Gran Caffè Napoli 1850, Castellammare di Stabia: recensione

Gran Caffè Napoli 1850, Castellammare di Stabia: recensione

Siamo stati al Gran Caffè Napoli 1850 a Castellammare di Stabia, Napoli; caffetteria e pasticceria storica della cittadina che fa da avamposto alla costiera sorrentina. Da circa un anno è in forze qui Angelo Mattia Tramontano, ex pastry chef del Danì Maison ad Ischia, ristorante due stelle Michelin, guidato da Nino di Costanzo. Abbiamo visitato la pasticceria e degustato alcune proposte: ecco la nostra recensione.

Pasticcerie in Campania: certo, vi state scapicollando insieme a me in un viaggio insolito e forse banale allo stesso tempo. Vi ringrazio in ogni caso, vi ringrazia anche la mia auto per tutti i km fatti e vi ringrazia pure il nutrizionista, di cui non vi mostrerò la fattura.

Fare qualità in una pasticceria, in Campania, per fortuna non è l’eccezione ma la regola. Una regola anche un po’ piatta, volendo. Quello che manca spesso in questa pasticceria partenopea è un po’ di “identificazione”, una sorta di trademark, un po’ di pensiero articolato, che esso ci piaccia oppure no. Ascoltando i consigli dei vari foodie, questi mi distraggono dal centro cittadino. Napoli, no, Napoli no, vai a Castellammare di Stabia, al Gran Caffè Napoli.

Castellammare di Stabia è una città ricca, pure bella: se in passato le terme di Stabia ed una posizione a dir poco favorevole la resero meta appetibile dei ricchi patrizi per le loro vacanze, oggi la stessa posizione fa gola a chi vuole abitare ad un passo da Napoli e dalla costiera sorrentina. Da un po’ ha ripreso vita questo storico caffè cittadino, soprattutto grazie all’ingresso di un giovane pasticciere, Angelo Mattia Tramontano.

Angelo Mattia Tramontano, informandoci un po’ su di lui, è praticamente giovanissimo: 31 anni, un po’ di palestra su e giù per l’Italia, soprattutto nella pasticceria da ristorazione. La tappa più importante è al Danì Maison di Ischia, ristorante bistellato Michelin, dove resta poco più di un anno. Subito dopo qualche tappa Oltralpe, da Jacques Genin e subito dopo si ritorna in Costiera. Belle speranze e capacità il ragazzo, che per ora gioca il ruolo del mediano.

Gran Caffè Napoli 1850: Ambiente, mood.

Se c’è un difetto di questa Castellammare è decisamente il traffico; il Gran Caffè Napoli è praticamente in un nodo nevralgico e centrale della città; diciamo che per raggiungerlo, dovrete – al 99% – armarvi di una buona dose di pazienza e ficcarvi nel traffico suburbano napoletano: vi farà rimpiangere il GRA, ve lo dico.

La caffetteria/pasticceria fa angolo tra Piazza Principe Umberto e Via Mazzini; come suggerisce il nome, apre i battenti nel 1850 con il precoce nome di “Caffè di Europa”, un nome che farebbe impallidire i sovranisti di oggi; qui, leggiamo dal sito internet, la belle epoque soleva prendere caffè e discutere degli argomenti più vari. Ad inizio Novecento, diventa il Gran Caffè Excelsior per poi diventare definitivamente il Gran Caffè Napoli nel 1923. Dopo essersi unificato lungamente nel mare magnum delle caffetterie-pasticcerie “buone ma niente di eccezionale”, da circa un anno una cordata di imprenditori locali ha deciso di dare una spolverata a questo luogo storico.

Una veranda con molti posti a sedere è l’anticipo di una sala con banconi per la caffetteria e l’asporto dei dolci, che non hanno i prezzi esposti ma soltanto i nomi; un’altra sala più appartata è quella interna, con le sedute. Molto bello l’utilizzo dei colori ed anche la volta del soffitto, lasciata con i decori degli interni storici. In un futuro molto prossimo, la struttura dovrebbe funzionare anche come bistrot, fornendo una carta dei dolci per degustazione dedicata.

Il servizio è formale, più di altri posti simili che abbiamo visitato; il menu presenta una sezione caffetteria, con il caffè ad 1,50 euro (rialzato a 2,00 nelle ore serali). Una sezione è dedicata alle monoporzioni, con un “Giornaliero” preparato secondo le disponibilità del giorno a 5,50 euro, stesso prezzo delle altre subito dopo. Presenza marcata delle mousse tra i dolci e dei dolci tradizionali da colazione e da banco, come il cosiddetto fazzoletto stabiese, una sorta di fazzoletto di pastasfoglia ripieno di crema.

A tutte le unità, ripeto, a tutte le unità: qui il caffè (espresso napoletano, si intende) è molto buono, in barba a chi già ci aveva dati schiavi di Report: non bruciato, piacevolmente tostato e leggermente più lungo della media, servito in tazza con monogramma del locale. Ad avercelo sotto casa.

Pastiera a modo mio: tu, hai bisogno di un nome.

