Mangiare da soli: guida pratica per non sproloquiare davanti a una sedia vuota

Mangiare da soli: guida pratica per non sproloquiare davanti a una sedia vuota

Parlare con un interlocutore fantasma è un evidente segno di insanità (a meno che non ti chiami Clint, l’attore e regista Clint Eastwood, che a Tampa, Florida, sede della convention repubblicana, ha parlato con una sedia vuota –Baba, italiana, progettata da Sergio Milan– nell’ormai famosa gag contro Barack Obama).

Mangiare, invece, regala le sue gioie anche davanti a una tavola deserta. I distinguo fra il soliloquio gastrico e quello orale sono tre:
1. Il cibo che ingurgiti non ha bisogno, per davvero, di raggiungere nessun altro;
2. Puoi accendere la radio o la tv mentre mangi. Così, per mantenere una parvenza di socialità;
3. Puoi anche cucinare qualcosa di orrendo e respingere il piatto con riprovazione di te stesso, senza che il candidato alla presidenza del tuo paese ne risenta.

Cosa si cucina in questi casi di misantropia o necessario isolamento? Gli italiani, popolo dallo spaghetto recidivo, hanno la tendenza a limitare l’inventiva a un piatto di pasta alla buona, ma secondo noi si può fare di meglio. La mia cena in solitaria implica:

Hamburger. La singletudine può essere anche figa e quindi non tralasciare le gastromode. In tempi che vedono la trasformazione di tutto in hamburger e polpette, si può andare a briglia sciolta. Fatelo con la scottona, con il merluzzo, con il tonno, con il roastbeef del giorno prima, persino con il tofu oppure i legumi.

Frittata. Piatto a rischio di estinzione, è rude nei modi ma sincera nella sostanza, più o meno è il Callahan della padella. Si va dai fiori commestibili e le zucchine in primavera, alle melanzane in estate, alle patate, i funghi e i carciofi per chiudere il ciclo. C’è chi la ama anche con la pasta avanzata ma attenzione: è un sicuro shock se non si appartiene alla categoria degli sgamati a tavola.

Noodles. In tempi di dittatura Bric una virata esotica la deve fare anche la nostra dispensa di scapoli (occasionali e non). Armatevi di curiosità e derubricate il naso arricciato da schifiltosi, da una parte, e i sughini della mamma, dall’altra: è tempo di provare qualcosa di nuovo. I noodles di riso sono una manna dal cielo se li cucinate con zucchine, surimi e salsa di soia.

Risotto. Farsi le ossa in cucina da soli vuol dire sì prendere le distanze dalla cucina materna, ma anche saper affrontare quand’è il momento una dose di sana nostalgia. Risotti e zuppe ne sono l’incarnazione. Con la zucca e il taleggio il risotto è una coccola filante. Con il nero di seppia e una cucchiaiata di pesto diventa raffinato. Con il cavolo nero e il pecorino romano, un vero godimento da lupo solitario, intenso e sepolcrale.

Se siete del partito che “Ok la pasta, ma l’Italia non è fatta solo di pizza, spaghetti e mandolino” diteci cosa vi preparate per una sacrosanta cena in solitaria. Ossia il menù giusto da gustare davanti a una tavola apparecchiata per voi, senza nessuno intorno, per non arrivare a sproloquiare davanti a una sedia vuota, o al beauty case di Benedetta Parodi, ma in mezzo alla gente. Go ahead. Make your dinner.

[Crediti | Immagine: New Yorker]