la tradizione, infatti, le noci per preparare il nocino devono essere raccolte ancora verdi e acerbe nella notte di San Giovanni da donne scalze. Queste noci venivano lasciate tutta la notte alla rugiada, considerata una panacea per tutti i mali. Il giorno dopo, il mallo veniva messo in infusione nell’alcol fino alla notte di Halloween (per tornare a riti e streghe).

Le origini del nocino non sono chiarissime, già i Romani parlavano di un liquore di noce bevuto dai Picti, popolo dei Britanni, nella notte del solstizio d’estate. Altre fonti menzionano un liqueur de brou de noix bevuto dai Francesi, a base di mallo di noci. Quasi certamente, furono proprio i francesi a portare il nocino in Italia, prima in Liguria e poi nel Modenese. Da lì si è diffuso in tutta Italia, da nord a Sud, ma è a Spilamberto, in provincia di Modena, che nel 1978 è stato costituito l’Ordine del Nocino Modenese, che ne difende la tradizione.

La ricetta originale del nocino

nocino

Come tutte le ricette tradizionali, con il tempo sono state inventate diverse versioni del nocino, tramandate di famiglia in famiglia (qui trovate la nostra versione). Oggi non si segue più la regola di raccogliere le noci esattamente la notte di San Giovanni ma è importante che siano raccolte comunque verso la fine di giugno, quando sono ancora acerbe. Per preparare il nocino, infatti, si utilizza la noce con tutto il mallo, che deve essere ancora morbido, per essere tagliato con facilità (la giusta consistenza va valutata forando la noce con uno spillo).

La ricetta che vi proponiamo è quella tradizionale dell’Ordine del Nocino Modenese.

Ingredienti:

  • 1 litro di alcool 95°
  • 1-1,kg di zucchero
  • 35-42 noci circa (a seconda della dimensione ma comunque sempre in numero dispari)
  • Chiodi di garofano e cannella (facoltativi)

Procedimento:

Le noci devono essere tagliate in 4 parti e riposte in un contenitore di vetro insieme allo zucchero.

Dopo averle lasciate al sole per 1-2 giorni e mescolate periodicamente, bisogna aggiungere l’alcool e gli aromi.

Il contenitore va tenuto in una zona parzialmente esposta al sole, da mescolare periodicamente, per poi filtrare il liquido non prima di 60 giorni. Si consiglia di effettuare l’imbottigliamento in contenitori di vetro scuri.

La conservazione del nocino deve essere effettuata in un luogo fresco e per un tempo minimo di 12 mesi se si desidera apprezzare a pieno tutte le caratteristiche organolettiche del liquore.

La ricetta del nocino di Pellegrino Artusi

Non possiamo che concludere con la ricetta del nocino di Pellegrino Artusi, la n°750 di “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”:

Noci (col mallo), n. 30. Spirito, litri uno e mezzo. Zucchero in polvere, grammi 750. Cannella regina tritata, grammi 2. Chiodi di garofano interi, 10 di numero. Acqua, decilitri 4. La corteccia di un limone di giardino a pezzetti. Tagliate le noci in quattro spicchi e mettetele in infusione con tutti i suddetti ingredienti in una damigiana od un fiasco della capacità di quattro o cinque litri. Chiudetelo bene e tenetelo per quaranta giorni in luogo caldo scuotendo a quando a quando il vaso. Colatelo da un pannolino e poi, per averlo ben chiaro, passatelo per cotone o per carta, ma qualche giorno prima assaggiatelo, perché se vi paresse troppo spiritoso potete aggiungervi un bicchier d’acqua.