Su questi schermi la sensibilizzazione per un caffè italiano migliore non è certo una novità, ma certi concetti, prima appannaggio esclusivo di un pubblico forse un po’ troppo di nicchia, hanno finalmente raggiunto un’utenza decisamente più ampia e trasversale.
La questione del prezzo insensatamente basso della tazzina, insostenibile per tutti gli attori della filiera, è ormai stata affrontata anche dai manager delle grandi torrefazioni industriali (non senza un filo di ipocrisia), il vaso di Pandora sulla qualità media dell’espresso italiano è stato ampiamente sollevato, rivelando una situazione desolante fatta di chicchi bruciati e irranciditi e una gestione delle macchine più folkloristica che tecnica.
Temi ormai sdoganati anche in prima serata sulla tv generalista (vedi Report) e che, ai nostri occhi ma anche a quelli dei tanti appassionati di caffè di qualità, rendono la candidatura dell’espresso italiano a patrimonio dell’Unesco un’assurdità, una boutade estemporanea fatta più in nome di un caricaturale orgoglio di una tradizione inesistente, che per tutelare valori concreti.
Insomma, anche gli ultimi resistenti al rinnovamento, ancorati fino all’ultimo a montagnette di caffè bruciato compresse in moke non lavate da anni, ormai sono circondati, e oggi ne abbiamo un’ulteriore prova: a diffondere un opportuno “decalogo del buon espresso”, pensato per tutelare i clienti e i bravi professionisti, oggi non è la Specialty Coffee Association né una qualche associazione di degustatori gastrofighetti, bensì il Codacons, più importante associazione italiana di difesa dei consumatori.
Il “decalogo del buon espresso” del Codacons
1. Il caffè va macinato al momento
Un espresso preparato con polvere rimasta per ore nel macinino perde aroma e intensità. Macinare poco alla volta è la prima garanzia di qualità.
2. La macchina deve essere pulita
Portafiltri e beccucci sporchi rilasciano residui che alterano gusto e igiene. Un buon barista li pulisce con cura a ogni utilizzo.
3. Prima di ogni caffè serve il “flush“
Un getto d’acqua elimina residui e acqua stagnante dalla macchina. Se non viene fatto, si rischia di bere un espresso con retrogusto amaro e sporco.
4. Tazzina calda, non bollente
La tazza deve essere tiepida per mantenere la temperatura ottimale, mai rovente: un caffè bollente non è segno di qualità ma di incuria.
5. La crema racconta la qualità
Un buon espresso si riconosce dalla crema: color nocciola, uniforme, senza bolle grosse. Se è chiara e spumosa o scura e bruciata, qualcosa non va.
6. Il flusso deve essere regolare
Il caffè deve scendere “a coda di topo”, fluido e costante. Se esce a gocce o troppo veloce, la macinatura o l’estrazione sono sbagliate.
7. Il gusto deve essere equilibrato
Un buon espresso è intenso ma non bruciato, persistente ma non amarissimo. Un sapore sgradevole è spesso segno di tostatura eccessiva o di macchina mal regolata.
8. La campana del macinino va curata
I chicchi devono essere conservati in un contenitore pulito, lontano da umidità e luce. Residui e grassi rancidi compromettono aroma e freschezza.
9. I chicchi devono essere sani
Meglio scegliere tostature equilibrate: chicchi troppo scuri e oleosi indicano lavorazioni estreme che cancellano le note aromatiche.
10. Competenza e attenzione fanno la differenza
Dietro una tazzina ci sono tecnica, formazione e rispetto per il cliente. Un bar che cura questi dettagli difende un simbolo dell’Italia nel mondo.
Nulla di rivoluzionario, sia chiaro, ma la situazione era talmente disastrosa da dover rendere necessario il mettere per iscritto e diffondere cose apparentemente ovvie, ma che evidentemente tali non sono, e ora anche le istituzioni mainstream ne hanno preso atto e agiscono di conseguenza.
Francesco Tanasi, Segretario Nazionale Codacons, lancia un appello senza mezzi termini: “basta con i caffè bruciati, amari o serviti in tazzine bollenti. Il caffè è parte della nostra identità e non può essere trattato come una bevanda qualsiasi. Pretendiamo rispetto: chi lo prepara deve seguire regole precise, chi lo consuma deve imparare a riconoscere quando un espresso non è fatto bene”.
Per l’associazione l’impegno non finisce qui: è in previsione un ulteriore approfondimento con tecnici e professionisti del settore che illustreranno e spiegheranno quanto specificato nel decalogo.
Conclude Tanasi: “il nostro obiettivo è creare una vera e propria alleanza: consumatori attenti e baristi responsabili. Solo così il caffè al bar tornerà a essere un piacere e non una delusione quotidiana. Invitiamo i cittadini a segnalare le cattive pratiche e a premiare chi lavora bene”.