Perché Wonka, prequel tutto superfood e magia, è un film riuscito male

La nostra recensione di Wonka, il prequel diretto da Paul King al cinema: tutto improntato sulla magia, presenta un Willy irriconoscibile e immagina cioccolatini farciti con uova di insetto. Idea simpatica per il 2023, ma non funziona.

Perché Wonka, prequel tutto superfood e magia, è un film riuscito male

Se vi aspettate un film che racconta di come Wonka sia diventato Wonka (il trailer ufficiale recita “Come Willy è diventato Wonka”), siete fuori strada. Di fatto, il prequel più atteso degli ultimi mesi e diretto da Paul King racconta semmai di come Wonka abbia aperto la celebre Fabbrica di cioccolato, ma di come abbia acquisito maestria e ricette non c’è ombra se non un “ho passato sette anni in giro per il mondo a perfezionare la mia arte“. Sull’attore che interpreta il protagonista – Timothée Chalamet – non ho molto da dire, sul personaggio delineato invece sì: non è il Willy Wonka che tutti noi, da generazioni (con Gene Wilder prima e Johnny Depp poi) abbiamo conosciuto. Un verdetto da encefalogramma piatto, un film tutto sbagliato che sembra solamente una trappola nonsense per bambini.

La trama ha linee narrative interessanti, che tuttavia si perdono via tra una canzone e l’altra (Wonka è un Musical fatto e finito) e tra un personaggio secondario e l’altro – spesso molto più suggestivi di Willy Wonka. Un’ illusione inconsistente, e che non riesce nemmeno a essere avventurosa né tantomeno accattivante e ambigua – entrambe caratteristiche che emergono e nel libro originario e nei film sulla stessa linea. Wonka arriva in una città a metà tra Milano, Parigi e Salisburgo, sogna di aprire un negozio nel mezzo delle sfarzose Galleries Gourmet, ma è subito ostracizzato e sabotato dagli altri tre cioccolatai che hanno il monopolio. Inoltre, a peggiorare la situazione firma un contratto che lo rende ostaggio in una lavanderia, dove guarda caso incontra altri ostaggi come lui ognuno con una caratteristica che gli sarà fondamentale per risolvere al meglio la situazione. C’è poi un po’ di Up con i palloncini, un po’ di can-can, un po’ di Harry Potter (i produttori sono gli stessi), un po’ di Alice nel Paese delle Meraviglie, persino un po’ di Charles Dickens. Questo è, ma scriverlo è più interessante che vederlo.

Non parla di cioccolato

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Comprendo perfettamente che un personaggio come Wonka a capo di una fabbrica di cioccolato magico non debba per forza essere spiegato o razionalizzato (il main theme song rimane “In a world of pure imagination” dopotutto), ma sarebbe stato interessante usare il prequel per raccontare meglio il cioccolato. Invece no: non si sa da dove venga (o meglio, si sa: Wonka ruba tre cabosse agli Umpa Lumpa e uno di loro – interpretato da Hugh Grant – lo segue diventando infine suo socio), non si sa come lo lavori né come faccia a partorire così tante creazioni fantasiose (sì, ok, è “una sorta di mago, inventore e cioccolatiere“). Soprattutto considerando che il film narra di un Willy Wonka nullatenente, fatta eccezione per un cappello tipo borsa-senza-fondo-di-Mary-Poppins e una valigetta contenente una fabbrica in miniatura.

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Nel corso del film, Wonka propone cioccolatini speciali ad alcuni personaggi per ottenere qualcosa, distrarli oppure stregarli: ne è un esempio il cioccolatino super alcolico che simula una notte di bagordi e ti fa assopire o rimpiangere il passato – usato per addormentare il custode di uno zoo e entrarvi indisturbati. Il cioccolato non solamente venduto ma usato anche come “magia bianca” è un ottimo spunto, ma anche questo fattore rimane sottotono, qua e là nel film.

