Nell’inferno del ristorante un pugno di valorosi camerieri combatte per capire come mai l’amato cliente faccia così

Nell’inferno del ristorante un pugno di valorosi camerieri combatte per capire come mai l’amato cliente faccia così

Parliamoci chiaro, noi clienti sappiamo essere insopportabili. Chi più chi meno, s’intende. In anni di onorata carriera da frequentatrice di ristoranti, enoteche, bar e affini ho testato personalmente la pazienza di osti, cuochi e camerieri e ho imparato a riconoscere il momento esatto in cui ospitalità e cortesia si trasformano in disagio e fastidio, spesso mascherati con performance degne dell’Actor’s Studio. Vale la pena fare un piccolo ripasso, un lavoro in concerto con voi, per redigere una volta per tutte il Galateo del Buon Cliente. Inizio io.

SE DOVETE LITIGARE, MEGLIO A CASA.
Lo so, potessimo programmarli gli epiteti spiacevoli, evitare la cenetta romantica del sabato sera sarebbe la nostra missione, ma per alcune coppie litigare al ristorante è un vizio, e vorrei farvi immaginare la scena:

“…allora signori, cosa volete ordinare?”, fa il cameriere mentre accende la candela al centro del tavolo. Segue Silenzio. Gli sguardi sono torvi, l’atmosfera è da avvistamento dello Yeti. “Ma certo – dice il cameriere, fin troppo allegro – dovete ancora scegliere. Ripasso tra poco”, e l’eco di quelle parole rimane ad aleggiare sulle teste dei due. Lui guarda l’orologio, lei scrive all’amica su WhatsApp.

A quel punto comincia una strana danza del Nostro che neanche Ciaikovskij: prima avanti, poi indietro, fai una giravolta, falla un’altra volta e questo perché ad ogni tentativo di approccio alla coppia, frasi come “…sei proprio una stronza” o  “ma guarda come ti sei vestito, sembri Pippo Baudo…” giungono alle sue orecchie. Disagio. Quando lei si alza per andare in bagno, in lacrime, il nostro con balzo felino si catapulta al tavolo e conquista il primo ordine: una bottiglia di vino e una d’acqua. Nel frattempo è passata mezz’ora, la sala è piena, il maître incazzato.

Altra mezz’ora e l’ordine è in cucina. L’ha ottenuto con un atto di forza quando lei, tra i singhiozzi, ha finalmente pronunciato: “U-Una Ta-Tagl-Tagliata”. Mentre i piatti stanno per uscire dalla cucina, la tragedia. Lei, che quando è entrata sembrava Belen e ora somiglia ad un pesce San Pietro, scappa di corsa dal ristorante. Il cameriere terrorizzato corre in cucina: “Fermate l’ordine del 2, la ragazza è andata a fumare!”, urla ottimista, ma la tagliata è quasi pronta e la cucina va in panne.

Dopo 10 minuti eccoli lì, il ragazzo e il cameriere, a scrutare fuori dalla porta. Il fidanzato si sta chiedendo se dovrà pagare anche la tagliata, mentre il cameriere non sa se strozzarlo, trovare lei e strozzarla o scappare per salvarsi dall’ira dei colleghi. Insomma, se dovete litigare, restate a casa.

SCUSI, LE POSSO CHIEDERE UN FAVORE?
La questione “richieste assurde” al ristorante è un tema piuttosto caldo, argomento di conversazione nel dopo lavoro delle brigate world wide. Ho chiesto al Maître, Alberto Tasinato, già con lo chef Andrea Berton al Trussardi alla Scala e ora con Matteo Torretta a Al V Piano, ristorante in Milano, di raccontarmi qualche episodio, tipo:

una giovane coppia prenota un tavolo per festeggiare il compleanno di lei, è un sabato sera. La mattina stessa arriva una telefonata del premuroso fidanzato:  “Senta, mi scusi”  “Prego, mi dica”  “Ho prenotato per stasera, sa è il compleanno della mia fidanzata” “Bene! E cosa possiamo fare per lei?” “In effetti vorrei un menù speciale” “Speciale come?” “In tutte le portate ci deve essere il nome Marina, lei si chiama così…” “Temo di non aver capito”, fa il cameriere. ” Ma sì, cose tipo Tortino di alici MARINAte, o spaghetti all’aria MARINA, non mi sembra una cosa difficile…”. Ora ditemi voi se non è pazzia.

