Mangiare al mare: la domenica tipo del bambino di vent’anni fa

Mangiare al mare: la domenica tipo del bambino di vent’anni fa

Oggi il mare è una cosa da weekend, che per me si esaurisce in un rito che ha 5 tappe: coda in auto sotto il sole, fila per l’ombrellone, 2 bagni, 2 sedute di abbronzatura, e un’altra coda in auto per tornare. Sarà la nostalgia dei miei 10 anni, ma una volta il mare era la cosa più calma che conoscevo, con tanto di pisolini sotto il sole e la partita a bocce sulla spiaggia al tramonto, quando non c’era più nessuno e finalmente anche il nonno riusciva a muovere qualche muscolo senza incappare nel collasso cardo circolatorio.

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In quei giorni la mia quotidianità era scandita con l’ausilio di due borsoni: uno con i giochi e uno con i viveri, da consumare in una sapiente successione designata dall’autorità materna.

Ore 10:30 – Estathè.

estathe

Poco dopo l’arrivo in spiaggia e poco prima che il ghiaccio sintetico si arrendesse al bruciore della rena assolata, la prima tappa gastronomica era l’Estathè che si poteva bere anche prima di fare il bagno, giusto per ristorarsi della fatica di essersi trascinati fino all’ombrellone.

Ore 11 – Pesca.

pesca

Appena rientrati dal primo bagno (io venivo richiamata all’ordine quando l’ammollo prolungato mi copriva di rughe la pelle delle mani) ci voleva qualcosa da mangiare non troppo impegnativo per non rovinarsi l’appetito in vista del pranzo. Arrivava così la pesca, anche lei timidamente infreddolita da quel poco di frescura rimasta nella borsa termica.

Purtroppo, per la legge di Murphy, una volta su due mezza pesca mi cadeva sulla sabbia, ovviamente dalla parte della polpa.

Ore 12:30 – Riso freddo.

riso freddo

Terribile epoca minacciata dal Condiriso e dal Condipasta, quella dell’insalata di riso sulla spiaggia era una mannaia che cadeva inesorabile all’ombra di tutti gli ombrelloni alle 12:30 puntuali.

Anche se io preferivo il panino al prosciutto nel pane da tramezzini, il solo capace di crearti quell’arsura che ti faceva consumare tutte le scorte di acqua della famiglia nella successiva mezz’ora.

Ore 12:40 – Prosciutto e melone.

prosciutto e melone

L’altro piatto tipico era il prosciutto e melone, prosaico, servito semplicemente a fette, non con tutti quegli abusi creativi che se ne fanno oggi. Avete visto la fetta di melone avvolta nel prosciutto e nella fetta di mozzarella Santa Lucia e chiusa da un filo d’erba cipollina?

Mi pare senza dubbio un elogio della creatività, da circo.

Ore 16 – Tramezzino alla Nutella.

tramezzino alla nutella

Dopo il pranzo c’era il riposino con allegata la minaccia: “Se fai il bagno nelle prossime 3 ore ti si blocca la digestione e svieni in acqua” che teneva tutti a testa bassa all’ombra. I meno temerari si appisolavano sulla brandina, coperti con l’asciugamano, casomai ci fosse la possibilità di prendere freddo, nonostante il sole allo zenit nei torridi meriggi di luglio. Poi finalmente di nuovo in acqua.

L’unico modo per farci uscire era il richiamo del tramezzino alla Nutella, che con l’afa raggiungeva lo stato liquido e colava dappertutto.

Ore 17:30 – Bombolone.

bombolone

Chi frequenta le spiagge di Romagna lo sa: i bagnini sono tentatori.

Una ventina d’anni fa niente biblioteche, palestre o piscine sulla spiaggia, ma alle 17 o giù di lì, usciva dall’altoparlante del bar un grido: “sono pronti i bomboloni!” a cui rispondeva immediatamente la spiaggia tutta, incamminandosi in una marcia traballante, sulla sabbia che ancora scottava, per accaparrarsi il bombolone caldo.

Ore 17:30/bis – Pizza.

pizza al trancio

Qualche stabilimento, ma io cercavo di evitarli, sostituiva la pausa dolce con quella salata, sfornando nientemeno che la pizza. Un’altra prelibatezza che dà il meglio di sé con i 40 gradi all’ombra.

Eppure ne andavano pazzi.

Ore 19 – Calippo.

calippo

Frutto proibito dei giorni più capricciosi, o di quelli in cui le madri erano più remissive, il Calippo a fine spiaggia era un modo come un altro per rompere le scatole agli adulti quando si passava davanti al bar dello stabilimento, subito dopo essersi lavati i piedi e le ciabatte di gomma alla fontanella.

Ore 21:30 – Gelato soft.

gelato carpigiani

Della marca Carpigiani, a me è sempre sembrato fosse un unicum del commercio marittimo, quando tornavo a casa in città non li trovavo mai, così la passeggiata serale non era tale se non mi facevo soffiare nel cono un ricciolo di gelato soft, direttamente dal distributore parcheggiato sul marciapiede, fuori dalla gelateria.

Il mio preferito era ovviamente quello bigusto, spesso fragola e cioccolato, che arricciolava su di sé due colori. Due sapori invece non credo, non riesco proprio a ricordarlo.

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