Definita “a modo mio” sui social, sullo scontrino “Pastiera GCN” (Gran Caffè Napoli) pastiera mia, tu hai bisogno di un nome: anche perché, benedetta quella sirena che miscelò gli ingredienti e creò questo dolce (così dice la leggenda), ma tu – pastiera di Angelo Mattia Tramontano – puoi tranquillamente diventare un classico contemporaneo della pasticceria partenopea. Un guscio di pastafrolla dove il burro è grasso ben bilanciato con il pizzicore del sale, si sente bene, da mangiare anche nuda. L’interno ha alla base crema pasticciera, subito sopra semifreddo alla pastiera (cioè con ricotta e grano cotto, il classico ripieno della pastiera napoletana), glassa e chips di arancia. Bello l’impiattamento, con decorazione di glassa alla fragola e frutta di stagione. Da asporto, la pastiera rivisitata viene 3,50 euro. Al tavolo, 5,50 euro.

Banalotta potrà sembrare, e invece secondo me Angelo Mattia Tramontano ha fatto un grande centro: restituire grande dignità, una golosa dignità direi, ad ogni parte della pastiera napoletana, senza nemmeno ingegnarsi troppo. Un dolce che può rientrare pienamente nei gusti un po’ barocchi dei napoletani senza per questo cadere in stucchevolezze tipiche della nostra pasticceria. Piacevole anche il gioco di temperature e consistenze, che varia dalla pastafrolla alla crema al semifreddo. Insomma, un dolce molto ben riuscito, però gli manca un nome. E forza Angelo, su.

Sfogliatella riccia, frolla, babà al rhum

Una carrellata rapida dei dolci tradizionali si è fatta, anche se già la pastiera valeva la visita. Nella sfogliatella frolla si sente particolarmente la mano tradizionale, con una pastafrolla napoletana molto carica di grasso animale (sugna e burro), forse da rivedere un po’ per darle quel tocco personale, che già è stato raggiunto con il ripieno. La sfogliatella frolla, infatti, acquista un carattere che la distingue da molte altre provate grazie ad una sostanziosa presenza della buccia dei limoni sorrentini, qui abbontamente grattugiata, che dà un deciso tono e vivacità ad un dolce altrimenti eccessivamente grasso e sostanzialmente “piatto”. La personalità di questa frolla va premiata, che è anche dalle dimensioni generose, servita con una temperatura di servizio tiepida andante al caldo. Il prezzo al banco è di 1,50 euro, al tavolo di 2,00 euro.

L’equilibrio che manca nella frolla è stato raggiunto con la sfogliatella riccia: buono il ripieno di sola ricotta e semolino, dove si intravedono qua e là dei cubetti di cedro fresco candito, una rarità quasi in questa pasticceria partenopea dove si preferisce un più servile candito d’arancia. Sfoglia dal crunch consistente, non per i paurosi delle briciole, viene via con un sonoro crack al morso.A vederla, è voluttuosa, ben chiusa, brunita e già servita con zucchero a velo e temperatura sul caldo. Non dispiace – nemmeno nel caso della frolla – questa modalità di servizio, visto che non sono eccessivamente zuccherine. Anche qui, prezzo di 1,50 al banco e di 2,00 euro al tavolo.

Concludo il trittico con un babà napoletano al rhum. Dimensioni decisamente aggraziate per questo babà, che lo rendono signorile ed altezzoso, con decorazione anche qui di glassa alle fragole e bacche. Alla prova forchetta, la pasta è abbastanza elastica e trattiene bene la bagna, che non cola inondando il piatto (grande merito a mio parere). Al morso, la pasta si scioglie ed in fase di espirazione si sente bene la nota alcolica della bagna ma – sorpresa! – qui riusciamo a distinguere alcune delle note delle spezie messe in infusione nella bagna. Primi tra tutti, distinguiamo benissimo i chiodi di garofano. Un bel dolce, insomma, esteticamente ben presentato, dimensioni ragionevoli e soprattutto non sciocco, anche qui l’equilibrio ed il “passo oltre” è raggiunto senza difficoltà. Prezzo al banco 2,00 euro, al tavolo rincarato a 3,00 euro.

Giudizio globale: Il Gran Caffè Napoli è un locale bello, accogliente, che gira come dovrebbe girare un locale che porta sul bavero le medaglie della storia. L’imprinting del pasticciere Angelo Mattia Tramontano si fa vedere, ma deve – a mio parere – ancora emergere del tutto. Dev’essere dura prendere le redini di una pasticceria storica, allontanarla da alcune pacchianate e farla camminare sul filo di una pasticceria da risorazione stellata, dove spesso vediamo delle espressioni di questa arte che vorremmo rivedere in una pasticceria normale, e di solito non capita. C’è ancora molto da lavorarci, ma capitando – per caso, o con visita programmata – al Gran Caffè Napoli 1850, il cliente avrà comunque un’esperienza “diversa” dalla media, che resta  eccellente, della pasticceria campana.

Informazioni

Gran Caffè Napoli 1850
Indirizzo: Piazza Principe Umberto/Angolo Via Giuseppe Mazzini, Castellammare di Stabia, Napoli
Sito: www.grancaffenapoli.it
Orari di apertura: tutti i giorni, orario continuato 6.30-1.00
Tipo di cucina: pasticceria italiana con incursioni europee
Ambiente: semi-formale
Servizio: rapido, cordiale

Voto: 4.0/5