Corruzione di Chiesa e Forze dell’ordine

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Ciò che è estremamente chiaro nella trama è la corruzione capillare che i tre imprenditori attuano usando il proprio cioccolato in esubero, non solo sulle forze dell’ordine (emblematico il capo della polizia, che ingrassa sempre di più durante il corso del film) che devono eliminare la concorrenza, ma anche sui chiericali. Sì perché il cioccolato “sporco” e i registri della corruzione sono custoditi in un cavò sotto la chiesa della città, secretato dal sacerdote (anch’egli corrotto e preso per la gola).

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Il tema della corruzione è interessante soprattutto perché legato alla qualità scarsa del cioccolato usato per farla: in una scena, svelano frettolosamente che gli imprenditori “annacquano il cioccolato venduto” e gli avanzi sono appunto conservati esclusivamente per la corruzione. Esattamente come i cartelli della droga, tagliata per il popolo che non si accorge della qualità inferiore ma che in purezza fa arricchire quelli del giro.

Un Willy Wonka irriconoscibile

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Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato non ha mai dato troppe spiegazioni, ma ha sempre fatto emergere un Willy a dir poco peculiare: scaltrissimo, sarcastico, che padroneggia il black humor, a tratti fragilissimo e con traumi passati difficili da gestire. Ecco, quest’ultimo Wonka del prequel non ha assolutamente niente di tutto ciò: la sua immensa fantasia è preponderate, ma in una personalità tanto melensa quanto credulona, tanto sognatrice quanto… analfabeta (a breve torno su questa cosa). In più, il Wonka di Tim Burton interpretato da Johnny Depp racconta di un’infanzia infelice all’ombra di un dentista ossessionato dalle carie, e che priva il figlioletto di tutti i dolcetti (giustificando quindi il carattere caustico dell’adulto Wonka, descritto così anche nel libro). Questo Wonka, invece, è un bimbo cresciuto nelle coccole di una mamma premurosa e che ogni anno per il compleanno gli prepara l’emblematica “tavoletta Wonka” tutta per lui. Capite quindi che parliamo di personalità agli antipodi: questo, è noioso e scontatissimo.

Analfabetismo e testa tra le nuvole

Willy Wonka, nel prequel, è analfabeta. Ecco perché non legge il contratto cavilloso che lo incastra e lo indebita, ed ecco come riesce a dare più spazio alla sua filosofia di vita di pura immaginazione. Boh, è un bel messaggio da dare? Non ne sono sicurissima, sinceramente.

Latte di giraffa: superfood alla base del cioccolato Wonka

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Spoiler: il segreto del favoloso cioccolato di Wonka non è il latte di giraffa usato al posto di quello di vacca. No. Il segreto non è il cioccolato in sé ma “le persone con cui lo condividi“. Ok, sarebbe stato più interessante il latte di giraffa. Che, tra l’altro è un vero e proprio superfood che qualche anno fa è stato al centro dell’attenzione in tutto il mondo. Certo, un super food solamente in potenza – studi effettuati su campioni di latte confermano le potenzialità di questo ingrediente, tra grassi e vitamine – visto che mungere una giraffa non è così semplice. Correggo, non è semplice per nessuno tranne che per Wonka: lui lo fa, conquistando l’animale con delle caramelle alla menta e i grattini sotto il mento.

Animali sfruttati per il cioccolato

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La giraffa munta nello zoo e poi trasportata nella chiesa corrotta per creare scompiglio (usata, quindi, come diversivo) è solo uno degli animali sfruttati da Wonka per i suoi piani cioccolatosi. I primi cioccolatini che riesce a presentare al pubblico sono ovetti che contengono insetti. Non si tratta di farina di grilli bensì di “uova dell’ape di Mumbai”, le quali si schiudono mangiando il cioccolatino (che schifo), ti fanno volare, e dopo venti minuti “escono da dietro” (ancora, che schifo) e ti fanno tornare con i piedi a terra. Esattamente come le mie alte aspettative, a film concluso.