“Negozio Leggero” libera l’ecologista fricchettone metropolitano in ognuno di noi

“Negozio Leggero” libera l’ecologista fricchettone metropolitano in ognuno di noi

Per essere una città fortemente cementificata, Milano è sede di una florida subcultura ecologista-no oil-vegetariana. Con chi ne fa parte io ho rapporti abbastanza frequenti: ci incontriamo dal ciclista di quartiere, nei negozi dell’usato, nelle librerie di sinistra, al mercato e nei cinema d’essai. Provo nei loro confronti un disagio causato in parte dalle mie scelte sempre a metà – metà vegetariana, metà ecologista, metà senza auto, metà locavora – in parte dalle loro calzature di elezione, le inqualificabili Birkenstock.

È quindi con questo senso di fratellanza misto a inadeguatezza che ho accolto la notizia dell’apertura a Milano di una sede del Negozio Leggero, rete in franchising dove si fa la spesa senza imballaggi. Al Negozio Leggero ci sono alimenti – caffè, caramelle, legumi e cereali, pasta, farine, tè e vino – detersivi e prodotti per l’igiene personale, e tutto è alla spina. Per trasportare gli acquisti, si comprano lì o si portano da casa adeguati contenitori.

L’offerta di prodotti è fortemente orientata in senso biologico, ecologico e vegano. Dopo aver letto sul sito che uno dei punti cardine della filosofia del negozio è la socializzazione (“Crediamo che il Negozio Leggero sia una nuova piazza. Il contatto con i clienti si basa sulla fiducia e sulla competenza che i commessi hanno nel fornire informazioni dettagliate sui prodotti e sulle vostre osservazioni che ci aiutano a migliorare”) mi viene un po’ di ansia da prestazione.

Mi cruccio quando realizzo di non avere nulla di cruelty-free da mettermi. Per compensare, preparo alcuni argomenti per non farmi cogliere impreparata al momento della socialità: “Il problema della dieta occidentale è l’eccesso di sale, datemi tutto il gomasio che avete”; “pensare che ancora molti ritengono erroneamente che l’amaranto sia un cereale”, e, in previsione di difficili pause di silenzio, “La scelta di Walter di non ricandidarsi è un grande esempio di buona politica”. Visto che non sono sicura dell’efficacia di quest’ultimo punto (e se suona come un’affermazione grillina e loro sono vendoliani?) ho un asso nella manica, l’equivalente dell’accessorio chic: porto con me il mio cane, reperito da adulto in canile vegano.

negozio leggero, prodotti alla spina

Il Negozio Leggero di Milano sta in via Anfossi 13. Mi ci reco consultando prima il calendario degli eventi per non sovrappormi all’appuntamento “Coppetta mestruale: un incontro per conoscerla” (argh!). Il negozio, piuttosto piccolo, è disposto in modo accessibile e funzionale, e gli alimenti ordinatamente in mostra nei recipienti di vetro gli danno una gradevole aria da drogheria di una volta. Lo staff è preparato e cordiale: la ragazza a cui chiedo indicazioni è impeccabile sia sui tempi di ammollo di un mix di cereali per zuppa sia sulla provenienza della pasta. Nel frattempo un’anziana e ciarliera signora infligge della conversazione all’altro commesso, il quale, memore dei vincoli della socialità, si gestisce con grande garbo.

Dopo lungo peregrinare, acquisto 50 grammi di tè verde giapponese Sencha, mezzo chilo di pasta e 5 porzioni di un mix di cereali per zuppa, per una spesa intorno ai 6€ complessivi. Scopro anche che il barbera Piemonte alla spina costa 1,99 €/litro, la pasta: 1,4 €/kg, il caffè 50% arabica, 50% robusta: 1,62 €/etto, il riso Thaibonnet: 1,97 €/kg. I miei acquisti vengono accuratamente impacchettati nella carta, e disposti sul bancone di fronte a me. “Noi non abbiamo sacchetti usa e getta”, mi dice soave la commessa. “Non importa, abito qui”, mento infilandomi 2 pacchetti sotto le ascelle e fermando l’altro tra mento e collo.

Sapevo che un dettaglio mi avrebbe tradito.