Chef Andrew Kojima: il 90% dei ristoranti giapponesi non serve sushi

Chef Andrew Kojima, finalista di MasterChef, rivela che nel 90% dei ristoranti giapponesi non viene servito il sushi. E svela tutte le idee sbagliate che ci siamo fatti finora sui ristoranti nipponici.

Chef Andrew Kojima: il 90% dei ristoranti giapponesi non serve sushi

Chef Andrew Kojima, anzi, Chef Koj come è meglio noto, in vista delle Olimpiadi di Tokyo 2020 ha voluto sfatare alcuni miti che imperversano ancora in merito alla ristorazione nipponica. Uno su tutti: il 90% dei ristoranti giapponesi non serve sushi.

Il fatto è che nel Regno Unito, complice l’interesse mediatico per le imminenti Olimpiadi (alle 13 potremo vedere la Cerimonia di Apertura), c’è stata un’impennata della popolarità della cucina di ispirazione giapponese. Per esempio Waitrose ha segnalato che le vendite della loro insalata di tonno Tataki sono aumentate del 91%, mentre le vendite del Roku gin hanno subito un incremento del 1.180%.

Solo che, secondo quanto affermato dallo chef anglo-giapponese Andrew Kojima, finalista di MasterChef 2012, la cucina giapponese è enormemente travisata nel Regno Unito. Chef Koj ha rivelato che il suo ristorante giapponese Koj Cheltenham non ha sushi nel menu. E come lui il 90% dei ristoranti giapponesi. Si tratta di un malinteso comune pensare che il sushi lo si trovi in tutti i ristoranti nipponici.

Sushi

Ma non è l’unica falsa credenza che i britannici (e non solo loro a dire il vero) hanno in merito alla cucina giapponese. Chef Koj spiega che il sushi non è un piatto comune in Giappone: meno del 10% dei ristoranti giapponesi serve sushi. Inoltre sushi non vuol dire “pesce crudo”, bensì “riso acido”, cosa che oggi si ottiene condendo il riso con aceto zuccherato. Questo vuol dire che il sushi deve sempre avere il riso, mentre è il sashimi quello senza riso. Inoltre vietato mangiare il sushi con le bacchette: in origine era un cibo da strada, il che vuol dire che deve essere mangiato con le dita.

Un altro errore in cui gli inglesi cadono, secondo chef Koj, è quello di considerare il Katsu un tipo di curry. Non lo è: è un’abbreviazione di Katsuretsu, parola giapponese che indica le cotolette. Lo sbaglio nasce dal fatto che le cotolette ricoperte di pangrattato panko solitamente vengono servite con una salsa al curry.

Chef Koj parla poi anche della salsa di soia: in molti ristoranti giapponesi ha notato piatti che nuotano in un oceano di salsa di soia. Lui ha eliminato la salsa di soia dai tavoli del suo ristorante in quanto annega totalmente i sapori delicati.

Altro errore: il sakè non è un distillato alcolico o un liquore. Chef Koj spiega che, visto che il sakè viene solitamente servito in piccoli recipienti ed è limpido, molte persone pensano che sia un liquore e come tale vada bevuto. Invece il sakè viene prodotto come la birra ed è solamente leggermente più alcolico rispetto al vino. Inoltre non deve essere bevuto sempre caldo: un tempo veniva servito così anche per mascherare il gusto sgradevole di un sakè a buon mercato.

Infine Chef Koj smonta anche la falsa credenza secondo il quale il cibo giapponese è sano. È vero che i giapponesi tendono ad avere una vita media più lunga, ma in realtà nel riso del sushi c’è parecchio zucchero nascosto. Inoltre molti dei cibi più popolari sono fritti, basta pensare al pollo fritto, alla tempura o al tonkatsu.

In aggiunta, alcuni dei cibi attualmente più amati in Giappone sono arrivati solamente nel secolo scorso e sono stati ispirati da influenze estere: i ramen e i gyoza arrivano dalla Cina, la salsa al curry dall’India e la tempura dal Portogallo.

[Crediti | DailyMail]