La ricetta perfetta: croccante di mandorle

La ricetta perfetta: croccante di mandorle

Esistono quattro tipi di croccante: quello buono, quello che ti frantuma un’arcata dentale, quello che ti rimane appiccicato alle papille fino al Natale successivo o la combo mortale degli ultimi due. Prima di addentarne un pezzo hai pochi secondi per decidere se pagare una rata del mutuo o una seduta dal dentista. Ma se i secondi diventano minuti, basta un po’ di casino in cucina e sei già lì a preparare il croccante di mandorle. La ricetta perfetta in una mano e gli omaggi per il dentista nell’altra.

I campanili di croccante e la cazzaruola dell’Artusi.
Carpendo informazione qua e là mi accorgo che il croccante non è un’entità univoca e universalmente riconosciuta e che ogni regione ha la sua personalissima versione. Coesistono sparpagliati per lo stivale il croccante di mandorle siciliano, quello sardo, quello di San Marco dei Cavoti (BN), il croccante del Frignano (CE) e di Sestola (MO). Se volete vado avanti eh, ho la giornata libera.

Per approcciarmi alla ricetta come tradizione comanda sfoglio “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi, che alla voce n°617 recita così:

“Sbucciate le mandorle, distaccatene i lobi, cioè le due parti nelle quali sono naturalmente congiunte, e tagliate ognuno dei lobi in filetti o per il lungo o per traverso come più vi piace. Ponete queste mandorle così tagliate al fuoco ed asciugatele fino al punto di far loro prendere il colore gialliccio, senza però arrostirle”.

E ancora:

“Frattanto ponete lo zucchero al fuoco in una cazzaruola possibilmente non istagnata e quando sarà perfettamente liquefatto, versatevi entro le mandorle ben calde, e mescolate. Qui avvertite di gettare una palettata di cenere sulle bragi, onde il croccante non vi prenda l’amaro, passando di cottura, il punto preciso della quale si conosce dal color cannella che acquista il croccante.”

Nulla da obiettare per carità. Che qualcuno mi procuri delle bragi!

Faccio un salto in avanti nello spazio e nel tempo e do una sbirciatina al blog di Pinella, la fata dei dolci, e scopro che in Sardegna il croccante si chiama “gattò”. #sapevatelo

“ Forse è la più bella di tutte le città del mondo. E la gente è contenta nelle città che sono belle…”
L’esperto di oggi non è uno chef telegenico né un pasticciere blasonato. L’esperto di oggi si chiama Melina, nata in quella meraviglia di città che è Scicli (RG) nel 1913. Dubbi sull’expertise? Nel ragusano è tradizione preparare il torrone di (o alle) mandorle durante il periodo natalizio, dunque non mi resta che prendere appunti e incrociare le dita.

Nonna Melina usa solo le “mandorle pizzute” tipiche della sua zona, ed il miele è quello buono prodotto da amici. Mi raccomanda di raffreddare il croccante su marmo, ma senza ungerlo, a lei non piace il retrogusto di olio, e di prestare massima attenzione ai tempi cottura.

Per il capitolo “Biancomangiare” ci vediamo quest’estate.

CaramelloCaramello

Piccola guida per far pace col caramello.
Il Leviatano, il Moloch, la bestia centauresca, il caramello. Vi assicuro che tra i quattro l’ultimo è il peggiore.

Alto potere ustionante, ingrassa come poche cose al mondo ed anche quando è bello sa di bruciato.
Per preparare un caramello perfetto possiamo servirci di due strumenti: il caramellometro (a cosa servirà mai?) o una semplice ciotolina con acqua e ghiaccio. Quando soggiunge il momento di testare i gradi dello zucchero, si immergono le dita nel composto ghiacciato e quindi si poggia, tra pollice ed indice, una piccola parte dello zucchero in cottura. Si tuffano subito nell’acqua fredda e si sfregano delicatamente tra loro.

LAVAGNA per i gradi di cottura dello zucchero

Il modo in cui lo zucchero cotto reagirà allo sfregamento tra le dita indica a che grado di cottura è giunto. Se leggendo avete avvertito una lieve sensazione di terrore mista a disagio vi consiglio di prelevare il caramello con un cucchiaino. Non sarà la stessa cosa ma almeno sto tranquilla.
Prima di proseguire con la ricetta perfetta vi lascio una tabella con tutte le indicazioni del caso:

La ricetta perfetta.

IngredientiCome fare il croccante di mandorle

700 gr di mandorle
200 gr di miele millefiori
300 gr di zucchero semolato

Cerco di convincere mia madre che sbucciare le mandorle è la quintessenza della pratica zen. Manco finisco la frase che mi ritrovo da sola in cucina.

Faccio sbollentare le mandorle per pochi minuti, aspetto che si raffreddino quel tanto che basta per non morire, le premo tra indice e pollice per eliminare la buccia. Lascio asciugare su un foglio di carta da cucina e preriscaldo il forno a 180°.

Dispongo le mandorle su una teglia foderata con carta forno e faccio tostare per cinque minuti, non voglio che si colorino troppo.

Intanto verso lo zucchero semolato ed il miele in un tegame dal fondo piuttosto spesso e faccio sciogliere a fuoco moderato, dando una mescolatina veloce con un cucchiaio di legno. Faccio attenzione a non sporcare i bordi della pentola e aspetto che il caramello arrivi ad una temperatura di 130° circa.

Se non avete un termometro da cucina, prima fate una prova immergendo un po’ di caramello in acqua ghiacciata, poi provvedete ad aggiungere il suddetto arnese alla lista per Babbo Natale.
Aggiungo le mandorle al caramello, mescolo e aspetto che la temperatura raggiunga i 170°.
Afferro il pezzo di marmo amico dei temperaggi e delle frolle d’agosto e bagna leggermente la superficie con dell’acqua.

Verso il composto magmatico e provo a livellare con una spatola bagnata.

Per questa operazione potete avvalervi di: matterello inumidito, carta forno, un limone tagliato a metà ed infilzato con una forchetta. Melina, che è donna d’altri tempi, usa un grosso coltellaccio.

CroccanteCroccanteCroccanteCroccanteCroccante a pezzettiCroccanteCroccante

Taglio il croccante in piccoli rombi e lascio raffreddare per qualche secondo. Stacco ogni pezzetto con la grazie che contraddistingue una vittima di sugar craving nel pieno di una crisi e poggio su una gratella per fari sì che il croccante si asciughi completamente.

[Crediti | Link: Pellegrino Artusi, Pinella. Immagini: Rossella Neiadin]