Donne in campo: calano le aziende agricole femminili

Donne in Campo, l’Associazione al femminile di Cia-Agricoltori Italiani, ha rivelato che le aziende agricole femminili sono in forte calo.

Donne in campo: calano le aziende agricole femminili

Donne in Campo, l’Associazione al femminile di Cia-Agricoltori Italiani, ha rivelato che le aziende agricole femminili sono in forte calo. Per tale motivo è stato chiesto di favoire loro l’accesso al credito e alla terra.

Tutta colpa della crisi economica scatenata dalla pandemia da Coronavirus: in un solo anno le aziende agricole al femminile sono passate da 210.402 a 207.991, con un calo di 2.411 imprese, l’1,15% in pratica. L’associazione ha sottolineato come queste aziende siano, fra l’altro, quelle maggiormente impegnate nella sicurezza alimentare e nel biologico, nonché nella valorizzazione della biodiversità (secondo i dati del WWF, la nostra alimentazione causa la perdita del 70% della biodiversità).

Pina Terenzi, presidente di Donne in Campo-Cia, ha ricordato come sia necessario sostenere tali imprese, impegnate anche nel ricucire gli strappi fra la sostenibilità economica, quella ambientale e quella sociale. È fondamentale rendere stabile il Bonus Donne in Campo, rafforzando anche gli strumenti di credito e favorendo l’accesso alla terra da parte delle donne di tutte le età.

Terenzi si aspetta molto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Donne in Campo chiede che parte delle risorse del Recovery vadano utilizzate per finanziare e sostenere le esperienze già avviate, quali, per esempio, la costruzione di filiere sostenibili e la produzione di fibre vegetali e piante tintoree per ottenere colorazioni naturali.

Inoltre è anche importanze finanziare progetti di ricerca per lo studio di nuove fibre vegetali da usare per le bioplastiche e altri materiali. Altro punto da incrementare è la produzione di erbe officiali destinate all’erboristeria e all’industria farmaceutica.

Altro fronte da tenere in considerazione è quello della produzione di energie rinnovabili per autoconsumo, senza dimenticare il recupero della biodiversità, l’incremento di assorbimento di CO2 nela biomassa vegetale e i progetti di rigenerazione del suolo. In particolare bisognerà anche concentrarsi sulla valore del patrimonio culturale e paesaggistico.

Il Recovery Plan dovrà, poi, anche impegnare risorse per incrementare i servizi nelle aree rurali, garantendo la presenza di presidi sanitari e rilanciano la rete dei Consultori famigliari.