Siamo perché mangiamo cibo industriale da milioni di anni

Siamo perché mangiamo cibo industriale da milioni di anni

Leggiamo e come automi ripetiamo, fino a sconfinare occasionalmente nella pedanteria, che evitando i cibi industriali trasformati non partecipiamo alla generale epidemia di obesità, anzi, mangiare alla mediterranea ci garantisce buoni risultati pneumatici. 

Eppure processiamo il cibo (nel senso di sottoporlo a un processo di lavorazione che, per ragioni di sicurezza o convenienza, altera lo stato naturale) da quando abbiamo imparato come cucinarlo, conservarlo, congelarlo, essiccarlo o farlo fermentare.

In altre parole, e anche se la cosa non ci piace, scatolami e impacchettami sono alla base della nostra evoluzione come genere umano.

Ripercorriamo allora, con l’aiuto della rivista Scientific American, la multi-millionaria storia del cibo industriale.

Già 1.8 milioni di anni fa, la Carne Arrosto.
Cotto è meglio di crudo, alla faccia dei crudisti. Infatti, il cibo sottoposto a cottura è più nutriente e più facile da digerire.

30 mila anni fa, il Pane.
Ancora prima della nascita dell’agricoltura. Parlate con un’amante del pane, quindi la cosa non mi stupisce più di tanto: è buono, lo hanno scoperto fin da subito, beh? Elementare: era facile da portare in giro (primitive schiscette), difficilmente deteriorabile, decisamente nutriente. Stop.

7.000 a.C. la Birra.
Le cose iniziano a farsi interessanti. Probabile sottoprodotto della panificazione, la birra non ha una data di nascita ben definita. Il cosiddetto “fortunato evento fortuito”, apprezzato sin da subito nella preistoria: i Sumeri, buongustai, indirizzavano probabilmente il 40% dei cereali raccolti alla produzione di birra. Seguivano sicuramente a ruota gli Egiziani e i Cinesi. Scemi non erano.

6700 a.C. le Tortillas.
Chiamatela anche “domesticazione (???) del mais”, ma questa è stata una delle invenzioni meglio riuscite della storia. I nativi americani lasciavano il kernel in ammollo in una soluzione che creasse la masa de maìz, impasto delle adorate tortillas.

5.400 a.C. il Vino.
La prima prova del fatto che le popolazioni antiche lo producessero è stata trovata sui Monti Zagros, in Iran. Un bicchiere d’acqua e una sedia per Damian, il mio amico francese, grazie!

5.000 a.C. il Formaggio.
“Prendere il latte, collocarlo nello stomaco di un ruminante, quindi agitare”. Così si faceva l’antenato del formaggio. Probabilmente un bene necessario, poteva essere mantenuto più a lungo rispetto al latte fresco. Inoltre, curiosità: nel Neolitico l’uomo non possedeva il gene indispensabile a digerire il lattosio (questo tipo di gene risale infatti agli ultimi mille anni) e la caseificazione contribuiva a rendere gli alimenti lattiero-caseari più digeribili. Notasi: no nutrizionisti a quel tempo.

4500 a.C. l’Olio d’Oliva.
Un’oliva cruda non è commestibile a causa della sua amarezza. Così, gli agricoltori del Mediterraneo orientale hanno pensato alla loro fermentazione in liscivia, per poi spremerle e ricavarne il famoso e prezioso olio. Grazie amici, ci avete cambiato la vita!

3000 a.C. l’Olio di Palma.
Ricavato dalle bacche della palma, se ne sono trovate tracce persino in antiche tombe egizie.

2400 a.C. i Sottaceti.
Non so come mai, ma pensare ai Mesopotamici che confezionano verdurine sottaceto scatena in me un’ondata di incontrollabile ilarità.

2000 a.C. le Tagliatelle.
Non vorrei scatenare l’inferno riportando quanto scritto da Scientific American su questo tipo di pasta italianissima. E sottolineo, italianissima. Quindi, citerò virgolettando: “La prima prova di questo piatto popolare sono tagliatelle a base di miglio, conservatesi in una ciotola di terracotta nella Cina nord-occidentale”. Io preferirei chiamarli noodles, altrimenti mi piglia un coccolone.

1900 a.C. il Cioccolato.
La civiltà pre-Olmechi in America Centrale macinava i chicchi dei baccelli di cacao, mescolando la polvere con acqua e scuotendo poi la miscela, producendo una bevanda schiumosa. 3.400 anni dopo, Hernando Cortés portò i chicchi in Spagna. Lì, aggiunsero lo zucchero et voilà, nacque il cioccolato.

