Non può piovere per sempre. A meno che non piova zuppa. E si goda violentemente

Non può piovere per sempre. A meno che non piova zuppa. E si goda violentemente

Quando il gioco si fa duro, i duri si preparano una zuppa. Mai, e dico mai, sottovalutarne il potere taumaturgico. Non facciamola facile che non se lo merita: la zuppa non è un mero accessorio gourmet da inserire nei menù dei ristoranti per hipster (di fianco a “di stagione” e “della casa”) oppure nelle ricette dei foodblog (abbinato a “comfort food” o “coccola”). Nemmeno il complemento di una dieta ipocalorica.

La zuppa è uno stile di vita.

La mia zuppa feticcio è quella di zucca. Trovare la combo perfetta di consistenza e sapore ha richiesto lunghi anni di pratica, tra dosaggio esatto di patate e cipolle e scelta del tipo di zucca. Sono ancora in corso ricerche per scoprire quale formaggio vi si fonda meglio dentro – accetto suggerimenti.

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Quando voglio fare le cose in grande, e dico in grande davvero, preparo la zuppa di cipolle.

L’odore del burro che si scioglie o dei crostini che gratinano in forno allontana qualsiasi fantasma di detox. Lo sanno bene in Francia, dove il burro credo venga somministrato anche agli infanti, con l’imbuto, di notte.

La new entry di quest’inverno però è stata la ribollita.

Lo so, è un’istituzione, mea dannatissima colpa, per quale accidenti di motivo non l’ho scoperta prima? E soprattutto, ora che ho saputo della sua esistenza, come faccio a farne a meno? Pur di avere una fornitura costante di cavolo nero ho cambiato il banchetto di fiducia al mercato: son cose gravi, capite. Voglio dire, una costruisce un sano rapporto personalistico negli anni, poi la ribollita ti sconvolge i piani.

Quindi, preghierina: chef di tutto il mondo, sentiteammè: potete mettervi di impegno quanto volete, ma in fatto di zuppe non potrete mai rivaleggiare con la tradizione regionale. Fatevene una ragione. No, dico, avete mai assaggiato la zuppa di trippa e castagne? Entrerebbe nella top 3 dei migliori piatti di cucina povera, se solo non avessi in antipatia la definizione di cucina povera.

Si è capito che sono una campanilista in fatto di zuppe?

Ammetto qualche cedimento se mi mettono davanti un piatto di gulasch, ma poi resisto. Anche se, certo, una cucchiaiata di panna acida farebbe vacillare anche i patrioti più convinti. O forse no. E voi? Qual è la zuppa che vi infiamma i lombi e accende gli animi? Quella del vostro cuore, insomma. Non fa niente se è quella che vi faceva vostra nonna quando avevate l’influenza; chi siamo noi per giudicare.

[Crediti | Immagine: Happyolks]