Tornare a Taste of Milano nonostante tutto

Piove. Saranno contente le tamerici arse, ma le mie impressioni di settembre vanno in mona. Niente rugiada, niente sole, e neppure il cavallo. Piove dunque su Taste of Milano. Le previsioni del tempo, il bel post di Suzukimaruti, i commenti informati e le acconciature rifatte l’avevano quasi spuntata, ma non ho mollato. Dopo il giro di mezzo castello (da cerebrolesi della direzione) entriamo. Ore 8.10pm circa, zero coda, ne abbiamo fatta a sufficienza in macchina. Milano, due gocce d’acqua e bla bla bla. Ci danno il minisoprabito stile concerto, intasco e faccio il figo con il cappellino sotto la pioggia. Non battente, ma sicura di se’.

Lascio il gruppo e punto uno stand, un po’ di gente. Skippo al successivo, solo stand commerciali: un po’ vuoti di interesse. Skippo ancora e arrivo in fondo. Ristorante di Oldani, poco prima delle 8.30pm. Avanti.

Ristorante D’O, chef Davide Oldani: legume al cucchiaio, stracciatella di bufala e fichi cotti. Ottimo, contrasto come da titolo e fico in spolvero in fila dietro al legume. Qualche dubbio sulla consistenza della stracciatella che forse soffre l’esterno, ma in ogni caso il piatto sara’ a lungo il vincitore di serata.

Alice, chef Viviana Varese: mousse di cioccolato con cuore di liquirizia, salsa allo zafferano e aceto balsamico. Buono, avrei osato di piu’ sul balsamico, ma il cioccolato “ruzza alla grande” e lo zafferano rimane giustamente li’, senza rompere. Alle 8.31 Alice ha battuto 247 scontrini.

Cracco, chef Carlo Cracco: crema di riso allo zafferano con cioccolato al riso croccante. Buono, un equilibrio spezzato dalla croccantezza del riso, zafferano molto nascosto (credo che questo piatto necessiti di opportuna “nasata” non adatta all’esterno)  e cioccolato che meriterebbe un accento in piu’. Alle 8.43 Cracco ha staccato 278 scontrini.

Trussardi alla Scala, chef Andrea Berton: raviolo di stinco di vitello, con consomme’ al lemongrass. E’ un po’ che mi incuriosisce questo Berton ma il locale vero mi intimorisce troppo. Qui il raviolo e’ molto buono, e di gusto ruffianamente popolare. Soffre tantissimo perche’ si riesce solo a indovinare il profumo di lemongrass ucciso dalla brezza e dagli odori della pioggia e del parco. Peccato. Inutilmente snob come al solito rifiuto di assaggiare l’insalata liquida con sfera di baccala’ al nero, e me ne pentiro’.

The Park Restaurant, chef  Filippo Gozzoli: rigatoni trafilati al bronzo con carbonara di mare. Oooopps, qui sbaglio qualcosa, io o lo chef :-). La pasta e’ ovviamente buona, ma la carbonara di mare fa troppo business hotel, oppure diciamo che fa un po’ penne panna e salmone. L’aneto mi piace un sacco ma con salmone e acquavite, altrimenti uccide tutto il resto.

Finger’s, chef Roberto Okabe: rolls selection four seasons (astici con uova e pesce volante, anguilla e mango, salmon grill & cheese, tempura di gamberi e avocado). Un break importante dai gusti italiani, facile pensare che “non c’inzerti niente” invece ci sta. Da prendere comunque per quello che e’: un break qualitatoso, soprattutto per gli ignoranti (io) della cucina jappo.

Ristorante Savini, chef Matteo Torretta: brasato al cucchiaio con pure’ affumicato. Spettacolo di tradizione dove la digressione e’ qualche grano di sale grosso a vista. Non vincera’ la mia inutile classifica perche’ la tradizione e’ davvero davvero forte e in generale preferisco i tentativi di innovazione (anche quando pindarici); rivaluto l’idea di una cena li’, certo dovrei verificare i prezzi prima. Scontrini alle 9.34: 375.

Il Luogo Di Aimo e Nadia, chef Aimo Moroni: dolci ortaggi (tortina di farina di castagne, composta di finocchi e arance, cioccolato rio caribe, crema al bergamotto). Sdilinquano in gruppo per questo dolce che e’ senz’altro buono, ma servito troppo freddo. Si indovina un coacervo di sapori intriganti ma la temperatura lascia troppo all’immaginazione. Davvero fuori luogo la gestione del banco, con “scleri” ripetuti, ingiustificati e talvolta irritanti per sedie spostate, piatti vuoti lasciati sul bancone e “facce da attesa” (solo facce). E’ una fiera, comunque la si voglia chiamare, se la vostra cucina volete farla in un ambiente “controllato” continuate pure con il ristorante ed evitate esperienze del genere. E tenetevi le vostre opere d’arte a casa.

Ristorante Bianca, chef Omar Allievi: parmigiana bianca flan di melanzane, consomme’ di pomodoro e spuma di mozzarella di bufala. Mentre son li’, satollo di sapori, che negozio la buonuscita mi svirgola l’idea di provare questo qui, complice anche una certa agilita’ allo stand. Sorpresa, davvero … sul filo di lana appaia Oldani come top di serata, lasciando anche qualcosa di perfettibile in una quantita’ di spuma riducibile pena il soverchio sul resto. Ottima, anche la cortesia sveglia a contrasto dello stand di fianco (che e’ quello di cui sopra).

E poi.

Si !. C’era la Maserati ma era nera, c’era anche la Bi Emme Vu (il Caff avrebbe gradito ? :-)), c’era l’edonismo milanese fuori luogo. C’erano gli stand “biecamente” commerciali, ma erano appunto commerciali, non accademici. C’era la festa del PDL li’ vicino e c’erano la pioggia e il fango. C’era il biglietto del babbeo a 50 euro, ma se ti sei fatto … ehm … ciulare … non puoi mica prendertela con l’organizzazione.

C’era casino sotto le tende e c’erano gli ombrelloni che scaricavano acqua anche se eri sotto gli stand. C’erano tavolini e sedie bagnati.

Poi c’era il cibo, e quello mi e’ piaciuto. Molto.