Allevamento di mucche… Su una barca? La nuova frontiera dell’agricoltura arriva dall’Olanda

L'arca di Noè de ventunesimo secolo si trova a Rotterdam: due imprenditori hanno creato un allevamento di mucche su una barca.

Allevamento di mucche… Su una barca? La nuova frontiera dell’agricoltura arriva dall’Olanda

Che la filiera degli allevamenti necessiti di una nuova ondata di innovazione sostenibile non dovrebbe essere una sorpresa. D’altronde, il legame che lega le attività più intensive (e il consumo di carne in generale) e il riscaldamento globale è ben noto, tanto che numerosi Paesi – dalla Svizzera alla Nuova Zelanda – stanno tentando di introdurre una serie di misure per tassarli o comunque “imbrigliarli” a norme più restrittive. È questo il caso anche dell’Olanda, che di fatto ha formulato una delle soluzioni più particolari per risolvere il problema dell’inquinamento: pagare le attività per farle chiudere. Un’idea creativa, non c’è ombra di dubbio, che evidentemente ha innescato una reazione altrettanto estrosa anche dalla parte di chi, di fatto, la filiera la vive in prima persona: ci riferiamo alla trovata di due imprenditori locali, che hanno deciso di installare un allevamento di mucche su di una barca.

L’arca di Noè del ventunesimo secolo

trasporto mucche

L’idea è certamente innovativa, non c’è ombra di dubbio: i due in questione, marito e moglie, hanno deciso di sfruttare i tipici canali di Rotterdam per trovare una potenziale soluzione alle critiche sempre più accese per un settore che, a onor del vero, si è rivelato fino a ore molto solido. Naturalmente non si tratta di una barchetta qualunque, ma di una vera e propria arca di Noè: tre piani in tutto, con quello superiore all’aperto e in grado di ospitare fino a 40 mucche. Ai due livelli inferiori, invece, avviene la lavorazione del latte e del letame; affiancata a una coltivazione verticale di erbe aromatiche.

Una struttura imponente, in altre parole, che per “restare in piedi” (o meglio, a galla) ha bisogno di un buon quantitativo di muscolo: attualmente tra i collaboratori ci sono ben 40 volontari, che per l’appunto di occupano di seguire le esigenze della fattoria e di gestire un piccolo punto vendita a terra dove si possono acquistare i prodotti dell’arca.

La trovata è brillante, ma come è nato il tutto? Peter van Wingerden, uno dei fondatori della fattoria galleggiante, ha raccontato di aver lavorato come ingegnere a New York e di aver visto in prima persona le conseguenze dell’uragano Sally, la cui furia ha di fatto interrotto la fragile catena di approvvigionamento alimentare che nutre la Grande Mela. Il problema erano soprattutto i camion, che non riuscivano a entrare nell’area urbana a causa dei detriti portati dall’uragano, lasciando così i cittadini senza prodotti freschi. L’arca di Rotterdam, in questo senso, nasce anche per accorciare le distanze tra la produzione e i consumatori; oltre naturalmente a ridurre le emissioni dei trasporti.

Naturalmente le difficoltà non mancano: una tecnologia di stabilizzazione impedisce alle mucche di soffrire il mal di mare, ma è già capitato che alcuni animali cadessero in acqua. Fortunatamente i capi sono stati salvati senza conseguenze gravi, ma gli incidenti hanno innescato nuove (e aspre) critiche da parte degli attivisti locali per il benessere animale, che hanno chiesto al consiglio comunale di ritirare il permesso all’azienda agricola.

I fondatori, dal canto loro, si sono difesi assicurando il loro massimo impegno per ridurre al minimo l’impatto ambientale: le mucche vengono nutrite con gli scarti alimentari delle aziende locali, e la barca vanta un impianto in grado di raccogliere e purificare l’acqua piovana. Non mancano, infine, schiere di pannelli solari e una turbina eolica che forniscono una parte dell’energia necessaria al funzionamento.