Il celeberrimo “pollo alla piastra di Elisabetta Canalis” (ricetta di cui si è dichiarata totalmente all’oscuro, ma concedetecelo), non tratteggiava certo un’immagine da cuoca provetta per la ex velina, ma lo spot girato per acqua San Benedetto mandato in onda tre anni fa era, se possibile, anche più ingeneroso.
Canalis bruciava delle semplicissime fette nel tostapane a cui rinuncia per un più salutare bicchiere d’acqua: “ascolto il mio corpo e bevo acqua San Benedetto, leggera ma con tanti nutrienti preziosi”. Un messaggio sbagliato, come giustamente sottolineò all’epoca Il Fatto Alimentare, suscitando però le ire dell’azienda di Scorzé, che denunciò la testata per diffamazione e chiedendo un risarcimento milionario.
La buona notizia è che in questi giorni il Tribunale di Venezia ha dato ragione ai colleghi del Fatto Alimentare, rigettando interamente le accuse e le richieste di San Benedetto.
Tre anni di iter giudiziario
Lo spot da cui tutto è partito risale al 2022, e il primo ad essersi accorto che qualcosa non andava fu l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP): quel gesto della Canalis di gettare il pane e consumare una colazione solo a base d’acqua trasmetteva un messaggio sbagliato, e come conseguenza dell’intervento dell’IAP, la pubblicità venne rieditata e la sua durata dimezzata.
Il Fatto Alimentare riporta la cosa, e con lui anche la pagina Instagram “Aestetica Sovietica”, che diventerà anch’essa oggetto di contese giudiziarie con San Benedetto: in totale verranno collezionati cinque procedimenti legali, due in sede cautelare e il più recente in sede civile per il “Fatto” e due in sede cautelare per la pagina Instagram, tutti e cinque puntualmente respinti dal Tribunale di Venezia.
La richiesta da parte dell’azienda di acque nei confronti della testata giornalistica era di un milione e mezzo di euro, a fronte della perdita di clientela e del danno di immagine, richiesta che il giudice civile di Venezia Lisa Micochero ha rispedito al mittente: “ad avviso di questo giudice gli articoli censurati dall’attrice possono ritenersi espressione del diritto di critica”. Riguardo lo spot controverso “il filmato gioca sul non visto e non detto con sapienti stacchi di montaggio (…) Non viene fatto vedere che questa non fa colazione, ma lo si intuisce”.
Non solo, si coglie l’occasione per stigmatizzare un’altra pratica scorretta: quel porre l’accento su quantità di calcio e magnesio che non sono certo superiori a quelle di altri marchi, dando ad intendere che “l’acqua possa sostituire un pasto grazie ai suoi nutrienti preziosi”, quando invece “la legislazione sui messaggi promozionali dei prodotti alimentari vieta la pubblicità di una caratteristica comune a tutte i prodotti della stessa merceologia”.
Insomma, la vittoria per il Fatto Alimentare su San Benedetto è netta, e porta con sé un’importante valore simbolico per la tutela del diritto di critica. Lo stesso direttore della testata, Roberto La Pira, non ha dubbi: ”siamo di fronte a un caso che potrebbe rientrare nel capitolo delle liti temerarie, con una richiesta di risarcimento spropositata e infondata, che comporta un notevole dispendio di risorse per qualsiasi sito di giornalisti indipendenti. Si tratta di una strategia che appare mirata più a intimidire che a ottenere giustizia”.