Francesca Cipriani trova i kebab aperti e non se ne fa una ragione

Francesa Cipriani non ci sta: a Milano trova i kebab aperti, ma non i bar e i ristoranti italiani e non se ne fa una ragione. Ecco la protesta.

Francesca Cipriani trova i kebab aperti e non se ne fa una ragione

A Francesca Cipriani i kebab aperti a Milano non stanno bene e non se ne fa una ragione. Perché i kebab sono aperti e i bar e i ristoranti italiani no? E’ questa la domanda che la Cipriani si pone in alcuni video pubblicati su Instagram.

Domanda che di base avrebbe una risposta semplicissima: le ordinanze di riapertura delle attività, sia quelle governative che quelle regionali, non si basano sull’etnia del proprietario o sull’identità enogastronomica del locale, bensì sul fatto che quella attività abbia il codice ATECO giusto e sia registrata come “artigiano”.

Facile, no? Chi soddisfa tali requisiti ed è riuscito a mettersi in regola rispettando le norme igieniche e di sicurezza previste, può riaprire (prima con le consegne a domicilio, ora anche con l’asporto), indipendentemente dal fatto di vendere pane, pizza al taglio o kebab.

Ma ciò che appare semplice e logico ai più, non convince la Cipriani che strepita “Venite tutti a Milano a mangiare il kebab, che bell’Italia”. Francesca Cipriani, alla fine del lockdown, ha deciso di girare alcuni video nel corso di una passeggiata per il capoluogo lombardo.

In realtà la Cipriani era partita per cercare delle mascherine in farmacia, ma lungo il tragitto ha fornito la sua testimonianza. Secondo la Cipriani, kebab e pizza sono aperti, mentre i bar italiani no: perché si chiede? E ancora: se vuole comprarsi un toast o un gelato trova tutto chiuso, quindi essendo aperti solo i kebab le toccherebbe mangiare quello.

Probabilmente la soubrette ignorava la questione di cui abbiamo parlato prima: i locali che si vedono aperti sono quelli con codice ATECO giusto e che preparano cibo da consegnare a domicilio o da asporto. Tecnicamente i locali della ristorazione che non fanno né delivery né take away, devono aspettare la Fase 3 (quella che forse inizierà a partire dal 1 giugno se la Fase 2 non sarà un totale disastro) prima di poter riaprire al pubblico.

Un’altra spiegazione potrebbe essere quella relativa all’adeguamento alle norme igieniche e di sicurezza: ci sono diversi bar e ristoranti che prima di poter mettere in piedi un servizio di delivery o di asporto, devono organizzarsi, non si può riaprire così da un giorno all’altro. Ci sono procedure di igienizzazione dei locali da fare, protocolli di sicurezza da redigere e rispettare, personale da formare…

Insomma, tante motivazioni, l’unica che non c’entra nulla è proprio quella dell’etnia o dell’origine enogastronomica del menu. Con buona pace di Francesca Cipriani.