L’etichetta “Fatto in casa” salverà la reputazione dei ristoranti francesi?

L’etichetta “Fatto in casa” salverà la reputazione dei ristoranti francesi?

Oh! Che sorpresa. Da ieri il paese la cui cucina può vantare lo status di Patrimonio dell’Umanità si è auto-imposto una legge contro l’epidemia di pietanze precotte riscaldate al microonde che ha colpito il 75 per cento (75%!) dei suoi 150.000 ristoranti. Lo avreste detto della Francia? La Francia, il regno dei maîtres à manger messi alle corde da confit de canard, boeuf bourguignon e tarte tatin tutti con lo stesso sapore. Altro che aristochef. 

Ecco allora che, a protezione della violata reputazione gourmet, in Francia è diventata obbligatoria l’etichetta –“Fait maison”– per differenziare nel menu i piatti freschi e di produzione propria, espressione di creatività e manualità dei cuochi, dal rude assemblaggio di prodotti industriali.

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Obiettivo dichiarato del governo francese: “valorizzare i cuochi che usano prodotti freschi, dando ai clienti informazioni chiare e sicure”.

Ma la strada per il riscatto culinario del paese del savoir vivre è lastricata di critiche. Uno tsunami, a voler sminuire. Con l’etichetta “Fait maison” la legge originale intendeva segnalare i piatti preparati al 100 per cento nelle cucine dei ristoranti, in modo da arginare l’invasione di quelli già pronti acquistati dai grandi distributori all’ingrosso, vedi Metro o Davigel. Il testo definitivo invece, attribuisce ai cuochi la facoltà di utilizzare nei piatti “Fait maison” alimenti già “tagliati, pelati, disossati, affumicati, salati”, e soprattutto “refrigerati, congelati e surgelati”.

Unica eccezione le patatine fritte. Consentire al McDonald’s di scrivere “Fatto in casa” accanto all’Happy Meal sarebbe stato troppo.

Il critico gastronomico JP Gené su Le Monde ha poeticamente definito la legge “decret bidon” (bisogna tradurre?), accusandola di aver tradito l’esprit originale a causa delle tante aggiunte. Diversi ristoranti hanno fatto sapere che non apporranno l’etichetta “Fait Maison” per evitare la sorveglianza speciale dei Nas francesi che inevitabilmente comporta.

Al di là delle polemiche francesi un gioco divertente è immaginare cosa succederebbe se una legge simile venisse adottata in Italia, nella versione originale, non quella accomodata per compiacere i grossisti dei piatti precotti.

Ci toccherebbe salutare le patate. I ristoranti sprovvisti delle risorse necessarie ad assumere garzoni monoruolo, pelare le patate appunto, pensate alla media ristorazione per esempio, tornerebbero all’epoca pre-Colombo, inteso come Cristoforo. Tanti saluti anche a caramello, anatra all’arancia e noci tostate, ovvero alimenti e piatti per i quali l’uso del microonde non è obbligatorio, ma quasi.

E il sottovuoto? La tecnica che consiste nell’eliminare l’aria da un contenitore per  conservare un alimento più a lungo è molto diffusa nelle cucine stellate, specie se abbinata al congelamento, perché consente un buon risparmio di tempo senza pregiudicare il sapore. Che fine farebbe il sottovuoto? 

Prevedibile anche un deleterio effetto asterisco. Come già succede per i prodotti che “possono essere surgelati” marchiati d’infamia dal famigerato asterisco, i clienti tenderebbero a evitare i piatti privi dell’etichetta “Fatto in casa”.

Lasciamo volentieri il problema ai francesi, noi ne abbiamo già abbastanza. Anche se, per fortuna, quella forma di appiattimento che rende tanti bistrot francesi simili a dei fast food mascherati, non ci riguarda. O no?

[Crediti | Link: Guaridan, Le Monde. Immagine: Eater ]