Africa: i cambiamenti climatici causeranno il crollo della produzione di cibo entro il 2050

L'Ifad ha spiegato che in Africa i cambiamenti climatici causeranno il crollo della produzione di cibo entro il 2050 (anche dell'80%).

Africa: i cambiamenti climatici causeranno il crollo della produzione di cibo entro il 2050

I cambiamenti climatici potrebbero provocare un crollo della produzione di cibo in Africa entro il 2050 anche dell’80%.

È quanto emerge da un rapporto lanciato dal Fondo Internazionale delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Agricolo (Ifad): secondo i dati elaborati, in otto Paesi africani i raccolti di prodotti alimentari essenziali potrebbero diminuire anche dell’80% entro il 2050 se le temperature globali continueranno ad aumentare.

africa siccità

Il report dal titolo “Che cosa possono coltivare i piccoli agricoltori in un mondo più caldo? Cambiamento climatico e futura adeguatezza delle colture nell’Africa orientale e meridionale” parla di un “impatto catastrofico” se non si riuscirà a trovare finanziamenti per aiutare i contadini ad adattare i loro metodi di coltivazione e i prodotti coltivati al cambiamento climatico in atto.

La combinazione di eventi climatici eccessivi, dell’aumento delle temperature di 2 gradi Celsius con climi più secchi sarà devastante sui raccolti, sia per quanto riguarda gli alimenti di base, sia per le colture da reddito. Particolarmente colpiti saranno i piccoli agricoltori dell’Angola, Lesotho, Malawi, Mozambico, Ruanda, Uganda, Zambia e Zimbabwe.

Facendo un esempio, se tutto andasse per il verso sbagliato, entro il 2050 la produzione annua di mais per ciascuna famiglia nella provincia di Namibe nell’Angola potrebbe diminuire anche del 77%.

Per questi motivi durante la conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico che si terrà a Glasgow la prossima settimana (COP26), ecco che si parlerà anche di come i paesi più ricchi abbiano affrontato l’impegno preso sei anni fa per mobilitare 100 miliardi di dollari entro il 2020 per finanziare l’adattamento dei paesi meno avanzati al cambiamento climatico. Ed è inutile sottolineare, come tale impegno non sia stato rispettato.

Tuttavia anche nel caso remoto in cui questo obiettivo venisse raggiunto, ecco che alla luce della situazione attuale non sarebbe ancora sufficiente: sarebbe necessario ottenere una cifra fra i 140 e i 300 miliardi di dollari l’anno entro il 2030 per far fronte a tale emergenza.

La dottoressa Jyotsa Puri ha così spiegato: “Gli sforzi rivolti alla mitigazione sono essenziali, ma non daranno risultati prima di due o tre decenni. Dobbiamo investire, urgentemente, nell’adattamento ai cambiamenti climatici, in modo che i piccoli agricoltori, come quelli considerati in questo studio, possano continuare a produrre le colture su cui fanno affidamento per guadagnarsi da vivere e per alimentare le loro nazioni”.

Ha poi sottolineato come i piccoli agricoltori nei paesi in via di sviluppo non siano solamente le figure più vulnerabili, ma anche quelle meno aiutate: loro producono un terzo degli alimenti consumati nel mondo, dato che sale fino all’80% in alcune zone dell’Africa e dell’Asia. Nonostante ciò, però, ricevono meno del 2% dei fondi globali investiti per lottare contro il cambiamento climatico.

La diminuzione dei raccolti, poi, avrà un effetto a valanga su tutta la filiera: i prezzi degli alimenti aumenteranno, ci sarà meno cibo e un aumento di fame e povertà. Il che potrebbe aumentare migrazioni e guerre.