“Speriamo nel Vesuvio”: una breve storia del razzismo nei menu dei ristoranti

“Speriamo nel Vesuvio”: una breve storia del razzismo nei menu dei ristoranti

Ormai lo hanno capito tutti: nemmeno un tabellone 20 per 20 fa il botto come un bel post su Facebook. In breve: la pagina dei Briganti (revanscismo meridionale tra citazioni gramsciane e foto di bidet regalmente partenopei) pubblica la foto del menu di un locale che ha una pizza chiamata: “speriamo nel Vesuvio,” con stracchino e crudo di Parma a 9 euro. Nessuno dice, supponiamo per prudenza, di che pizzeria si tratta, nonostante la foto sia stata fatta da un certo Vincenzo Serio, amico dei Briganti.

Breve cronistoria
Il 19/11 alle 17:30: il primo post sulla pagina I Briganti.
Parte la ridda dei commenti: dal semplice “al Nord non sanno fare la pizza”, all’ingenuo sbalordimento per il prezzo (9 euro) che invece è assai comune al Nord. Fino ad arrivare a spiacevoli commenti sull’alluvione che ha devastato le città liguri. Qualcuno comincia a tirare fuori il nome del locale.

Il 19/11 ne parla anche il Corriere del Mezzogiorno.

Sempre il 19/11 nel pomeriggio Vesuvio Live svela il nome della pizzeria: è il Mamita di Loano (SV), con tanto di pagina Facebook che annovera tra gli ospiti recenti Iacchetti e Morgan: chissà che avranno ordinato?

Il 20/11 l’Huffington Post Italia dà il via ai giornali nazionali che riprendono quasi tutti la notizia.

Il 20/11 alle 11:30 arriva ai Briganti la lettera di Yuri, il proprietario del Mamita.
In mattinata il povero Yuri comincia a tentennare e manda una lunga lettera ai briganti. Il contenuto è un po’ retorico: la discendenza da emigranti beneventani, il figlio col sangue partenopeo, c’è pure un “forza napoli!” Il succo della storia, opinabile, è che il nome “speriamo nel Vesuvio” significa “speriamo che il Vesuvio risparmi i napoletani”.

Dico io: se era un omaggio a Napoli non era meglio metterci le sfogliatelle sulla pizza, piuttosto che lo stracchino e il prosciutto di Parma?

Ma i Briganti credono a Yuri, o almeno così dichiarano, e dopo aver aizzato le folle prendono le distanze: nessuno deve essere minacciato (mentre Yuri di minacce ne sta ricevendo un bel po’).

il 20/11 alle 13:30 I Briganti ripubblicano la foto del menu incriminato.
Il flusso di Facebook non si ferma mai, e i briganti sono sempre briganti, così ricominciano gli insulti.

Il 20/11 alle 18 la pagina Facebook del Mamita mostra il nuovo menu, ora la pizza si chiama: “speriamo nel Vesuvio (che non erutti mai, ovviamente)”, un nome comodo per le ordinazioni. E c’è da chiedersi come lo tradurrà la cameriera nel suo blocchetto.

vesuvio nuovo menu

Cosa è successo nel frattempo al Mamita
– Una coalizione di Briganti deve anche essere andata su TripAdvisor, visti i tre sospetti commenti del 20 Novembre.
– Piovono gli insulti anche sulla pagina Facebook della pizzeria savonese.
– Pare, o almeno così si legge in uno dei tre post dei Briganti, che sia pronta una class action contro il locale e che ci sia pure l’avvocato pronto ad occuparsene gratis.
– Sempre i Briganti si stanno organizzando per fare un po’ di ordinazioni a vuoto per ostacolare il servizio del Mamita nei prossimi giorni.

Il cibo divide
Da quando ho imparato a dire polentoni per offendere i veneti mi è risultato chiaro che il cibo divide. Ma fino ad oggi ci eravamo limitati ai cartelli perentori e ignobili che intimavano a terroni e cani di rimanere sulla porta, si era passato per qualche scaramuccia sul maiale sì/maiale no nelle mense delle scuole pubbliche con bambini musulmani, al massimo si finiva su qualche annuncio di lavoro discriminante, come la “piada razzista“, corroborata dal lungimirante sillogismo: se sei arabo fai il kebab, la piadina la fanno gli italiani.

Siamo in ottima compagnia
Ad Adelaide (Georgia – USA) un locale inaugurato la scorsa estate ha chiamato i suoi piatti asiatici “febbre gialla”, poi si è dilettato anche con i tedeschi che l’unica arte che sanno fare è la guerra.

Ma gli austriaci l’hanno presa troppo sul serio, e l’associazione dei loro ristoratori ha chiesto che siano ritirate dal menu dei ristoranti nomi come “scaloppina zigana” o “moro in camicia”; ne parlavano qualche tempo fa il francese Express e il britannico Telegraph.

Noi italiani non saremmo mai così pragmatici da fare l’elenco dei piatti razzisti (direbbe un solido qualunquista).
Yuri del Mamita e i Briganti di Facebook interpretano il loro ruolo, da decenni sempre lo stesso, fatto di sghignazzate tra commilitoni, divertenti (poco) come solo i luoghi comuni sanno essere. La battaglia tra mozzarella e il gorgonzola è una storia trita e ritrita.

Se volete sapere come si fa a raccontarla con un po’ più di eleganza domandate consiglio a Canavacciuolo e a quel genio del marketing che si è inventato lo spot del gorgonzola.