Sempre Alberto mi ha raccontato di un tizio che terminata la cena non avrebbe pagato se non gli fosse stata consegnata la giacca del cuoco, perché le collezionava, o di un altro che s’è fatto apparecchiare sulla scala d’emergenza per poter fumare, o ancora di un gruppo che si presentò alla cena con un salame, una bottiglietta di colatura di alici e una torta dicendo: questi per favore aggiungeteli al menu. Insomma ragazzi, prima di avanzare richieste, chiediamoci se sia davvero il caso.

UN TAVOLO PER QUANTI?
Okay, lo confesso. Questo è un errore che credo di aver fatto. Più volte. Succede così: senti qualche amico su Facebook e decidi di prenotare in quella piccola ma graziosa enoteca sotto casa. Il proprietario è un amico, almeno così ti sembra, e gli chiedi un tavolo per 3/4 persone. In fondo non sai per certo quanti dei 20 amici invitati risponderanno alla tua chiamata. L’oste, sempre tanto gentile, riserva un tavolo comodo per 4 persone ma comincia a dubitare della tua lealtà quando si trova ad aggiungere la settima sedia. Al nono amico di Facebook che si presenta all’appuntamento la situazione precipita: siete a ridosso del bagno, impedite il passaggio al passeggino con bambino urlante e la cameriera ha appena lanciato un anatema che vi perseguiterà per quattro anni. Come evitarlo? Prenotate per il numero di persone effettive e, inutile dirlo, se non ci andate chiamate per disdire.

SOLO UN BICCHIERE.
Altra cosa che crea un certo disagio tra sala e cucina è quando un cliente arriva alla soglia del ristorante/enoteca intorno a mezzanotte. La cucina sta chiudendo ma il proprietario, sant’uomo, vi permette di sedervi giusto per un ultimo bicchiere. Vi accomodate e trascorsi i primi cinque minuti iniziate a chiedere cose come: “Ma possiamo mangiare?”, “Guardi, giusto una cosina per mandare giù il vino”. Natualmente ordinate per un esercito e finite per intrattenervi ben oltre l’orario di chiusura per terminare le 3 bottiglie di vino. Ecco, anche in questo caso dubito che avranno di voi un buon ricordo.

SINDROME DI SALLY (Da Harry ti presento Sally)
Questa è la cosa che più disturba la brigata di cucina. Non sto parlando di intolleranze alimentari (tranne cose del tipo: “sono intollerante al pesce surgelato”, cit. lo chef Pasquale Torrente) ma di quel vizio tipico di chiedere sempre qualche variante sui piatti in lista.  Nell’insalata del giorno c’è la cipolla? Non sia mai! Via la cipolla. C’è il pepe nel sugo delle spuntature? Rifare da capo, niente pepe. La  Taratare senza uovo, la greca senza feta, il risotto ai funghi senza funghi e bla bla. Intendiamoci, per una pietanza ci sta, ma se è per tutte, consultate un bravo psicologo.

IN GENERALE, FARE MENO.
Esatto, a grandi linee un buon cliente fa meno. Meno chiasso, meno richieste, meno battute alla bella cameriera, meno domande, meno lamentele, meno pretese e via dicendo.

Non siete mai inciampati in nessuno di questi errori? Non ci credo. Soprattutto non credo che condotte simili da parte dei vostri commensali non vi infastidiscano. Quindi, per completare l’opera, rispondete con onestà a questa domanda:

quali cose non dovrebbero mai essere fatte al ristorante?

[Crediti | Immagine: Jezebel]