Vinitaly e dintorni: cronaca spontanea di tre giorni di chiacchiere, bevute, code e situazionismi

Vinitaly e dintorni: cronaca spontanea di tre giorni di chiacchiere, bevute, code e situazionismi

Con un rigurgito autoreferenziale questo post sul Vinitaly 2015 parte con un aggiornamento preso dal mio profilo Facebook. Poi argomento.

“Piedi lessi, vescica piena, testa dolorante, caldo, confusione, disorientamento, fatica, palato devastato, tutto prima del traffico disumanizzante: prendere le ferie per andare al Vinitaly alla fine è una forma di masochismo che andrebbe analizzata scientificamente. Infatti torno un giorno prima e salvaguardo il fisico.”

Ecco, io odio la posa di chi va agli eventi e ai festival sbuffando – come se gli fosse capitato di spalare una tonnellata di letame – però, di anno in anno, c’è da confermare come il Vinitaly sia davvero sfiancante.

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Soprattutto dopo 2 giorni di spostamenti, rapidi assaggi, file ai bagni e panini irricevibili con 3 grammi netti di companatico, qualche lavoro medievale rischia di essere rivalutato.

Possibile che non possa diventare una fiera più vivibile?

Forse no. Amen.

PICCOLE CHICCHE
Entriamo nel vivo: inutile citare i grandi nomi del vino o le numerose conferme. Meglio raccontare qualche bevuta sorprendente. Per consuetudine e fissazione personale sono partito dalle Marche. Il Verdicchio si mostra in ottima forma, anche nelle sue declinazioni più industriali che finalmente sembrano abbracciare il lato sapido e elegante di questo grande bianco italiano, piuttosto che rincorrere morbidezze innaturali e anacronistiche sauvignonizzazioni.

Sul mio personale cartellino (cit.) mi sono segnato il Verdicchio di Matelica 2014 di Quacquarini, il Superiore 2013 di Mancinelli e il 2013 Classico di Tenuta dell’Ugolino.

Altri grandi assaggi in zona Irpinia. Anche qui, inutile sorprendersi di Pietracupa o Picariello, ma i vini di Cantine Contrada sono splendidi manifesti di un territorio dalle potenzialità infinite. Tutta la produzione è su alti livelli ma Fiano e Taurasi spiccano. Del primo ho avuto anche modo di assaggiare un 2003 in forma assoluta.

Infine bella scoperta anche in Alto Piemonte con il Bramaterra di Roccia Rossa, nebbiolo sapido ed elegante che a tavola non fa prigionieri.

VIVIT
Chiudendo gli occhi sul senso di setta nel sistema che la collocazione emana, e sulla trovata di scrivere al contrario la descrizione – simbologia oppositiva davvero elementare – il padiglione nel padiglione dedicato ai “vini naturali” brilla di luce propria.

Ancora una volta, impossibile citare tutti, ma il Cirò Riserva 2010 di A’Vita, il Sacrisassi rosso 2012 di Le 2 terre, il Brunello riserva 2007 di Il paradiso di Manfredi sono grandissimi vini. Come i tre cannonau di Dettori, con cui mi sono bruciato le sopracciglia!

ANNATA 2014
Generalmente fredda, piovosa, portatrice di malattie alle piante e di rese bassissime. Sono mesi che viene raccontata come l’apocalisse.

Eppure gran parte dei vini bevuti, specie quelli di chi ha lavorato bene e ha accettato perdite importanti, lasciano soddisfatti, almeno chi cerca bevibilità ed eleganza piuttosto che muscoli e corpo. Ne riparleremo in futuro, ma molti indizi fanno una prova, anche se in Veneto non saranno d’accordo.

cieca

DEGUSTAZIONE ALLA CIECA
Gli amici di Intravino hanno organizzato una bella degustazione a invito (“The Judgement of Verona“) per mettere a confronto una serie di metodo classico di alto profilo. Lo scopo, comune a tutte le degustazione alla cieca, era quello di farsi un’idea, laica e sincera, di cosa beviamo senza farci intimorire o suggestionare dall’etichetta.

Selezione di vini importanti italiani e francesi, forse un po’ tutti appiattiti sul modello dominante. Mi è anche venuta una certa ansia scolastica (si doveva firmare e dare i propri giudizi con tanto di voti in centesimi).

Risultati sorprendenti ma neanche troppo: se doveva emergere una certa sopravvalutazione dello champagne così non è stato, però indubbiamente alcuni dei numerosi Franciacorta ne sono usciti bene. Mi sono scoperto molto severo, ma solo per incapacità di astrarmi dai miei gusti personali rispetto ai canoni enoligici da scheda Ais.

STARE DALL’ALTRO LATO DELLA BARRICATA
Quest’anno, per la prima volta, ho aiutato una cantina che conosco bene e apprezzo molto (Cataldo Calabretta) a seguire per un pomeriggio il loro banchetto dentro lo stand della Fivi. Finalmente ho capito cosa si prova a servire il vino.

Tra chi ti spiega come dovresti vinificare e chi porta la comitiva scolastica a tracannare indistintamente, l’Oscar al miglior quesito va a un giovane che mi chiede “Scusate, voi esportate in Africa?”. “Ecco…, oddio, l’Africa non mi sembra il mercato più tipico del piccolo produttore, ma chiederò al produttore”.

Era già andato via, buttandolo giù in una sorsata di gargarozzo come alla vostra festa di diploma.

Bastianich_sanmarzano

LA SPLENDIDA CORNICE
Dicitura mortale imposta dalla comunicazione a cui il giornalismo si è ineluttabilmente piegato, il premio splendida cornice quest’anno va senza dubbio a Cantina San Marzano.

Evento altisonante dentro i giardini di Palazzo Giusti. Mondanità elevata, 2 buffet, banda gitana e un solo dubbio: ma tutto quel pesce e quelle ricercatezze alimentari erano la soluzione giusta per una cantina che ha nel negramaro e nel primitivo i suoi punti forti? Nel dubbio ho fatto abuso di Fiano.

GLI ALTRI EVENTI
I giorni del Vinitaly sono anche quelli delle tante fiere parallele. Quest’anno ho dovuto saltare ViniVeri e a Villa Favorita sono arrivato solo la sera per la cena dei produttori, dove regna una bella atmosfera e ci si porta al tavolo le bottiglie che vuoi.

Capita anche di bere vecchie annate splendenti (l’incredibile Ruchottes-Chambertin Grand Cru Clos des Ruchottes 1999 di Armand Rousseau, o quel capolavoro di sangiovese che è Fontalloro 1990 di Felsina) o grandi bolle fuori dai confini dell’impero, come lo Chamery di Clement Perseval, o Christophe Mignon.

Una di queste l’avrei messa nella degustazione cieca di Intravino.

Sono stato anche a Summa. Bene, Summa è la fiera vivibile e appassionante che evocavo in apertura. Begli spazi, formaggi e salumi altoatesini a pioggia, grandi etichette, imponente selezione estera – il quadro sull’Austria era esemplare – e un’istruttiva degustazione nella cantina dell’organizzatore dell’evento, Alois Lageder.

Impossibile sintetizzare i grandi assaggi fatti, cito solo il ritorno di un’azienda storica dell’enologia italiana come Fiorano, l’usuale grandezza di Montervertine, i tanti splendidi Riesling in degustazione e alcuni esperimenti molto interessanti di Lageder stesso.

All’anno prossimo.

[Crediti | Link: Dissapore]