4500 a.C. il Bacon.
Ribadendo la loro presenza tipo prezzemolo ora e (a quanto pare) anche prima, sono ancora i cinesi a dare il meglio di sé: i cuochi della Terra di Mezzo sono stati i primi a salare la pancetta di maiale, non solo per conservarla meglio, ma anche per far risaltare il sapore della carne. Chapeau!

500 a.C. lo Zucchero.
Secondo i testi sanscriti, in India la canna da zucchero veniva lavorata, dando vita a cristalli giganti. Poi, quasi un millennio più tardi, gli indiani inventarono uno zucchero semolato, più facile da trasportare, dando luogo al commercio mondiale di questo alimento dolce.

400 d.C. la Senape.
Una delle prime senape era una miscela di semi, pepe, cumino, levisticum, semi di coriandolo tostati, aneto, sedano, timo, origano, cipolla, miele, aceto, salsa di pesce e olio. Brividi per tutto il corpo.

400 d.C. il Sushi.
Non ci crederete, ma all’inizio della sua storia il sushi non era un piatto fighetto. Fu inventato nel sud-est asiatico come metodo di conservazione del pesce: veniva salato e coperto da riso bollito e lasciato fermentare per mesi. Il riso in decomposizione veniva poi scartato e il pesce inacidito invece consumato. Ovviamente, il metodo attuale è decisamente diverso. Lo dico per tranquillizzarvi.

965 d.C. il Tofu.
Gel coagulato a base di soia cotta. Detto così è brutto, lo so.

Secolo 10°, il Baccalà.
Ovviamente, il sale che copriva il merluzzo serviva a facilitarne l’essiccazione e la conservazione anche in ambienti umidi o caldi, come i pescherecci o le barche.

Nacque quando i marinai Baschi incontrarono i pescatori Vichinghi, con le loro grandi quantità di merluzzo, vicino alle Isole Faroe. Essendo i Baschi cattolici e dovendo osservare il venerdì senza carne, il baccalà divenne sempre più popolare. Fino ad arrivare alle cene di Natale dell’Italia meridionale (non aspetto altro che la Vigilia per poter mangiare il baccalà fritto. Chiamatemi viziosa, se volete).

Secolo 15 °, il Burro d’Arachidi.
Fortunatamente poco diffuso nel nostro continente (ci ho provato a mangiarlo quando ero a New York, mi sono anche impegnata. Ma oltre al piccolo cucchiaino per 4 mattine di seguito, non ce l’ho fatta, ho abbandonato), venne inventato dagli Aztechi. Ecco.

Metà del secolo 15°, il Caffè.
Nonostante la nostra passione per questi chicchi magici, sappiamo bene , noi italiani, che le radici del caffè non affondano in nostra Patria, bensì nel mondo arabo. Yemen ed Etiopia, si pensa, grazie a degli scritti ritrovati che descrivono il commercio dei granelli tra i due Paesi nel 15° secolo.

Il caffè aveva (e ha, deduco) diversi poteri sul nostro corpo: inizialmente somministrato per mal di stomaco, torpore, narcolessia e altri disturbi, vennero poi notati anche i suoi poteri “sociali”: aggregazione, socievolezza, grande piacere a condividere il momento con gli altri. Il piacere del caffè, insomma, perdura nei secoli, inutile negarlo.

1767, l’Acqua Gassata.
Lo stesso uomo che ha scoperto l’ossigeno,Joseph Priestly, ha inventato anche l’acqua gassata: piazzò una ciotola di acqua sopra una fabbrica di birra e si rese conto di ciò che accadeva. Un altro fortunato incidente. L’ennesimo.

1894, i Fiocchi d’Avena.
John Harvey Kellogg e suo fratello Will Keith Kellogg, per accontentare la dieta vegetariana del sabato dei Seventh-Day Adventist (frangia del Protestantesimo), crearono i corn-flakes.

1908, il Glutammato Monosodico.
Un chimico giapponese, Kikunae Ikeda, voleva trovare un modo per riprodurre chimicamente il sapore dell’alga kombu. Quindi, dopo aver fatto evaporare una grande quantità di brodo dashi, vi trovò un residuo, lo assaggiò e si accorse che era l’anima del sapore del cibo giapponese. Da qui parte il tormentone umami.

Anni ’50, i Chicken Nuggets.
Robert C. Baker, scienziato, decise che il modo per far aumentare la domanda di pollo negli USA fosse creare dei bocconcini ricoperti di panatura e proporli nei locali. Beh, ve lo chiedo lo stesso: secondo voi ha funzionato?

2013, la Carne creata in laboratorio.
Ve lo ricordate l’assaggio in mondovisione dell’hamburger in vitro, vero?

[Crediti | Link: Scientific American, Dissapore, immagine: Flickr/Carl Lee Photography]