Le 10 persone più noiose da portare al ristorante

Le 10 persone più noiose da portare al ristorante

Non è questione di essere “maniaci del gusto”, le abitudini a tavola –quella del ristorante in particolare– dicono tutto dei nostri colleghi, di chi ci corteggia. Della suocera, anche. Specie i cafonismi, sintomi rivelatori dell’educazione ricevuta, forse di qualche trauma infantile nascosto. Sì, voi che quando non mi vede nessuno, infilzate i tortellini con l’indice come facevate da bambini, sto parlando con voi.

L'inconsapevole, ristorante

1. L’inconsapevole.
Ma davvero le lasagne verdi si fanno con gli spinaci? Pensa un po’ come è morbido questo pan di spagna, e dici che non c’è nemmeno il lievito? Certe volte un corso base di cucina e qualche buona lettura potrebbe rendervi in grado di darvi almeno un po’ un tono. Credetemi: vale la pena.

Il quasi chef, ristorante

2. Il quasi chef.
Durante i mondiali di calcio il maschio italiano diventa allenatore. A tavola, una sindrome analoga sta colpendo molti. “In questo sugo si sente troppo la cipolla, io avrei usato lo scalogno” (da notare la subdola citazione del bestseller cracchiano). Ormai darsi un tono a tavola è una moda irrimediabile, cercate almeno di spararle più grosse possibile.

mescolatrice seriale, ristorante

3. La mescolatrice seriale.
In questi tempi di sperimentazioni nessuno dovrebbe stupirsi di nulla, ma nonostante tutto il relativismo in cui siamo immersi sopravvivono ancora alcuni tabu. Non chiedete di mettere il formaggio sopra il pesce, il limone dentro il tè, e una pallina di gelato al limone su una al cioccolato. Se lo farete potete uscirne in due modi: o ripudiati dal mondo gastro-fighetto o osannati come i nuovi talenti.

maniaco pulizia

4. Il maniaco.
Non di tutti i maniaci ci si può fidare: tra tutti, il maniaco della pulizia è il più infido. Al ristorante potrebbe annusare i tovaglioli, guardare controluce i bicchieri, ma la cosa peggiore l’ho vista fare io. Uno è corso in bagno a perlustrare col dito lo stato di candore della tavoletta per poi sentenziare che un buon ristorante si riconosce dal gabinetto. Speriamo che prima di infilare le mani nel cestino del pane se le fosse lavate.

Il rifinitore, ristorante

5. Il rifinitore.
Se ordinate il filetto di spigola su crema di piselli, petali di primula e scorza di limone candita il piatto è finito così, se lo chef voleva accompagnarlo a un piatto di patatine fritte lo avrebbe fatto. Voi non aggiungetele.

Stessa cosa dicasi quando chiedete di dividere una porzione in due piatti: una volta uno chef mi ha risposto “‘Sti cavoli, ho perso una mattina per decidere come impiattare (un rotolo di coniglio ripieno n.d.r.) te lo porto così e ve lo tagliate voi”. Era così buono che l’ho perdonato.

Il rimembrante, ristorante

6. Il rimembrante.
Quello che qualsiasi piatto gli porti l’ha già mangiato da qualche altra parte, quando era molto più giovane, e ovviamente quella volta là era più buono. Seguono lunghissimi discorsi sui bei tempi andati e sulle tecniche di cucina di una volta.

Quando tirerà fuori la mamma (di solito il rimembrante è maschio) fingete un attacco di diarrea e scappate.

pasta al burro

7. il genitore da “pasta al burro”.
Non dico che tutti i bambini devono essere educati ai piaceri gourmet fin dalla tenera età (anche se non sarebbe una brutta idea) ma perché in qualsiasi ristorante vada, in qualsiasi occasione mi trovi, devo vedere bimbi urlanti di fronte a mediocri pastasciutte al burro incollate.

Mentre tutti gli altri commensali ingollano cibi assai più interessanti e quanto meno serviti con più cura. Poi lamentatevi se i pargoli piangono o non finiscono la pappa. Mangiatevela voi.

inappetente

8. L’inappetente.
Che si tratti della supermodella a dieta o dell’incomprensibile inappetenza umana (fenomeno che merita il biasimo e le fiamme dell’inferno almeno tanto quanto la gola), com’è possibile vedere di continuo gente che guarda sottecchi il menu, scegliendo a malapena un antipasto da assaggiare in punta di forchetta?

Mai valutato l’ipotesi di una cura ricostituente?

Ristorante, carne ben cotta,

9. Quello che non mangia il crudo.
Siamo d’accordo che il cibo crudo è una moda, ma evitare la maionese fatta in casa e pretendere che vi si cuocia il carpaccio fa di voi uno schiavo dell’industria alimentare e vi preclude diverse raffinatezze semplici e campagnole.

ristorante, non mi piace

10. Quello che “ma non era meglio una pizza?”.
Presente quando un certo maschilismo spinto tendeva a confrontare perennemente l’arrosto della moglie con quello sempiterno della mamma?

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Ecco, quando vi si serve un piatto un po’ elaborato, magari con qualche abbinamento di sapori che non avete mai assaggiato prima, contate fino a dieci prima di dire che era meglio andare a mangiare una pizza, un hamburger o qualcosa che vi avrebbe riempito più la pancia. Variare fa bene alla salute, quella mentale soprattutto.

[Foto crediti: social design practice, angolo psicologia, la cucina d’italia, Expandet city, Huffington Post]