Siamo stati a L’è maiala, il primo ristorante d’Italia con baratto

Siamo stati a L’è maiala, il primo ristorante d’Italia con baratto

Sono stato a L’è Maiala (espressione toscana che significa “La situazione è grave”), il primo ristorante d’Italia dove si paga il conto anche con il metodo del baratto. O almeno, questo diceva il tam tam pubblicitario che ha sostenuto la recente apertura dell’osteria-girarrosto in via Poliziano a Firenze, 1km dalla Stazione Ferroviaria, formula anti-crisi elogiata su Twitter persino da Roberto Saviano.

Trattenuta a stento l’ansia di far le pulci al locale permutante e alla sua titolare, Donella Faggioli, ma pronto a ricredermi, ho finalmente prenotato.

PRENOTAZIONE. Chiamo. Risposta: “Pronto, l’è maiala…”. Nei panni di una sciura milanese reduce, scusate l’ardire, da mille battaglie se qualcuno mi rivolgesse un’apostrofe simile sarei a disagio, conto sulla comprensione del famoso sense of humor toscano. “Senta, a proposito del baratto…”, provo a capire, “Sì mi dica”. “Avrei due bottiglie di vino da portare per il pranzo” esito… “Le porti, volentierissimo”. “Ah bene, e quindi dopo non pago?”. “Intanto venga, poi ne discutiamo”. Nessun imbarazzo dall’altro capo del filo, a sciogliere i dubbi è una voce cordiale e calda.

Via Poliziano, traversa dei viali di circonvallazione, è una strada pratica: la sera si parcheggia comodamente, a pranzo, chi lavora nei molti uffici dei paraggi arriva a piedi.

Dal banco del bar sulla sinistra si accede all’unica sala con volta seducente e caldi mattoni: ambiente intenzionalmente casalingo. Per una photo opportunity, una foto promozionale venuta bene, non consiglierei alla titolare di farsi ritrarre vicino ai fiaschi colorati delle pareti.

Menu di mezzogiorno senza sorprese: piatti veloci e semplici, vari format di spesa tra gli 8 e i 10 euro, anche quello della sera è ordinabile, a eccezione di griglia e fritto per ora.

Ma veniamo al punto: il baratto. Propongo un vaso da fiori casalingo che mi sta qui da sempre. La risposta è no: “Accettiamo artigianato locale e prodotti alimentari”. Chiedo spiegazioni: “Allora se porto le uova della mia gallina o le verdure del mio orto le accettate, giusto?”. “Nemmeno, o meglio, solo se lei rappresenta un’azienda certificata”. Ecco svelato l’arcano. L’è Maiala è un luogo di scambio per produttori piccoli o meno, ma il cliente normale, come me o voi, paga regolarmente il conto. Che, intendiamoci, i soldi spesi li vale tutti.

PRANZO. Prezzi corretti, personale preparato ma cordiale, clienti tanti e sorridenti (non capita spesso a pochi giorni dall’apertura), menu costruito con sapienza tra proposte deliziose e piatti-uncino, vedi le pappardelle salsicce e gorgonzola, richiestissime ma dall’avvolgenza ferale. Alla prima categoria appartengono invece l’insalata di baccalà e cece rosa di Reggello, il tonno del Chianti con fagioli, i tortelli di patate con sugo di prosciutto crudo e pomodoro e la trippa in umido con verdure (veramente) croccanti. Al capitolo dolci segnalo lo squisito zabaione con lingue di gatto. Poche le etichette che compongono la carta dei vini, scelte tra produttori toscani.

Ho speso 35 euro per tre portate vini esclusi, voi comunque, quel soprammobile che vi sta qui lasciatelo a casa, è meglio.

[Crediti | Link: Dissapore, Twitter]