Colombe e uova di Pasqua al supermercato sì, in pasticceria no: Torino protesta

A Torino monta la protesta: colombe e uova di Pasqua nel supermercato sì, ma nelle pasticcerie no? Ecco il perché.

Colombe e uova di Pasqua al supermercato sì, in pasticceria no: Torino protesta

A Torino sta montando la protesta: colombe e uova di Pasqua al supermercato sì e in pasticceria no? E’ uno dei grandi misteri della ristorazione di questa epidemia da Coronavirus: alcuni prodotti se venduti nella GDO vanno bene, ma se gli stessi vengono venduti nelle pasticcerie no.

Questa volta a protestare è l’Epat di Torino. Secondo l’Epat, infatti, è illogica la decisione di permettere l’acquisto di colombe pasquali e uova di cioccolato in un supermercato, dove magari hai fatto una lunga coda prima di entrare, ma di non consentire la stessa cosa nella pasticceria sotto casa.

L’Epat ha spiegato che tutto ciò è stato causato dall’anomala scelta dei codici delle attività che potevano stare aperte nell’ambito delle misure restrittive per bloccare la diffusione del Coronavirus. L’Epat ha sottolineato che molte imprese della filiera alimentare, capaci fra l’altro di garantire servizi di prossimità, sono obbligate a non poter vendere senza che ci sia una reale motivazione sanitaria.

E l’associazione degli Esercizi pubblici di Torino fa un esempio pratico: le pasticcerie. Possono stare aperte quelle col codice di attività 47.24.20, mentre devono stare chiuse quelle con codice 56.10.30. In realtà il lavoro è identico in entrambi i casi e vendono gli stessi prodotti, ma le prime sono considerate adatte a svolgere il lavoro all’interno delle misure di contenimento del contagio, le seconde no.

Ad aggiungere il carico ci si mette il fatto che le pasticcerie e gelaterie di Torino in possesso dell’ambito codice 47.24.200 possono vendere solo se si attrezzano per le vendite preconfezionate.

Altro paradosso è quello dei ristoranti torinesi: devono stare chiusi e non possono ospitare i clienti, ma non possono neanche preparare il pranzo che i clienti potrebbero portare a casa.

Alessandro Mautino, presidente Epat, ha ribadito che l’associazione ha accettato e condiviso con senso di responsabilità la decisione di bloccare le attività di somministrazione diretta nei locali per evitare assembramenti, ma chiede che qualcuno gli spieghi perché non possono vendere i loro prodotti con le medesime modalità (anche sanitarie) che vengono adoperate negli altri esercizi commerciali aperti.

Questa vicenda ricorda molto da vicino quello che sta accadendo in Campania: pastiera venduta confezionata nel supermercato? Ok. Pastiera venduta in pasticceria o panetteria? No.